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Teologia semiseria del romanzo giallo 1

Teologia semiseria del romanzo giallo

Summary:

Come si caratterizza un detective nel romanzo giallo? Un’analisi ironica del ruolo del detective e degli stereotipi connessi.

Avvertenze: i riferimenti religiosi in questo articolo sono da intendersi in senso non discriminante. L’autore non si assume responsabilità per le reazioni dei lettori residenti in Veneto o in Toscana.

Una tappa forzata nel percorso di un giallista è quando si iniziano a condividere le nozioni di anatomia e tossicologia apprese durante il proprio lavoro di documentazione, cosa che inevitabilmente attira degli sguardi accigliati durante una cena in famiglia o l’attenzione delle forze dell’ordine nel caso in cui un delitto sconvolgesse la quiete del paesino in cui si abita.

Ben più variegato è invece il modo in cui familiarizziamo con il detective – o i detective, perché tenere più di una porta aperta non guasta – che abbiamo creato. Se un mistero, come una storia d’amore, parte da strutture già collaudate, la qualità della costruzione grava comunque sull’autore e, in un giallo, il detective è importante quanto il mistero stesso.

Fra tutti i modi in cui mi aspettavo di prendere una maggior confidenza con questa figura, di sicuro la teologia non era in cima alla classifica, ma si è rivelata molto utile. Premetto che non ho una formazione religiosa (tutt’altro), ma giocare su alcuni paralleli è stato un modo divertente per allinearmi meglio alle caratteristiche del genere.

Il dogma fondamentale

Partiamo dal dogma fondamentale, che per uno scrittore non è difficile da accettare a scatola chiusa: per la vostra opera, siete un dio onnipotente e onnisciente. Se poi scrivete gialli, è probabile che siate una divinità molto veterotestamentaria, iraconda, distruttiva e rancorosa.

Non c’è niente di male ad ammetterlo, anzi, vi può essere d’aiuto per guardare il vostro lavoro da un’altra prospettiva: avete creato un microcosmo nel quale il conflitto prende le sembianze del male, per quanto necessario.

E il detective?

Ecco quindi che il vostro detective si deve imporre nel vostro mondo come l’equivalente di un angelo, perché è il vostro messaggero giunto per portare ordine e giustizia. E quali sono i tratti che lo caratterizzano come un angelo biblico?

  • La sua origine non è del tutto chiara. Quando è nato? Chi sono i suoi parenti? Dove ha studiato per acquisire le sue abilità? Buona fortuna a scoprire tutti i dettagli. Questa vaghezza ha anche una motivazione pratica (se una serie ha il potenziale per durare decenni, è bene avere un detective non troppo vincolato ai dati anagrafici) ma c’è sempre una qualche disparità fra ciò che un detective può scoprire su un altro personaggio e ciò che anche noi lettori possiamo scoprire sul suo conto.
  • È situato al margine della realtà che esamina. Talvolta questa separazione è fisica (si pensi a Nero Wolfe, quasi sempre confinato dal peso e da una maniacale routine all’interno del suo appartamento, dove agisce da calcolatore per i dati forniti dal suo assistente Archie Goodwin), ma più spesso è dovuta a motivi sociali e/o psicologici: Poirot subisce la diffidenza degli inglesi verso un immigrato belga come lui, la psicologia di Holmes può renderlo insondabile anche a Watson, e la cara Miss Marple è una strega che, per nostra fortuna, ha delle buone intenzioni.
  • È avulso dalla sfera sessuale. Se nel noir l’investigatore può portarsi a letto la femme fatale di turno e nel thriller è divorziato (nonché depresso nella variante scandinava), nel giallo rimane una barriera sull’intimità che non penso si possa ridurre ai tabù dell’epoca vittoriana. Anche la signora Maigret, in un raro caso di matrimonio, non ricopre chissà quale ruolo. La separazione sociale del punto precedente si riflette in quella personale, anche questo non implica per forza un isolamento: è solo un altro modo per non farsi ingannare, a differenza di quanto accade ai detective più libertini.
  • Spesso maschera la propria natura. Holmes è forse il caso più evidente con i suoi vari travestimenti, ma immaginate la sorpresa data da un piccoletto con i baffi impomatati e l’accento ridicolo o una zitella amante del lavoro a maglia in grado di calamitare l’attenzione di una stanza piena di persone (incluso l’assassino di turno) dopo essere stati sottovalutati per tutto il tempo.
  • È un tramite con l’umanità. Forse l’aspetto più importante, quello che unisce i tratti precedenti e dà loro un senso compiuto, è la capacità di coniugare l’implacabilità della giustizia, rigorosa quanto una dimostrazione matematica, con l’autentica empatia che la salva dall’essere un mero esercizio di stile. Basti pensare alla commozione di Miss Marple al termine di Polvere negli occhi: non male per una vecchietta che, come suggerito in un’altra delle sue indagini, potrebbe essere l’incarnazione della divinità Nemesi.

Dobbiamo fare di questi punti un dogma? Certo che no, anzi, potrebbero essere l’occasione per qualche variazione imprevedibile.

È importante però ricordare che svelare la verità in un mistero è un compito di estrema importanza, e deve essere assegnato a un personaggio degno di questo incarico. Se volete rompere l’equilibrio, è meglio errare in senso umano (troppo umano) perché, alla peggio, uscirete dal giallo con un detective fallace ma comunque apprezzabile.

Se invece errate in senso opposto, rischiate di trovarvi con un abominio di superbia da correggere il prima possibile; perché Lucifero ha una sua dignità, un Gary Stu no.

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