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Come funziona il Salone del Libro di Torino

Summary:

Come funziona la più grande fiera del libro d’Italia? Chi guadagna dai grandi eventi e come? E qual è il ruolo dei bookblogger in questo contesto?

Le polemiche nate intorno alla modifica delle condizioni per il rilascio dell’accredito blogger al Salone di Torino ci hanno lasciate un po’ interdette, qui su Ultima Pagina, soprattutto per alcune obiezioni sollevate in tema economico, considerando come funziona qualunque fiera del libro. Al che ci siamo proprio chieste: ma i lettori sanno come funzionano effettivamente le fiere del libro o più in generale le fiere?

Facciamo un attimo il punto, perché una realtà importante come il Salone del Libro più noto d’Italia coinvolge tutti gli attori della filiera editoriale e, per parlarne, è importante avere chiaro il suo funzionamento.

L’antefatto, in breve

Se siete già a conoscenza di quello che è successo in questi giorni nel bookmondo, potete tranquillamente saltare questo paragrafo.

Il 14 febbraio il Salone del Libro ha aperto la biglietteria e la richiesta per gli accrediti stampa e professionali. Come ogni anno, dal 2016 a questa parte, la possibilità di ottenere l’accredito stampa è estesa anche ai blogger e, più di recente, a chi ha una pagina social a tema libri.

L’anno scorso – il 2023 – il Salone ha introdotto per la prima volta dei criteri espliciti per la richiesta: solo blog attivi nell’anno in corso e pagine social con almeno 1000 follower/like potevano presentare la domanda per l’accredito.

Quest’anno, al 14 febbraio, risultavano ancora presenti gli stessi criteri dell’anno scorso; solo l’indomani sono stati aggiornati, portando il numero di follower minimo richiesto a 5000 per Instagram e Facebook e a 10000 like (non follower) su TikTok. Per i blog, invece, viene richiesto un “alto stato di attività” nell’anno corrente.

La polemica è nata da questo, perché molte persone avevano già sottoposto la richiesta di accredito durante la giornata del 14, quando ancora rispettavano i requisiti presenti sul sito.

Per completezza, sappiate che noi, come Ultima Pagina, ci accreditiamo come blogger dal 2016, e anche quest’anno il nostro accredito è stato approvato.

Il Salone del Libro è una fiera sia B2B che B2C

Ciò significa che prevede sia degli spazi destinati ai professionisti per discutere di possibili progetti, collaborazioni, iniziative promozionali eccetera, sia la vendita al dettaglio al grande pubblico. La commistione ricorda eventi come la Buchmesse di Francoforte, l’evento più importante al mondo per i diritti editoriali, ma il lato B2B (business-to-business) è probabilmente meno percepita nel caso del Salone di Torino: l’anno scorso, per esempio, l’area riservata ai diritti era relegata da Eataly, completamente al di fuori del Salone stesso.

L’aspetto business-to-customer (B2C) invece riguarda la vendita al dettaglio. Comprende i padiglioni, gli stand degli editori e degli altri soggetti e gli eventi dedicati al grande pubblico. Ed è quello che per lo più attrae anche i bookblogger, ovviamente.

Ma chi ci guadagna? O meglio, chi e come ci guadagna a una fiera del libro?

Partiamo dall’evento: la Fondazione del Salone organizza la fiera, si occupa di gestire gli spazi in affitto al Lingotto, l’accoglienza e la divisione degli spazi stessi, la pianificazione delle presentazioni, gli sponsor, gli eventi speciali e così via.

La Fondazione, però, non guadagna direttamente dalla vendita dei libri. Affitta invece gli spazi agli editori, seguendo un listino prezzi che è visionabile a chiunque abbia una partita iva – e su cui si basano i calcoli che vedrete esposti di seguito. I prezzi non sono indifferenti, chiaramente: più la fiera del libro è importante e più gli spazi espositivi hanno un costo. Considerando anche solo gli stand più piccoli (2 metri x 2, con una sola apertura verso il pubblico, con la proposta per i nuovi editori alla prima partecipazione), la presenza al Salone costa all’editore 750,00€, per lo stand, 2 sedie, un tavolo, l’insegna standard.

I costi, chiaramente, aumentano in base ai metri quadrati dello stand, agli affacci (i lati da cui il pubblico può entrare nello stand o anche solo guardare i libri) e alle dotazioni. Si può scegliere una modalità “sole pareti & luce”, ma poi l’editore si deve pagare l’allestimento e la personalizzazione dello stand.

Immaginate uno stand particolare come quelli dell’Ippocampo: potrebbe costare tra i 6000 e i 7000€ solo di superficie, più i costi di progettazione, di realizzazione e allestimento a carico dell’editore…

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L’Ippocampo ha sempre uno degli stand più suggestivi, in linea con la propria proposta editoriale, e sa sempre come farsi notare.

Al Salone importa quanti libri si vendono?

Circa. Ovviamente, più gli editori vendono e più saranno contenti… di conseguenza saranno invogliati a tornare l’anno successivo, magari affittando uno stand anche più grande. Tuttavia, è difficile avere dei dati globali delle vendite del Salone, perché ogni editore, associazione e autore che partecipano dovrebbero pubblicare o fornire la propria rendicontazione – dati che gli editori sono talvolta restii a comunicare.

Non a caso, ogni anno il battage pubblicitario si fa sui biglietti venduti, cifre che invece sono in mano alla Fondazione e che servono anche durante l’edizione in corso a invogliare più gente a partecipare. E non solo: servono a convincere gli editori a investire e partecipare l’anno seguente.

Può sembrare banale, ma torniamo allo stand per i nuovi editori. Facciamo una rapida sintesi dei costi, immaginando di essere un piccolo editore che viene da fuori Torino:

  • 750,00€ di stand
  • costo del corriere per portare i libri al Salone e riportare poi l’invenduto al magazzino
  • i costi di viaggio, pernottamento e pasti per due persone per almeno cinque giorni
  • lo stipendio di una settimana di straordinari delle due persone che stanno allo stand
  • materiali pubblicitari vari (roll-up, volantini, segnalibri, cartoline ecc)
  • costi per eventuali presentazioni (le sale hanno un prezzo a parte e, per i casi più virtuosi, ci sono anche le spese di partecipazione per autori o altri esperti invitati)

Senza tenere conto di eventuali acquisti al Salone o altre spese, per un piccolo editore se ne vanno con facilità 5.000€. È un costo che vale la pena sostenere?

Stiamo sempre parlando del Salone del Libro più importante d’Italia, perciò molti editori pensano di sì. Anzi, per una buona parte degli editori è l’evento su cui organizzare tutto o una parte del proprio calendario editoriale. Tuttavia, allo stesso tempo, è una settimana impegnativa sotto tanti aspetti, non solo economici – ed è tutt’altro che scontato andare in pari o guadagnare.

Per molte case editrici, la speranza è che, vista la fiumana di gente che circola nel Lingotto in cinque giorni, sia un investimento dalla coda lunga, nella speranza che una buona percentuale di quelli che hanno preso magari un segnalibro o hanno fotografato i libri nello stand vadano poi a cercali in libreria o li ordinino online.

In più, l’editore potrebbe portarsi a casa delle possibili collaborazioni, magari con agenti o con un nuovo distributore, oppure accedere a incontri formativi, o ancora conoscere un potenziale autore o freelance con cui lavorare, o chiudere un accordo per i diritti di un autore estero… tornando infine al lato B2B della Fiera.

Il ruolo del pubblico alle fiere del libro

Ovviamente, il pubblico è fondamentale o per gli editori salta il banco, il senso di partecipare a un Salone così impegnativo. Se da un lato molte case editrici ritengono Torino il Salone imprescindibile, altre invece prediligono fiere più di nicchia, per avere la certezza di incontrare il proprio pubblico di riferimento.

Entrambe le strategie sono valide (molti editori le mettono entrambe in pratica, tra l’altro). Il pubblico, dal canto suo, può cercare di partecipare in maniera consapevole, dedicando attenzione a editori diversi dai soliti noti. Non voglio fare il discorso per il sociale “compra solo dai piccoli editori” perché sono troppo drogata di Oscar Mondadori per essere credibile, però consiglio solo di essere curiosi e andare oltre ai nomi conosciuti – anche perché, ricordatelo, quelli li potete trovare sempre in ogni libreria.

Per una visita consapevole del Salone, comunque, a breve pubblicheremo la nostra guida aggiornata con tutti i consigli utili per vivere al meglio l’esperienza. Se intanto volete avere qualche dritta generale, potete leggere il vademecum dell’anno scorso.

E bisogna godersela, soprattutto. L’anno scorso mi è capitato di andare al Salone con un’amica che non c’era mai stata, ed è stato molto rinfrescante vivere l’esperienza con i suoi occhi di persona entusiasta che per la prima volta finalmente si trovava lì, a scoprire gli editori – e a piangere perché avrebbe voluto portarsi a casa tutto.

Quindi… qual è il ruolo che i bookblogger hanno al Salone?

Se analizziamo la filiera editoriale come una sorta di “catena alimentare”, anche l’anello dei bookblogger è importante, per offrire un punto di vista diverso dalla comunicazione ufficiale degli editori e degli organizzatori. È IL ruolo imprescindibile? No, ma come ho cercato di spiegare, nessuno lo è: senza una struttura organizzativa solida, un evento così grande non sarebbe realizzabile. Se gli editori decidono di non partecipare, l’organizzazione salta. Se il pubblico non va all’evento, gli editori si ritireranno dal gioco. La catena è solida se tutti gli anelli sono forti.

E i bookblogger che ruolo hanno in tutto questo? Per definizione, un bookblogger è un comunicatore che si rivolge a una nicchia specifica, la quale si riconosce ed è interessata ai suoi contenuti. Ci sono molti modi per raccontare un evento come il Salone del Libro: l’introduzione quest’anno delle 7 aree tematiche per dire offre già ottimi spunti per altrettante narrazioni che quasi non si toccano l’una con l’altra.

La forza di un bravo blogger, secondo me, sta nel mixare quei contenuti ormai diventati un “must” (per esempio, la foto alla colonna infinita di libri) con la propria personale prospettiva. Studiarsi per bene il programma, selezionare eventi ed editori compatibili con gli interessi del proprio pubblico di riferimento – il che dovrebbe essere parte della normale attività di un bookblogger, ma questo è un altro discorso.

Un’altra modalità, invece, potrebbe essere creare collaborazioni con altri attori della filiera editoriale, da testimonial di uno stand a panelist a qualche evento pre-Salone – o ancora, utilizzare il Salone come evento B2B per conoscersi e creare nuove partnership.

Se lo scopo è di andare al Salone come semplice visitatore a comprare libri… beh, non serve di certo l’accredito stampa.

La polemica di questi giorni lascia supporre che molti siano convinti che il Salone abbia “bisogno” dei bookblogger per andare avanti; tuttavia, siamo alla 36° edizione, l’evento è nato ben prima dei blog, continua a godere di una buona salute e di una grande copertura mediatica da parte dei media tradizionali, malgrado certi problemi.

Secondo me è fondamentale vedere questo evento (e i mesi che lo precedono) come un’occasione di mutuo scambio. Gli accrediti blogger – che quest’anno finalmente tornano a essere “stampa”, senza più distinzione – servono per avere più creatori di contenuti che girano, filmano, postano e convincono altre persone a recarsi al Salone, anche un solo giorno. Per i blogger, il pass deve servire come un biglietto da visita, uno strumento per promuoversi, perché l’organizzazione del Salone ha riconosciuto un valore nella loro attività online. Oltre che a dare l’autorizzazione uscire e rientrare dal Lingotto nella stessa giornata senza dover ripetere il biglietto.

E per il resto della filiera, le collaborazioni con i blogger possono essere un veicolo per far scoprire editori e titoli sia a chi partecipa al Salone, sia a chi non può partecipare ma cerca nuove letture; entrambe le categorie potrebbero così convincersi a fare acquisti sui consigli del loro blogger di riferimento. Bisogna però lavorare per creare collaborazioni realisticamente vantaggiose per entrambi, e non limitarsi ad andare meramente a caccia di libri gratuiti o scontati. Non è nostra intenzione generalizzare: di bookblogger ne conosciamo tante e tanti, sappiamo bene che le persone capaci e impegnate sono molte, ma sappiamo altrettanto bene che, purtroppo, ci sono non poche persone che si limitano a copia-incollare le quarte di copertina spacciandole per recensioni.

In fondo, comunque, creare contenuti per il Salone è un’attività con benefici di per sé: un bookblogger che non parla del Salone nella settimana in cui si tiene è come se si silenziasse da solo. Lo abbiamo appena visto con Sanremo: quando c’è un evento che catalizza così tanto l’attenzione, o si trova il proprio modo di parlarne (anche per fare quelli troppo fighi per parlare dell’evento, che è sempre grande must) o si rischia di non avere engagement.

E se quest’anno l’accredito non arriva… ok, il cambio di paletti in corsa ha dato fastidio. Ma si può richiedere l’accredito anche a Salone in corso, e siamo a febbraio; perciò perché non prenderla come una sfida a crescere, o a iniziare un blog su WordPress o un’altra piattaforma? Potrebbe persino essere divertente.

I criteri di ammissione sono giusti? Significherebbe scrivere un altro articolo lungo tanto quanto questo, perciò rimandiamo la riflessione a un altro momento – e a un altro post.

Ad ogni modo, in qualunque anello della catena vi identifichiate, possa la lettura essere sempre a vostro favore. E buona preparazione in vista del Salone!

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