I libri che leggo devono essere come i miei gatti: cicciotti e infidi: copertina rosina, con i tulipani che incorniciano la figura di una ragazza mezza velata, un titolo così romantico… Centomila tulipani, edito da Morellini Editore per la penna di Elisabetta Giromini, è una trappola ben studiata, uno specchietto per le allodole se vogliamo, perché fin da subito ti propone la promessa di una storia esotica, suadente, strappalacrime, e in realtà poi ti offre molto, molto di più.
Centomila tulipani, la trama
Siamo a Roma, dove la protagonista, Daria, è una studentessa di archeologia che si barcamena tra il lavoro in un baretto di quartiere, gli studi e una vita famigliare derubata della presenza di un padre assente, che non si fa vivo da quand’era poco più di una bambina.
Vive insieme alla madre, Maura, che è una donnina coriacea e all’apparenza un po’ egoista, che passa tutto il tempo a pensare al lavoro e a criticare la figlia sotto i baffi. Insomma, niente di straordinario, una vita nella norma, finché il professor Buratti non invita Daria a mollare baracca e burattini per seguire lui e un gruppetto di studenti (di cui fa parte anche l’amico Pablo, uno sciupauomini goliardico che non pensa altro che al ca… rattere fondamentale della ricerca) per una missione archeologica a Persepoli, in Iran.
E Daria che fa? Ci va, naturalmente. E che vuoi continuare a lavorare in un baretto de Roma, dove i clienti ti strizzano l’occhio ma non lasciano mai la mancia? Ennò, su. Salutata mamma, prese le sue poche cose, la nostra protagonista un po’ indecisa – e questa rimarrà una sua caratteristica fondante per un bel pezzo – parte per l’Iran.
Lì incontra l’amore della sua vita, Payam, anche lui studente di archeologia, con il quale prima stringe una tenera amicizia e subito dopo scatta la scintilla, anche se nella maniera più casta possibile, visto che, appunto, ci troviamo in Iran e che le regole ferree dello Stato islamico impongono decoro e morigeratezza (e soprattutto, niente contatti fisici tra un uomo e una donna che non sono imparentati o sposati).
«Si mise di fronte a lei, i loro corpi vicini, era una spanna più alto. Le accarezzò leggero una guancia, con la punta delle dita, quando incontrò la bocca avvicinò la sua. Fu un bacio piccolo, le labbra di lui si aggrapparono a quelle di Daria, più sottili, a foderarle. Tremava un poco, e anche lei. Erano brividi elettrici, come quando due forze di diversa intensità si incontrano, prima che si stabilisca un equilibrio.»
Potrebbe finire così, no? Una bella storia d’amore, un giovane iraniano alto-e-misterioso che le sconvolge l’esistenza, e via andare
Invece no.
È qui che si manifesta la malvagità dell’autrice, che ce la fa credere per un pochino e poi ci infila una sfilza di sfighe, avvicendamenti, sommosse sociopolitiche, voli presi, amanti che spariscono e poi forse si ritrovano, spezzando il cuore di una povera lettrice come la sottoscritta, che sperava di leggere una delicata storia d’amore italo-iraniana con un romantico sfondo di rovine archeologiche esotiche e l’odore di spezie e frutta secca, che Elisabetta Giromini ti sa far arrivare attraverso le sue descrizioni accurate che svelano una certa conoscenza del contesto.
Ma l’autrice sa che, anche se la storia d’amore è (e insieme non è) solo all’apparenza il perno di tutto – e Daria è un personaggio con cui è difficile entrare subito in sintonia a causa del suo caratteraccio – la sua storia è comunque una lenza a cui abbocchi e che ti trascina per tutto il libro, pagina per pagina, capitolo per capitolo, seguendola a perdifiato, senza sapere bene come prepararsi al finale che prima o poi arriva (ma che non vi spoilero, perché sono una brava persona).
Posso dirvi però che la storia si configura in due modi: da un lato abbiamo dei salti temporali, che tagliano le parti morte e snelliscono la trama, esaltando solo le questioni veramente importanti… e dall’altro, cosa ancora più interessante, a mio parere, abbiamo i salti spaziali, che invece hanno la capacità sublime di arricchire il libro, dando più spazi alla protagonista per esprimere se stessa in tutte le sue sfaccettature.
Seguiamo infatti Daria da una parte all’altra del mondo e della sua vita, aprendo una mappa sapientemente tracciata dalla penna sicura della Giromini, che ci porta prima a Roma, poi a Teheran, Parigi, Berlino, Amman, Ravenna e in punti diversi del frenetico arco narrativo.
A tal proposito, se c’è una cosa che personalmente non ho apprezzato, è che in questo vortice di cambiamenti e saltelli avanti e indietro per il tempo e lo spazio c’è un repentino alternarsi di punti di vista e di voci narranti: all’inizio abbiamo un narratore onnisciente che vede tutto dall’esterno, con una tradizionale terza persona al passato, poi abbiamo un continuo rimbalzare tra la prima, la terza, il presente e il passato, spesso tutto insieme, passaggio che disorienta un po’ e rischia di spezzare il ritmo e non piacere, anche se alla fine gli eventi sono così coinvolgenti che ci si passa sopra con facilità.
Veniamo infatti travolti da un eterno peregrinare che simboleggia l’irrequietezza di Daria, la sua ricerca di un porto sicuro, un punto dove fare ritorno per riposarsi, per leccarsi le ferite di una vita che non capisce e che non le piace, finché non ritrova Payam e la loro agognata storia d’amore, interrotta bruscamente a causa delle suddette problematiche sociopolitiche anni prima, quando tutto era cominciato e tutto sembrava essere già finito.
Se non è solo una storia d’amore, allora di che cosa parla Centomila tulipani pubblicato da Morellini Editore?
Centomila tulipani tratta del senso d’appartenenza, di profonde differenze culturali, di famiglia e di amicizia, tematiche che la protagonista affronta con un gran disagio, riuscendo a trasmettere anche a chi legge quel senso d’inquietudine che la insegue ovunque vada, suscitando a tratti una sensazione di disgusto e fastidio quando fa o dice certe cose.
Ci sono momenti in cui Elisabetta Giromini riesce, attraverso la sua Daria, a farti sperare che la scena finisca presto e che si possa andare avanti e chiuderla lì; soprattutto le scene di sesso, che sono scomode e pruriginose e sono fatte per non piacere, per mettere quel tocco di ansietta che tanto ci piace. Sono scogli che bisogna superare per imparare qualcosa di più della protagonista, accompagnandola in un percorso periglioso, di difficile percorrenza, che la porta poi al suo approdo finale, dove la troviamo cambiata e cresciuta, più consapevole e forte.
Insomma, Elisabetta Giromini sa il fatto suo e Centomila tulipani, edito nell’aprile del 2024 da Morellini Editore, è un libro che dovreste recuperare se amate le storie complete, che vi portano da un punto all’altro e vi lasciano un bagaglio di sensazioni contrastanti, su cui però il dolce-amaro la fa da padrone.
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Di origini italo-arabe, laureata in Relazioni internazionali e appassionata di letteratura con una forte componente socio-politica, ha pubblicato con la Talos Edizioni un romanzo intitolato “Habibti” che affonda le radici nel suo punto di vista etnicamente confuso. Di giorno fa l’operatrice sociale e la copywriter, di notte dà la caccia a quelli che “non si può più dire niente oggidì” come una moderna catwoman col tutù e gli scarponi glitterati. Salace al punto giusto, svampita qb, le piace molto leggere circondata dai suoi animali mentre organizza freneticamente il prossimo viaggio.