Gli agenti letterari girano in limousine. Accolgono i loro clienti in lussuosi uffici che combinano librerie di mogano cariche dei romanzi di successo che hanno fatto pubblicare, con ampie vetrate e tavoli di cristallo. Finiscono sotto le lenzuola con Michelle Pfeiffer e, quando c’è la luna piena, ululano e si nutrono di carne umana – preferibilmente di specie homo scribens.
Almeno se date retta alla rappresentazione che ne fa il film Wolf.
Robert Harris in Ghostwriter presenta l’agente come un alleato pragmatico, ma un tantino cinico (e comunque causa dell’incidente scatenante). In You, Caroline Kepnes ne fa un rivale in amore del protagonista, che sfrutta il suo know how del settore editoriale per sedurre il love interest di Joe Goldberg.
Vi suona familiare? Alzi la mano chi tra voi pensa all’agente letterario come all’irascibile cane da guardia del mondo dell’editoria, che lascia passare per l’anelato cancello della casa editrice solo autori selezionati in base a criteri misteriosi.
Sfatiamo subito quanto c’è di falso nella rappresentazione mediatica: non è vero che gli agenti letterari girano in limousine. O meglio, forse lo fa Wylie (non Coyote, Andrew, dell’omonima agenzia) e magari Chuck Verrill, agente al servizio di sua Maestà, Stephen King. Ma in Europa? Le strade non sono progettate per carrozzoni di quella portata.
Il resto non posso smentirlo, né confermarlo. Quello che invece posso fare per voi è rispondere a due domande che, se scrivete, sicuramente vi siete posti: cosa fa, davvero, un agente letterario? E, soprattutto, cosa può fare per voi?
Etologia dell’agente letterario
Un autore cerca il braccio giusto cui appoggiarsi per fare la lunga strada che augura alla sua opera: l’editore che metta il suo libro nel giusto contesto, svolga un lavoro di accompagnamento editoriale che aiuti il lettore a entrare nei temi e nelle promesse del libro, e ci affianchi un lavoro di marketing e distribuzione che dia al libro la possibilità di farsi conoscere ed essere acquistato dall’ampio pubblico.
L’editore, dall’altra parte, vuole evitare di perdere tempo a selezionare migliaia di proposte che non rispettano la sua linea editoriale, o non ne rispecchiano la qualità, e cerca qualcuno che filtri per conto suo i candidati migliori su cui investire tempo e risorse, per poi magari iniziare una lunga relazione che li vedrà legati libro dopo libro.
Noi? Noi siamo qui per il match making. E quando scatta la scintilla per mano nostra ci sentiamo un po’ parte di questo amore (e percepiamo una commissione sugli introiti dell’autore). In termini tecnici – non vi addormentate, fuori c’è la luna piena – l’agente letterario è un mediatore tra due soggetti: il detentore dei diritti (tipicamente, l’autore) e l’acquirente (l’editore nazionale o estero, la casa di produzione, etc.).
Il territorio di caccia dell’agente letterario
L’agente deve quindi conoscere davvero bene il mercato editoriale ed essere costantemente aggiornato su quello che ‘tira’. Per le agenzie letterarie internazionali questo vuol dire sapere cosa si legge nei vari paesi (per capirci: in Italia funziona bene il genere storico, mentre in Germania – prima che arrivasse la serie di produzione tedesca Barbari a invertire il trend – per anni è stato improponibile), oltre a conoscere le norme editoriali e fiscali internazionali.
Per il mercato nazionale vuol dire anche affondare il muso nelle riviste, nei Premi Opera Prima, nel sottobosco digitale.
L’altra parte fondamentale del suo lavoro è il networking. Per questa ragione, è facile incontrarlo nel suo territorio favorito: a spasso tra gli stand o nei rights center delle fiere per addetti ai lavori; non disdegna i vari cocktail party organizzati dagli editori o le presentazioni in libreria, però.
Ma la parte divertente del lavoro – e la ragione per la quale la maggior parte di noi lo sceglie come mestiere (a parte la Pfeiffer) – è ovviamente avere a che fare con gli autori e con i loro romanzi. L’agente è tra i primi lettori degli autori che rappresenta, e proprio come gli editori, deve saper valutare tanto la qualità che la commerciabilità di un’opera letteraria, ma soprattutto deve saperne fiutare l’essenza. Deve quindi essere un lettore professionista con buone competenze narratologiche, e tipicamente ha alle spalle studi di letteratura e / o una formazione da editor.
E un autore in Italia che spera di vedere il suo libro pubblicato oltre le alpi?
Iniziamo con il dire che i contratti di edizione in Italia prevedono quasi sempre questo scenario: l’editore acquisisce tutti i diritti dell’opera per la durata del contratto.
Quindi, sinceratevi sempre riguardo a come stanno effettivamente le cose, e a come l’editore intende muoversi – e se dispone delle strutture necessarie – per la promozione estera, prima di firmare. Gli editori più grandi dispongono di un ufficio diritti, altri si affidano alle agenzie internazionali, altri… non ci provano nemmeno a valicare il Brennero, per un semplice motivo: un libro è appetibile sul mercato estero quando ha venduto bene. È molto, molto difficile che sia considerato se ha venduto poche centinaia di copie. Ha buone chance anche se presenta caratteristiche che lo fanno aderire allo Zeitgeist, lo spirito del tempo: soprattutto quando i suoi temi incarnano il sentire di una generazione, o quando si pone in modo innovativo nei mercati di nicchia (fantasy, fantascienza e horror – per esempio in Spagna, adesso, vengono pubblicati con gran successo – hanno un proprio ‘giro’ editoriale).
Questa strettoia di selezione è inevitabile perché pubblicare un libro in traduzione è un investimento notevole: l’editore dovrà farsi carico dei costi di traduzione, e non è scontato che disponga di lettori italiani per valutare il manoscritto; il libro deve quindi fare molta gola, perché venga preso in considerazione, e allora il peso della scelta lo spostano i numeri di vendita.
Cosa NON fa un agente letterario
Chiarisco questo punto perché è spesso equivocato: un agente NON si occupa del marketing né di far recensire un’opera, o dell’organizzazione di presentazioni per i loro autori, né di tenere contatti con i librai. Queste sono mansioni affidate agli specialisti di marketing, all’ufficio stampa, e al distributore.
Cosa mangiano gli agenti letterari
Se state pensando di rivolgervi a un agente, fareste bene a considerare le sue abitudini alimentari: come abbiamo detto, champagne e ostriche. E carne umana. Diffidate di quelli che assomigliano a James Spader. In altre parole: quanto vi costa un agente?
La percezione diffusa è che avere un’agente costi un sacco di soldi. Vediamo di fare un po’ di chiarezza.
Il business model classico e internazionalmente adottato è la commissione d’agenzia. In pratica, l’agente si prende una fetta dei guadagni dei suoi autori: anticipi e royalties sui diritti di edizione, traduzione, adattamenti cinematografici, televisivi, teatrali e quant’altro. Quanto questa fetta sia sostanziosa dipende da vari fattori. In USA, tipicamente la commissione è del 10%. In Europa, varia tra il 15% e il 25%, la differenza è dovuta principalmente al fatto che il mercato americano è molto più ampio di quello Europeo, e i proventi degli autori – e, di conseguenza, degli agenti – sono maggiori, a seconda del prestigio e della notorietà tanto dell’agenzia che dell’autore (si può accettare una percentuale più bassa da un autore con la prospettiva di essere venduto in dieci lingue – diciamo un Frank Schätzing – mentre per un esordiente o un autore di nicchia la percentuale sarà più alta).
Se un agente lavora con questo modello, vuol dire che guadagna quando i suoi clienti guadagnano. Sottolineo questo punto perché qui ci sono tre impliciti importantissimi da considerare: Il primo? Il vostro lavoro deve essere, come dice James Frey, “dannatamente buono”. E intendo davvero: se la commissione non la vede finché non vi ha portato sugli scaffali, “dannatamente buono” è il criterio base da tenere a mente. Quindi, passiamo a ciò che ne deriva:
- L’agente – come voi – vorrebbe idealmente vedervi pubblicare con un editore medio o grande. Le case editrici che offrono anticipi bassi sono valide perché un autore alle prime armi si faccia le ossa, in vista di quando presenterà il prossimo lavoro; in questo caso, l’agente sta facendo una scommessa a lungo termine sulle potenzialità dell’autore. Gli editori che non offrono anticipi e che prevedono piccole tirature sono poco interessanti, per la semplice ragione che lavorare con loro non è remunerativo.
- Un agente non ha nessun interesse a piazzarvi con un editore a pagamento. Se l’agente mette un suo autore in condizioni di dover pagare per essere pubblicato, non solo non sta facendo bene il suo lavoro: vuol dire che la sua fonte di proventi non è l’autore. E allora fareste bene a farvi due domande.
In questi anni, a quello della commissione si sta affiancando il modello dei servizi a pagamento: l’agente chiederà in anticipo all’autore un compenso per il suo lavoro, tanto di valutazione che di promozione; operazioni che richiedono un investimento di tempo notevole, e tempi anche lunghi prima di dare frutti. Questo è particolarmente vero se siete autori emergenti, e quindi più difficili da piazzare con un buon editore. Sappiate però che siete pienamente in diritto di chiedere all’agente prova del suo operato: qualsiasi professionista tiene traccia del suo lavoro, e dovrebbe essere disponibile a mostrarvela.
Come avvicinare un agente letterario (senza venirne morsi)
Scegliere l’agente giusto, purtroppo, non è sempre semplice e trasparente. Esiste l’associazione ADALI, la cosa più simile a un albo professionale che abbiamo in Italia, che può essere un buon punto di partenza per la ricerca, ma non tutte le agenzie vi aderiscono. Questo vuol dire che dovete armarvi di pazienza, browser, spirito critico e un mazzetto di aconito.
Se e quando firmerete un contratto di rappresentanza, l’agente pretenderà l’esclusiva per un determinato periodo di tempo, per la semplice ragione che non ha senso per più agenti promuovere la stessa opera sullo stesso territorio: genererebbe una confusione dalla quale districarsi sarebbe complicatissimo. Fino ad allora, però, nulla vi vieta di contattarne vari e scegliere quello con il quale vi trovate più in sintonia. Assicuratevi di spulciare il suo portfolio: se i suoi autori pubblicano sempre con gli stessi due-tre editori (o peggio, sempre con lo stesso, anche se con vari imprint), è probabile che qualcosa non torni.
Il primo passo è inviare all’agente un’e-mail di presentazione nella quale chiedere se è interessato a leggervi e a considerare di prendervi in rappresentanza. La lettera di presentazione dovrebbe partire con una descrizione accattivante del vostro romanzo – pensate a cosa immaginereste scritto in quarta di copertina – e terminare con una descrizione sintetica dell’opera (genere, lunghezza, fascia di pubblico) e un breve cenno autobiografico.
Alla lettera di presentazione andrebbero allegati:
Le prime 10-20 cartelle dell’opera, e per favore fate vedere sin da subito che sapete il fatto vostro: non gli inviate 20 fogli word in Comic Sans a cinque punti di grandezza per dargli più roba, non fa una buona impressione. Una cartella editoriale sono 1,800 caratteri, spazi inclusi, magari in un sobrio Times New Roman o Helvetica: abbiate pietà dei nostri occhi.
Una sinossi completa dell’opera. Sembra contro-intuitivo, ma un agente ha bisogno di capire come è stata sviluppata la trama per rendersi conto se, in prima battuta, un romanzo funziona. Meglio ancora sarebbe mandargli una scaletta (una descrizione degli eventi salienti della trama, capitolo per capitolo) e, se la vostra trama saltellasse allegramente avanti e indietro nel tempo, la fabula (una descrizione degli eventi salienti della trama in ordine cronologico). Vi anticipo un dubbio: “OmmmiodddiodevoregistrarloallaSIAE altrimenti mi copiano l’idea” non ha alcun senso. Le proposte che riceviamo sono tante: se la vostra spiccasse tra le altre, sarebbe molto più semplice offrirvi un contratto.
Il vostro curriculum editoriale. Fate sapere all’agente se avete già pubblicato e con chi (va benissimo dire “è il mio primo romanzo”). Evitate però di gonfiarlo menzionando premi poco rilevanti o pubblicazioni con editori a pagamento: li sappiamo riconoscere, e poi diventiamo tutti zanne e artigli.
Consultate in qualsiasi caso le linee guida sui siti delle agenzie: non tutti lavorano alla stessa maniera, e non tutti accettano proposte tutto l’anno.
Fatto questo, ci sono due possibilità: se all’agente l’estratto piace, vi chiederà di mandargli il manoscritto completo. Se, in qualsiasi punto del processo, si renderà conto che qualcosa nel romanzo non funziona, ve lo comunicherà. Alcuni vi proporranno una scheda di lettura per individuare le criticità del testo e dove intervenire, oppure – nel caso intravedessero la possibilità di un buon romanzo – un editing; si tratta in questo caso di prestazioni professionali a pagamento. Un buon agente non si fa assolutamente problemi se preferite lavorare con un altro editor: quello che conta è che, alla fine, gli mettiate tra le zampe un romanzo vendibile.
La cattiva notizia è che questo non è necessariamente il preludio di una rappresentanza: non è scontato che il risultato finale sia un’opera matura e presentabile. Quella buona è che, se è bravo, dopo che avrà annusato, assaggiato e sbranato il vostro romanzo, sarete un pochino più vicini a quel “dannatamente buono” che tutti rincorriamo.
In bocca al lupo!
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Alexander von Prellwitz è agente e editor per Eulama Lit. Ag. da vent’anni. Tiene laboratori di scrittura creativa con Eulama Litlab, focalizzati sulla narrativa di genere. Potete contattarlo su [email protected] o su [email protected]