Sei un autore/autrice/autor* (a qualsiasi livello), hai pubblicato un libro e passi le giornate a controllare le recensioni? Hai difficoltà a digerire quelle negative?
Senti nella testa le voci che ti gridano di rispondere a quell’infame che ha scritto su Goodreads che il tuo libro fa cagare?
Sei assolutamente convinto che i lettori debbano spiegarti per filo e per segno perché il tuo libro non è piaciuto?
Sei nel posto giusto.
Il rosicamento autoriale
Linda, come al solito, naviga nell’ombra e mi osserva quando faccio casini sull’internet, principalmente quando litigo con la gente. Un po’ perché è il nostro hobby, un po’ perché bisogna essere onesti: la netiquette autoriale costruita a fatica dagli sforzi dell’ex Writer’s Dream e da Ultima Pagina ora sta andando lentamente a morire.
Quindi sì, come sempre c’è un precedente (succede ogni volta che scrivo un articolo su UP), ma non è necessario che ve lo racconti..
Partiamo dalle basi, ovvero il rosicamento autoriale, quella pratica che appartiene principalmente all’autore alle prime armi, ma in cui persino l’autore più navigato, con tante pubblicazioni alle spalle, può inciampare. Si tratta, in termini più banali, dell’incapacità di elaborare le critiche che ci vengono rivolte, spesso esplodendo in modo pirotecnico, talvolta mascherando il disagio con atteggiamenti passivo aggressivi.
Questo comportamento è deleterio per gli autori, sia per la più immediata questione che tocca la salute mentale (sono comportamenti che fanno stare male), sia per una questione sociale, ovvero come viene percepito il nostro comportamento dai lettori.
Il tuo libro mi ha fatto oVVoVe
Partiamo da un ipotetico esempio (che poi così ipotetico non è, visto che è il mio antefatto). Ipotizziamo tu abbia pubblicato un libro, o più di uno, non necessariamente di recente, e senta l’impulso costante di controllare le recensioni. Apri con religiosità Amazon e Goodreads tutte le mattine e vai a vedere chi ha scritto cosa, ti segni sul Death Note i nomi di quegli stronzi che ti hanno lasciato una valutazione a una stella per vendette future, bevi mezzo litro di caffè per annegare la disperazione dell’aver trovato una nuova recensione negativa e BAM!, decidi di fare la cosa peggiore che il cervello possa suggerirti: ingaggiare1.
Una pulsione del tutto naturale, non sono un mostro che vi dirà di essere dei robot privi di emozioni. È del tutto normale cercare la validazione del proprio impegno, lo si fa in ogni ambito della vita… ma, in questo settore, bisogna imparare un po’ a costruirsi una corazza contro l’emotività.
Davvero, capisco il desiderio di puntualizzare, di dire al lettore che non è vero quello che ha scritto, che il tuo libro è bellissimo e la colpa è solo sua che non lo ha capito. Succede più spesso di quanto pensiate, succede persino ancora a me, che ho più di 30 pubblicazioni sul groppone e talvolta mi viene da spedire una testa di cavallo nella posta di qualcuno.
Ed è qui che dobbiamo imparare a non farlo.
Non ci sono santi, non ci sono “variazioni”, non ci sono “dipende” e non ci sono mai modi giusti. Ci sono solo errori.
Il lettore ti ha scritto due vaghe righe sul fatto che il libro non gli è piaciuto?
Stacce.
Il lettore ha scritto tre/quattro righe il cui afferma che il tuo libro è una merda fumante, che il Mein Kampf era una lettura più gradevole e che il tuo stile di scrittura è quello di un bonobo che non è mai andato oltre la lettura di Berserk a dodici anni?
Stacce.
Il lettore ha scritto un papiro in cui analizza per filo e per segno tutti gli errori di forma e di contenuto, va a scavare nei recessi della tua anima tirando fuori anche tutti gli sbagli e le situazioni imbarazzanti che hai vissuto in quinta elementare, una roba che quando il tuo editor (aka la persona che questi errori avrebbe dovuto notarli e farteli correggere) la legge, decide di fare seppuku o di cambiare mestiere?
Stacce.
Perché se non ci stai, l’unica cosa che ti meriti è questa:
I lettori non sono critici letterari
Come avrai notato da quanto ho appena detto, sono vari i tipi di recensione (negativa) che si possono ricevere. Perché? Perché i normali lettori non sono critici letterari. Alcuni lo sono, ma parliamo dello 0,05%, dunque nulla di cui preoccuparsi. Questo però che cosa ci dice? Ci dice che aspettarci che il lettore abbia il dovere di spiegarci il suo punto di vista non solo è idiota, ma anche deleterio.
Perché il lettore non è un critico, non è un editor o un beta reader, in generale non è una persona che lavora nel settore editoriale e spesso non ha gli strumenti per dirti che cosa non va nel tuo libro, perché il giudizio di una lettura non è dato quasi mai dal valore intrinseco dell’opera, ma spesso anche delle condizioni emotive e quelle del luogo in cui si sta leggendo, nonché i gusti del tutto personali. Condizioni che saranno sempre rilevanti per chi legge e influenzeranno sempre chi legge.
Il lettore vi deve solo una cosa: i soldi usati per pagare il vostro libro. Nient’altro.
Devi metterti in testa una cosa importantissima: le recensioni non sono per gli autori, le recensioni sono per gli altri lettori che devono spendere a loro volta soldi e, una volta che il libro è nelle mani del lettore, quel libro non è più tuo.
E sarà proprio il lettore (che recensendo già sta facendo un extra perché, come abbiamo appena detto, oltre ai soldi, non ti deve nulla) a decidere come porre la recensione. Vuole (e sa) entrare nel tecnico? Bene! Vuole solo dire “Non mi è piaciuto”? Bene!
Resta valido quanto detto prima: stacce.
Dopotutto, lo diceva già Pennac a suo tempo con i suoi celebri “10 diritti del lettore.”
- Il diritto di non leggere
- Il diritto di saltare le pagine
- Il diritto di non finire il libro
- Il diritto di rileggere.
- Il diritto di leggere qualsiasi cosa
- Il diritto al bovarismo
- Il diritto di leggere ovunque
- Il diritto di spizzicare
- Il diritto di leggere ad alta voce
- Il diritto di tacere
Ecco, ai tempi si era un po’ più formali nelle espressioni e quindi l’autore l’ha lasciato intendere. Per questo motivo, mi permetto di rimarcare quello che è l’undicesimo diritto, o meglio, consiglio per chi scrive: stacce.
Eh, ma poteva essere più gentile
Parlando di formalità, la gente crede di essere speciale e di meritare sempre i guanti bianchi, ma la verità è che siamo tutti uguali, né più, né meno.
Un’argomentazione che torna sempre è quella del “Eh, ma poteva essere più gentile“, oppure “L’unica critica valida è quella costruttiva!” seguita dal “Eh, la critica è costruttiva, ma dice le parolacce; quindi, non vale niente“.
Quella del linguaggio utilizzato dal recensore è una scusa a cui ci si attacca sempre, un po’ per invalidare la critica ricevuta, un po’ perché in qualche maniera sentiamo la necessità di “farci scudo” con qualcosa. Dopotutto, se dare dell’idiota a chi recensisce potrebbe sembrare poco elegante a qualcuno, sottolinearne la mancanza di eleganza e quindi l’invalidità della recensione stessa, suona meglio, no? E invece no.
A prescindere dal linguaggio, dal tono o da qualsiasi altra cosa ricordatevi sempre quanto detto sopra: le recensioni sono per gli altri lettori (che sia un semplice “questo libro mi ha fatto schifo” o un articolo di 20k parole su perché quel libro sia uno spreco di spazio e ossigeno) e non sono, in nessun modo (a meno che non lo abbiate richiesto direttamente al recensore) un luogo dove trovare qualcuno che vi faccia l’editing gratis.
Reazioni poco pacate
Vi faccio un esempio banale.
A me non piace Doctor Who. Ne ho visto qualche puntata random in tv, ho deciso che non era il tipo di intrattenimento che volevo, né il genere di fantascienza che di solito mi piace fruire. Tu potrai pensare che sono una povera scema (Linda lo pensa di sicuro) [Linda compare per dire che no, non lo pensa, ed è solo triste che Daniela non apprezzi il Dottore], ma sai qual è l’unica risposta che puoi ricevere? Esatto: stacce.
Un amico decise di farmi vedere DW dall’inizio, convinto che se avessi dedicato più tempo a quella che onestamente io ritenevo in partenza una grande perdita di tempo, allora avrei apprezzato di più l’opera in questione, invece di fare l’equivalente televisivo del DFN (Did Not Finish, ovvero quando si lascia un libro all’abbandono perché non piace).
Quando, a fine visione, ho continuato a dire che quella roba non era la mia marmellata, il mio amico è andato in bestia (manco lo avesse scritto lui DW), dichiarando che ero una stupida ignorante e che non ci avevo messo abbastanza attenzione. Perché se io ci avessi messo abbastanza attenzione, allora avrei sicuramente visto quella magnificenza che lui tanto andava proclamando. Io mi stavo solo addormentando e non gli ho parlato più tutta la sera, ancora adesso mi rifiuto di vedere Doctor Who in qualsiasi forma, colore e dimensione e continuerò così fino alla fine dei miei tristi giorni.
Ecco, io non avrei saputo dire perché Doctor Who non mi piacesse, se non che mi annoiava a morte e che non trovavo interessante la storia. Questo doveva bastare al mio amico (e anche a Linda), ma lui ha deciso di non rispettare il mio diritto di non farmelo piacere e di urlarmi addosso, interrogandomi per filo e per segno su cose che non c’entravano niente per “testare” la mia cultura sull’argomento.
Ecco, quando decidete di ingaggiare un lettore, un qualsiasi lettore, un lettore che è anche un altro autore, l’effetto che ottenete è questo.Ricordatevi una cosa importante: per quanto bravi crediate di essere, esisterà sempre qualcuno a cui quello che fate non piace. E non potrete farci niente. E svalutare quella persona, dire che non capisce, che non sa, che non ha il palato per il vostro genere o che è maleducato o volgare non colpirà davvero chi ha lasciato la recensione, ma solo voi.
Perché non posso rispondere alle recensioni?
Diciamo che siete convinti di essere dei bimbi grandi in grado di resistere alle critiche. Dopotutto, qualcuno penserà di avere già le spalle forti, perché quello che scrive è ancora più forte. Avventure truculente e sanguinarie con grandi spade (di tutti i tipi…), amori tossici romanticizzati nel ritratto della peggiore delle sindromi di Stoccolma, roba daVk, insomma… che sarà mai l’opinione negativa di un random sull’internet?!!
Ecco, è qui che di solito si fallisce.
Anche perché, una volta che il lettore ti ha detto il perché e il per come il tuo libro è una merda cosa fai? Vai a correggere un libro già dato alle stampe da mesi o forse anni? Ma dai.
Questo ci porta alle:
Cose da non fare
Una regola d’oro dovrebbe essere: “non si risponde alle recensioni negative” (ma anche a quelle positive, ma vabbè, lo vedremo nella prossima sezione), ma soprattutto “non ingaggiare mai una discussione, in nessuna circostanza, perché qualsiasi cosa potrebbe diventare un potenziale problema”.
In questo rientra anche il mascherarsi dietro a cazzate come “volevo solo intavolare una discussione pacata” o il “spiegami perché non ti è piaciuto :)” (con faccina passivo-aggressiva inclusa) o ancora il “volevo solo puntualizzare”. Non c’è un bel niente da puntualizzare. Non è assolutamente detto che farai cambiare idea al lettore. È molto probabile che non accadrà in nessuna circostanza e anzi, te lo inimicherai ancora di più e finirà che te lo ritroverai a scrivere articoli come questo (sotto minaccia, but still).
Lagnarvi sui social che ci avete messo tanto impegno a scrivere il vostro bambino di carta (autrici di romance, sto guardando voi) è tassativamente da evitare: non ve lo ha ordinato il dottore di scrivere un libro. Se non siete in grado di essere abbastanza professionali da gestire i commenti, forse è il caso che rimaniate un bel po’ ancora su Wattpad a farvi le ossa.
Un’altra cosa da non fare è quella di raccogliere i propri fedeli e inviarli in massa contro il recensore. C’è un’autrice che amava fare questi giochi (giochi che finivano male, perché qualcuno ha sperimentato anche le visite di questi fedeli anche sotto casa) e il risultato è stato diventare la macchietta dell’ambiente editoriale in cui girava, con tanto di meme e prese per il culo che sono andate avanti per anni e che vi assicuro non sono state ancora superate adesso e quando qualcuno nomina il suo libro, tutti ridono.
No, davvero. Vuoi sfogarti in privato? Ne hai tutto il diritto. Appuntarti su quel Death Note di cui parlavamo prima nomi e cognomi? Bene. Ma davvero, fallo in privato. Con gente fidata. Non in gruppi, non dove la cosa possa gonfiarsi e portare altri a reagire anche se tu ovviamente mica lo volevi, non basare il tuo marketing su un continuo “me” contro “loro”, “noi” che capiamo e amiamo la storia contro “i nemici”.
Chi non ama la tua storia non è nemico tuo o dei tuoi fan. Semplicemente non ama il tuo libro. Aizzare le persone può (forse?) pagare sul breve periodo, ma finisce per inquinare il pozzo. E l’editoria italiana è un mondo davvero piccolo, in cui creare reti paga più che alzare muri.
Il lettore che vi lascia la recensione negativa non vi sta infamando, in nessuna circostanza, anche la peggiore, e non serve minacciare addirittura “denunzie e querele”, perché a parte che qualsiasi avvocato vi riderebbe non solo in faccia, ma l’unico risultato che otterrai sarà di ricevere meno recensioni in toto.
Pensaci: in fondo stai lasciando trasparire il messaggio che sei solo un piantagrane. Che non accetti le critiche, magari che non accetti nemmeno una recensione positiva che però ha una piccola critica, magari non accetti recensioni lunghe o corte o… quindi, perchè lasciarne? Che poi, essere dei piantagrane può ritorcersi contro di te: ci potrebbero essere potenziali problemi nel caso qualcuno riuscisse a dimostrare che tu hai aizzato i tuoi sodali a fare casino e risolvere la questione con una bella denuncia di cyberbullismo.
Altra cosa che vi sconsiglio caldamente di fare sono le contro recensioni di vendetta (nel caso il recensore fosse un altro autore). A parte che sareste solo dei poveri sfigati senza appello, ma vi becchereste ulteriori prese in giro perché suvvia, lo saprebbero tutti perché lo avete fatto. E poi magari incontrate gente come me, che guardo solo le valutazioni generali, non leggo le recensioni e finisce che me accorgo dopo anni (è successo) e perdete pure la spinta.
Se fate tutta questa serie di cose a voi sembrerà forse di sentirvi grandi campioni invincibili, ma nella realtà è pieno di un sacco di gente (potenziali lettori) che legge e non commenta quello che fate. Ma giudica. E quello che fate influenza enormemente la loro volontà di acquisto.
Spesso mettere su flame perché vi siete arrabbiati per aver ricevuto una recensione negativa genera solo l’effetto di essere messi nella lista degli “autori che non leggerò mai perché problematici” (io per esempio ho messo una pietra sopra a una traduttrice perché mise sui social la mia recensione negativa, se il libro è tradotto da lei io automaticamente non lo compro e ho chiesto il reso di tutti i libri tradotti da lei che avevo appena comprato).
State dicendo al vostro potenziale pubblico che non può esprimersi sul vostro operato e l’effetto che otterrete sarà solo di risultare come il famoso cosplayer di Kratos a Torino Comics (ho avuto il piacere di aver visto accadere questa perla davanti ai miei occhi):
Ma io voglio rispondere!
Ci sono tre tipi di risposte che potreste dare, se proprio vi prudono le mani.
In caso di recensione positiva: “Grazie, sono content* che il mio libro ti sia piaciuto!”
In caso di recensione neutra: “Grazie per aver letto il mio libro!”
In caso di recensione negativa: “Grazie per aver letto il mio libro, mi spiace che non ti sia piaciuto, speriamo che con il prossimo vada meglio!”
Nient’altro. Vi assicuro che vi salva dalla gastrite e da eventuali backfire.
L’ideale sarebbe non rispondere mai, come si fa su Amazon (e l’ideale sarebbe non farlo mai nemmeno su Goodreads), ma viviamo in un’epoca di social ed è complicato mantenere le relazioni con i lettori, in questo caso. Dunque, vi concedo che spesso marketing e recensioni vanno di pari passo, ma è sempre necessario capire che una risposta neutra vi salva da un’incazzatura da parte del lettore. Perché magari quel lettore ha un seguito, ma se parte un flame, quello che perde lettori, potenziali acquirenti, dignità e soldi sei tu. Sempre.
Le uniche recensioni che per me contano sono quelle scritte da quelle persone la cui opinione per me è importante, nessun altro. Mi è successo di ricevere due recensioni in anteprima sullo stesso mio libro (quindi, qui purtroppo bisognava leggerle per forza), entrambe dicevano cose molto diverse. Quella della persona di cui mi fregava poco è stata cestinata immediatamente senza pensarci due volte, l’altra invece (ciao Leah!) mi ha fatta sedere, pensare, riprendere in mano il libro (che in quel momento era in preorder) e correre a cambiare le cose che mi erano state segnalate. E l’ho fatto senza lagnarmi, senza mettermi a frignare che “è brutta e cattiva perché non capisce la mia arte!“
Certo, c’è da dire che Leah Weston, la persona che mi ha recensito il libro, non solo è una carissima amica, ma è anche un’altra autrice del mio stesso genere e sapeva quello che stava dicendo, quindi questo è uno dei rari casi in cui una recensione è stata utile, ma è una situazione più unica che rara e più assimilabile a quella di un beta reader, contando le tempistiche in cui si è svolto il tutto perché il libro non era ancora uscito.
Ma se il libro fosse già stato stampato, corcazzo che andavo a cambiare tutto. Mi facevo il segno della croce e quel che è stato è stato.
Però so anche di persone che, dopo una recensione non positiva al primo volume di una serie, hanno fatto tesoro e corretto il tiro nei successivi. Senza troppo clamore, senza crociate. Quasi come se, a volte, ascoltare i feedback potesse davvero essere un’occasione di crescita e riflessione.
Le recensioni negative aiutano a crescere
Nonostante quello che ho appena detto, lascia che lo metta bene in chiaro: che le recensioni negative facciano crescere sempre o più di quelle positive è una balla colossale.
Le recensioni negative non aiutano nessuno a crescere, motivo per cui vanno prese cum granum salis. Possono farlo, ma non sempre. E quando aiutano, lo fanno soprattutto nel farci rendere conto che, nel momento in cui si passa alla scrittura professionale e si mette in vendita un prodotto, questo non ci appartiene più. Adesso non è più tuo o mio: è del lettore tanto quanto dell’autore. E sul suo parere non hai controllo.
Aiuta a crescere la consapevolezza personale di essere sicuri del proprio lavoro. Perché se sei sicuro al 100% (o magari anche meno eh) che quello che hai messo in vendita è un prodotto valido, il fatto che a qualcuno quel prodotto possa non piacere per tutta una serie di motivi che saranno sempre validissimi perché non ti riguardano come persona… allora puoi dire di avere raggiunto lo stato zen della vita.
Respira a fondo
Come fare dunque a smettere di rosicare?
Beh, a parte smettere di leggere le recensioni (o farlo a distanza di anni) e smettere anche di aggiornare compulsivamente la pagina di Amazon per controllarle, bisogna esercitare la neutralità e abbracciare l’essere appunto zen. Sbattersene il cazzo è potere.
Di fronte a una recensione negativa chiedetevi: aggiunge qualcosa alla mia vita? Dormo lo stesso la notte sapendo che a RosariaKikka95 il mio libro non è piaciuto? Posso trarre qualcosa di utile da tenere a mente per il futuro quando scriverò qualcos’altro?
Inoltre, una cosa utilissima da fare è sfogarvi, ma come ho già detto: in privato. Prendi la tua migliore amica, sedetevi davanti a uno Spritz (se siete alcolici) o davanti a una Coca Zero (se siete degli infelici astemi come me) e tira fuori tutta la rabbia che hai, maledicendo quella stronza che ti ha detto che scrivi facendoti le seghe. Una volta fatto questo butta giù qualche salatino per accompagnare e vai avanti con la tua vita.
Aiuta tantissimo, te lo giuro.
Ma che ne sai te
Vengo dal mondo delle fanfiction e non me ne pento. Vivo eternamente in un mondo di autori maschi che mi dice che non capisco la loro aurea prosa, quando sono più vecchia di loro e ho letto cose che fanno impallidire i loro squartamenti su carta. Been there, done that.
Ho visto le mie fanfiction essere messe alla gogna (che poi non è nemmeno il termine adatto per descriverlo, ma all’epoca lo sentivo così) su Fastidious, ho ricevuto commenti sempre a fanfiction (quindi, storie che scrivevo per mero divertimento, senza alcuna velleità professionale) che avrebbero fatto piangere persino l’uomo di ferro… eppure, ne sono grata. A posteriori, sono grata di essere passata dalle forche caudine di gente che se ne sbatteva le palle della mia sensibilità e che mi ha dato la lezione più grande di tutte: me ne devo fregare.
Sono poi nota per le mie recensioni crudeli, un po’ perché cane mangia cane, un po’ perché leggere manoscritti di merda prima della pubblicazione è stato il mio lavoro per un certo periodo di tempo. Tendo a non avere un filtro tra il cervello e la bocca e le mie uscite tendono a essere piuttosto colorite… ma raramente sono ingiuste.
Io sono per l’assoluta libertà di chiunque di esprimere la propria opinione su un libro, anche sui miei, nella maniera che più si confà .
E vi dirò di più: non sono mai felice quando devo scrivere recensioni negative, nessuno lo è. Nessuno è contento di dover scrivere una pagina di rant a fronte di soldi mal spesi. Quando compro un libro voglio disperatamente che mi piaccia, ma quando non succede… beh, lo sappiamo tutti come va a finire.
Motivo per cui ora dirò una cosa un po’ boomer: credo che a molti scrittori emergenti contemporanei farebbe bene un po’ di vecchio allenamento per rinforzare la spina dorsale. Sento enormemente la mancanza di spazi in cui confrontarsi con i racconti, in cui ci si possa mettere alla prova come autori ed esercitarsi a subire la critica.
Anzi, ora farò la controversa e vi dirò che mi piacerebbe che esistesse uno spazio come quello di Fastidious (che si occupa solo di recensire “in modo cattivo” solo fanfiction) in cui si possano massacrare i libri, in particolare solo quelli di autori italiani.
Per cui Linda, hai un lavoro da fare.
Un ultimo aneddoto personale, prima di lasciarvi, che vuole ribadire quanto sia necessario comprendere che chi recensisce lo fa a mero titolo personale e quasi mai professionale (anche quando sono sedicenti tali).
Nel 2019, Lux Lab pubblicava il suo secondo libro, L’Agenzia – Milano. Mandammo le copie ARC in lettura a diversi blog e uno, in seguito alla lettura, ci rispose che non avrebbero pubblicato la recensione di una delle loro blogger perché “il libro presentava molti refusi sin dalle primissime pagine”.
Potete comprendere la mia confusione, soprattutto considerata la cura con cui trattiamo i nostri libri e l’irrilevante fatto che il libro fosse stato editato da diverse persone (è così che funziona il Lab, non fate domande).
Presa dalla perplessità, feci leggere il primo capitolo a due amici (entrambi scrittori) che non trovarono nulla di sbagliato. Al che chiesi alla proprietaria del blog di fare lo stesso e anche lei ammise che non capiva a cosa si riferisse la sua blogger e che avrebbe indagato.
Ora. L’Agenzia – Milano è un libro che, come si evince dal titolo, ambientato a Milano. Già nelle primissime pagine c’è un personaggio che parla in dialetto al protagonista. Ecco, i famosi errori e refusi che avrebbero bloccato la recensione, tanto era negativa… erano parole e frasi in dialetto.
Ora lo capite perché non me ne frega più un cazzo delle opinioni degli altri sui miei libri?
Nota finale: spero che l’amico Roberto sia soddisfatto della quantità di meme in questo articolo.
- “provocare, cominciare: ingaggiare battaglia, ingaggiare una discussione, una lite con qcn.”
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- Scritto da
- Altri articoli
Daniela Barisone, classe 1986, milanese.
È illustratrice e fumettista, scrive libri per Lux Lab e Quixote Edizioni.
Ama tantissimo i videogiochi e scrivere romance LGBT+
Hai perfettamente ragione.