Che cosa direbbe Giangiacomo Feltrinelli, fondatore dell’omonima casa editrice, se sapesse che i 70 anni della sua creatura si celebrano anche con uno sciopero dei dipendenti delle librerie del marchio?
Una personalità istrionica e particolarissima anche nel mondo editoriale, forse l’ultimo grande dei “pirati editori”, come li chiamo io, ossia quegli editori che hanno condiviso il nome con il loro marchio editoriale e hanno corso rischi, sfidato la censura e il benaltrismo per un concetto, pubblicare letteratura. Alcuni più prosaici di altri, certo, ma tutte personalità che hanno definito l’editoria italiana del ‘900, capaci di sfidare anche Mussolini nelle loro scelte di catalogo (per citarne qualcuno, Bompiani, Einaudi, Mondadori) e di sostenere processi moraleggianti anche nel Dopoguerra come fece Garzanti per difendere Pasolini e Ragazzi de vita.
Feltrinelli forse è stato il più sognatore, ma di certo il più eversivo: basta citare il suo proposito di trasformare la Sardegna in una Cuba indipendente e comunista nel cuore del Mediterraneo e l’impegno nella lotta armata degli Anni di Piombo (per la quale tra l’altro ci ha lasciato le penne nel 1972, tentando di piazzare una bomba su un traliccio a Segrate) per inquadrare il personaggio.
Comunista, ma tuttavia capace di prendere le distanze dal partito e dallo Stalinismo quando lo ha ritenuto necessario: è il caso della pubblicazione di Boris Pasternak, che difficilmente avrebbe potuto ambire al premio Nobel per la letteratura se fosse dipeso dalla censura sovietica. Feltrinelli traduce e pubblica Il dottor Zivago, malgrado la posizione di Mosca a riguardo, e questa decisione gli causa l’espulsione dal PCI.
Un altro caso letterario che si deve a questo singolare editore è Il gattopardo, oggi di nuovo sulla cresta dell’onda per la serie su Netflix, ma la storia della pubblicazione di questo romanzo meriterebbe un articolo a parte. Solo questi due titoli dovrebbero far capire il peso culturale di Giangiacomo Feltrinelli nella storia letteraria italiana e mondiale.
Quindi ecco, la domanda sorge un po’ spontanea, almeno a me: come si passa da casa editrice capace di essere così sovversiva da mettere in imbarazzo il partito comunista… a gruppo editoriale mastodontico, che ha una partnership con il quasi monopolista della distribuzione e fa degli utili importanti con le sue librerie, ma che al tempo stesso rifiuta di aumentare di 1,50€ i buoni pasto dei suoi addetti alla vendita?
Perché torniamo allo sciopero: ieri i 1.200 dipendenti di Librerie Feltrinelli e altre librerie del gruppo (IBS compreso) hanno scioperato nel tentativo di smuovere la trattativa sul rinnovo del proprio contratto di lavoro. Le richieste principali sono due: eliminare il “salario d’entrata”, che tiene i neoassunti in condizioni più sfavorevoli rispetto ai colleghi con più anzianità – sia a livello di stipendio che di benefit aziendali – e adeguare i buoni pasto in modo da far fronte anche all’aumento del costo della vita.
La trattativa tra azienda e sindacati è in stallo da tempo, in particolare l’aumento del valore dei buoni pasti per Feltrinelli sembra irricevibile se non a scaglioni (a scatti di 50 centesimi alla volta? Meno? In quanto tempo? Non è chiaro).
Spesso sottovalutati e sviliti a semplici commessi, i librai di catena sono in realtà un valore prezioso, se formati a dovere. È impossibile quantificare di preciso i volumi che contribuiscono attivamente a vendere, ma per ogni frequentatore di libreria è un valore aggiunto poter scambiare due chiacchiere con una persona competente che non solo ha (almeno una vaga) idea del libro di cui gli si sta chiedendo, ma che è in grado di dare un parere o di consigliare altri titoli nel caso in cui quello richiesto non sia disponibile. Poi sono preziosissimi quando la Feltrinelli decide di fare il cosplay delle scale di Hogwarts (a loro piace cambiare! Ai lettori… meno) – perché secondo il marketing se “ti perdi” a causa dei riferimenti che ti sono stati tolti, potresti comprare dei libri fuori dalla tua comfort zone1. Secondo me, si impreca e basta, prima di chiedere a un libraio dove cavolo è finita una certa sezione, ma lasciamo perdere.
I librai sono il volto umano della librerie Feltrinelli, prima ancora dei suoi autori. Per mia esperienza lo scambio con loro è sempre piacevole e spesso più proficuo rispetto ai colleghi di altre catene2, che sembrano sì davvero commessi e che – sempre nella mia esperienza – sembrano invece messi a piazzare i titoli del proprio gruppo editoriale.
Piccolo inciso. C’è da dire che recentemente anche in diversi punti vendita Feltrinelli si è notato un maggior spazio riservato ai marchi editoriali del gruppo e librai (soprattutto i giovani neoassunti) più focalizzati sui libri con la Effe. Un problema che denuncia anche il Festival di letteratura working class – che si terrà a Campi Bisenzio dal 4 al 6 aprile 2025 – che ha pubblicato un messaggio di solidarietà ai lavoratori di Feltrinelli in agitazione:
«Sappiamo sulla nostra pelle quanto sia difficile per gli editori indipendenti essere visibili nella più importante catena di librerie italiana, e sappiamo che per far entrare i propri libri in quelle librerie ai piccoli editori vengono imposti sconti del 50% sul prezzo di copertina, rispetto al 30% di sconto che viene invece fatto alle piccole librerie indipendenti che faticano a sopravvivere nei quartieri working class del nostro paese. Eppure, nonostante questi margini di profitto garantiti alle grandi catene (che poi sono anche proprietarie di grandi marchi editoriali e di società di promozione e distribuzione libraria), i profitti restano nelle mani di pochi e non viene rinnovato il contratto ai propri dipendenti. La letteratura working class serve a scrivere anche questa storia, e a questi lavoratori e lavoratrici va oggi la nostra solidarietà e l’appoggio alla loro lotta. Consapevoli che possiamo cambiare i rapporti di forza solo con pratiche di mutualismo, cooperazione e solidarietà tra tutti i diversi soggetti sfruttati della catena editoriale».
È una situazione che può apparire paradossale e contraddittoria, non proprio il clima che ti aspetti in un anniversario tondo come i 70 anni. Come sottolinea Filcams-Cgil, «non è possibile festeggiare la storia della casa editrice ignorando le istanze di chi, giorno dopo giorno, ne garantisce il funzionamento». E questo vale sia per le condizioni dei dipendenti che per le condizioni proposte ai piccoli editori.
Probabilmente Giangiacomo, sentendo di questa protesta, sarebbe sceso in piazza con i lavoratori. Anche se avrebbe di certo preferito una situazione meno esplosiva.
Consigliamo anche la lettura dell’articolo di Loredana Lipperini su La Stampa e del suo post su Facebook, ma soprattutto dei commenti di editori e altri addetti ai lavori.
La foto in copertina è dello sciopero di novembre 2024 ed è stata scattata dal fotografo Gianfranco Candida.
- Alla Feltrinelli di Genova, quando c’era ancora il bar, ho davvero assistito allo spiegone di un dirigente Feltrinelli sceso da Milano secondo il quale la rotazione dei generi e degli scaffali nel punto vendita – tipo campi nel sistema feudale – era proficuo per disorientare volutamente i clienti e spingerli a comprare cose diverse da quello che volevano all’inizio. Però sono stata brava e ho continuato a bere il mio caffè senza mordere. ↩︎
- Anche secondo la mia esperienza i librai delle Feltrinelli sono sempre ottime risorse (nota di Linda) ↩︎