Crampi muscolari.
Vesciche da sfregamento.
Lesioni tendinee.
Indolenzimento generalizzato.
No, non è un succinto resoconto dei postumi di un’improvvida escursione sul Nanga Parbat in infradito e zainetto Invicta, ma lo stato fisico di chi è sopravvissuto a un altro FRI – il Festival del Romance Italiano, per chi non fosse a conoscenza dell’affettuoso acronimo.
Su cos’è il FRI per chi si occupa di storie ci sarebbero da scrivere interi tomi, contenenti per lo più commenti positivi, ma in questa foschia di residuo sfinimento vogliamo parlare di qualcos’altro.
Ovvero: come stare al mondo.
Cioè, no, non in senso assoluto, ecco. Non siamo qui a fare proseliti e istituire un culto della nostra personalità volto a riempirci le tasche dei danari dei meno esperti.
Ma bazzicando ormai da anni il panorama delle fiere, che siano quelle del fumetto o quelle editoriali, due cosine le abbiamo imparate su come comportarsi durante questi eventi senza farsi detestare da colleghi, compagni e sodali assortiti.
Che siate lì per farvi conoscere come professionisti o preziosi avventori, ci sono quelle due o tre regole di buona educazione che sarebbe il caso di conoscere e, se possibile, rispettare.
Per gli espositori
E dunque, se siete espositori, ecco qualcosa su cui riflettere.
- Stattene nel tuo: letteralmente. Il tuo spazio, il tuo stand, la zona di ragionevole buffer che circonda il tavolino per cui hai pagato. Perché sai, lì di fronte, lì dietro, lì di fianco c’è qualcun altro che ha pagato tanto quanto te. E che potrebbe irritarsi un pochino a trovarsi l’eventuale concorrenza (o anche non concorrenza, perché io – personalmente – alla concorrenza in editoria credo fino a un certo punto) che sfrutta una zona non di sua competenza. E già che ci siamo, magari non far mettere i tuoi agguerriti commessi proprio lì, all’imboccatura della corsia, a bloccare il flusso e, inevitabilmente, deviarlo verso altri lidi, perché sarebbe anche il caso di…
- Evita di fare il gradasso con gli altri standisti: perché a noi del transatlantico arcobaleno queer è capitato. L’occhiata di superiorità, il sorriso di sufficienza, il commento a mezza voce. Almeno, caro il mio fiero fierista, non farti beccare. Sii astuto. Perché non puoi mai sapere chi stai sfottendo (se ti comporti così, amico pescivendolo, è palese che non sei poi molto esperto del mondo editoriale), e rischi di fare una persistente brutta figura.
- Tanta sostanza, ma anche un po’ di forma: mettiamo subito in chiaro che quando si va a una fiera del libro, bisogna vendere… beh, i libri. Devono essere loro i protagonisti. Però, come dice il vecchio adagio, anche l’occhio vuole la sua parte. Non strafare, se possibile, perché i fronzoli eccessivi distraggono, ma un bel roll up con una grafica accattivante e un paio di gadget carini possono essere quel gancio che ti permetterà di parlare alla persona sconosciuta che hai davanti del tuo amato romanzo.
Ma fermi tutti, non ci sono solo gli espositori. Sono, in effetti, una minoranza.
La fiera la fanno i visitatori!
Per i visitatori
E anche nel loro caso ci sono un paio di cosucce da tenere presenti per rendere l’esperienza carina per tutti:
- Rispettate chi è lì per lavorare: sono minuzie, eh, perché per fortuna al FRI non ho notato comportamenti eclatanti. Però tipo… non affacciatevi sugli stand masticando patatine e sbriciolando ovunque frammenti untuosi. E se c’è un mucchietto di gadget con un piccolo cartello con scritto “Prendimi, sono gratis” è molto probabile che si riferisca ai gadget e non al cartello stesso. (Sì, questo è successo davvero, per bizzarro che sia). E magari, ma solo magari, non passate di fianco all’enorme tavolone arcobaleno di romance queer affermando con sicumera “bleah, che schifo gli ortaggi utilizzati spesso in pinzimonio o gratinati al forno”. In quel caso siete solo degli omofobi e fate schifo :)))
- Fermatevi a fare due chiacchiere: giuro, a nome di tutti, che ci fa tanto piacere se date seguito alla scintilla di curiosità e chiedete lumi. Noi espositori non vediamo l’ora di parlare dei nostri libri! E magari (come dicevo sopra) non ci piace importunare troppo i passanti se non per accennare alla nostra presenza, ma se invece siete voi lettori a farci una domanda saremo più che felici di dirvi vita, morte e miracoli di ognuna delle nostre opere. Siamo lì apposta!
- Occhio allo spazio: è un consiglio meno pressante rispetto allo stesso rivolto a chi espone, ma tenete d’occhio la disposizione dei tavoli. Se incrociate le tre amiche che non vedete da mesi e dovete aggiornarvi su tutto, assicuratevi di non ostruire il passaggio o l’accesso ai tavoli. Per fortuna di solito le fiere non si tengono in ambienti angusti. (Questa regola in realtà esiste su un confine sottile: uno stand affollato attira l’attenzione, ma se è troppo gremito diventa impossibile raggiungere la merce in esposizione, quindi… eh, buon senso, come al solito)
Io, rispetto a Ester, sarò meno cortese e meno attenta con le parole perché sapete come sono1.
Vi parleremo in un altro articolo di come è stato il FRI in generale, della nostra esperienza come espositori e di quanto ho vomitato come apertura dell’evento, ma qui mi limito a rimanere nell’argomento e ad aggiungere le mie osservazioni a quanto già espresso dalla mia collega.
I venditori porta a porta sono la mia villain origin story.
Non sto scherzando.
Non c’è niente che io odi di più di qualcuno che mi approcci durante una fiera e mi chieda “ti piace leggere?”
Siamo a una fiera di libri, Giankaren, credo sia abbastanza ovvio. La mia risposta è sempre “no, sono analfabeta” e me ne vado, perché essere stalkerata in questo modo è la maniera migliore per farmi perdere immediatamente interesse.
Cari editori e colleghe autrici che partecipate alle fiere, quelli più rodati tra voi conoscono già questa legge universale, ma mi esprimo in particolare per chi è novizio dell’argomento: i lettori scelgono in autonomia se venire al vostro stand. Ci vengono perché vi conoscono già oppure vengono perché sono attirati dalle copertine (quindi, per l’amor del cielo, ascoltatemi quando vi dico di SMETTERLA di fare cover con l’AI, sono repellenti alla vista). E solo a quel punto potrete permettervi di sorridere, salutare, presentare brevemente quello che c’è sul tavolo e lasciare loro tempo di respirare e scegliere.
Come dico sempre, basta qualcosa sulla falsariga del “Noi facciamo questo genere, sui libri ci sono i cartellini con i trope, se trovi qualcosa da sola va bene, se cerchi qualcosa di particolare o se vuoi che ti racconti qualcosa sono a tua disposizione e se invece vuoi solo riconnetterti con il tuo io interiore qui c’è dell’erba da toccare” (abbiamo davvero un pezzo di erba finta in stand con scritto “Touch grass station”)2. Di solito questa chiusa fa ridere le persone e allora si riesce a scambiare due parole.
E questo, lo so è devastante, può accadere da DIETRO il proprio tavolo.
Qui arriviamo al punto già toccato da Ester, cari espositori: abbiamo pagato tutti quanti uno spazio e non vi dovete permettere, per nessun motivo, di andare agli stand altrui e aggredire i clienti che stanno acquistando per distrarli con la vostra roba.
Non vi dovete permettere, sempre per nessuna ragione, di posizionarvi a inizio, o in mezzo, o in qualunque punto della corsia che non sia nei pressi del vostro stramaledetto tavolo, con il vostro libro in mano e fermare le persone.
Non dovete.
Perché è un attimo segnalarvi all’organizzazione, e l’anno prossimo potrete dire ciao alla vostra partecipazione in fiera.
Poi vabbè, il mio vero obiettivo è epurare qualsiasi fiera editoriale dagli EAP, prima o poi accadrà – e spero presto.
Passiamo poi ai lettori, la vera linfa vitale degli eventi editoriali. Vi vogliamo molto bene, ma se poteste evitare di passare di fronte agli stand queer, dove ci sono autrici e autori queer e dire “che schifo i froci”, fareste un piacere a tutti.
Perché siete solo degli omofobi di merda, in caso 🙂
E sono già tre FRI che dobbiamo sopportarvi.
Ciò che abbiamo detto in questo breve articolo è valido per il FRI, ma è valido per qualsiasi altra fiera nel settore editoriale. Per favore, non prendete esempio dai venditori porta a porta che di solito infestano questi eventi, perché non pagano. Non portano lettori e sono pessima pubblicità che vi si ritorcerà contro in futuro.
In conclusione: ci vediamo tra due mesi al Salone del Libro di Torino, dove il Lux Lab vi aspetta nel suo stand “tutto per sé” nella Libreria Self!
“Poi vabbè, il mio vero obiettivo è epurare qualsiasi fiera editoriale dagli EAP, prima o poi accadrà – e spero presto.”
ANNI con gli EAP che pensavano che IO fossi la loro Ultimate Enemy, E INVECE sei sempre stata tu, Daniela!
È un articolo me-ra-vi-glio-so! 😱(Sì, so sillabare, ma resto umile😌)
Ester e Daniela hanno saputo dare voce ai miei più oscuri e reconditi pensieri partoriti ogni volta che mi è capitato di entrare in una qualunque fiera, di qualunque genere (anche la sagra della ricotta ha il suo perché!).
Se alcuni aspetti evidenziati erano scontati, ma non per questo meno importanti, altri fanno riflettere sul serio.
Non ho ancora avuto il piacere di trovarmi dal lato della barricata degli autori/standisti (e non vedo l’ora!). Tuttavia, nella mia esperienza di visitatore, inorridisco di fronte a chi invade e manca di rispetto ad uno stand. Va bene essere curiosi o interessati…ma…
E poi odio 😤🤬odio profondo 😤🤬 per le fiere organizzate in spazi stretti e senza una corretta gestione del flusso (ebbene, sì, qui ad Agrigento ne ho viste di robe che voi umani…😒), dove anche per passare bisogna prendersi a gomitate o pestare i piedi. Nel migliore dei casi, passi dietro gli standisti (🤦♀)!
Complimenti ancora a Ester e Daniela. E grazie a tutti voi altri, che con i vostri resoconti mi avete dato la possibilità di sentirmi presente al FRI, anche seduta sul divano di casa mia. 🥰