Linda non mi obbliga mai a fare le cose. Dunque quando ha visto questa piccola infografica che ho realizzato per Lux Lab, non mi ha assolutamente chiesto di crearne una versione estesa qui. Sia mai.
Quindi ho messo in pausa il mio scrivere zozzerie assolutamente non PG13 e ora sono qui, a spiegarvi l’ABC del romance.
Posso già sentire il suono delle vostre voci nell’aria arrivarmi alle orecchie sotto forma di lamentele, perché dai, chi è che non lo sa cos’è il romance? Sono gli Harmony, quei romanzetti frivoli e banali letti ogni giorno da migliaia di casalinghe di Voghera che non prendono abbastanza virile verga (stay tuned per la live sull’argomento sul profilo Instagram di Ultima Pagina venerdì 5 aprile 2024) dai mariti e devono consolarsi così, leggendo sciocchezze volgari e prive di profondità (sulle credenze popolari del romance ci torniamo dopo).
E ora immaginatemi mentre vi vengo a cercare a casa e vi prendo a schiaffoni, giusto per rimanere in tema di frivolezze.
Ci sono 2 regole fondamentali nel romance
- La storia d’amore tra due o più persone deve essere la colonna portante del romanzo (non può essere una sottotrama, non può essere una side quest, deve essere la parte centrale del romanzo e relativo end game).
- Deve esserci un lieto fine per la coppia o triade o chi per essa principale (la morte non è considerata un lieto fine).
Perché la morte non è considerata un lieto fine? Perché se alla fine muoiono non è un romance. È una storia d’amore tragica, è qualsiasi altra cosa, ma non romance per definizione. Possono schiattare tutti i comprimari, ma i protagonisti devono vivere felici e contenti. Potete pure mutilarli, far saltare loro una gamba, farli diventare ciechi (Jane Eyre lo insegna, dopotutto), ma alla fine devono essere vivi, vegeti e felicemente innamorati.
Ci sarebbe una terza regola accessoria: - A parte la tematica romance, il romanzo può essere di qualsiasi altro genere/sottogenere.
Perché è invece specificare questo? Per la questione “credenze popolari” che dicevo prima, il fatto che si pensi al romance istantaneamente come, appunto, all’Harmony, a lui che salva lei, all’amore che risolve ogni cosa, lei che si innamora del bruto di turno (vi lamentate di After quando Emily Brontë ci è arrivata 167 anni prima di Anna Todd), quando invece la banalità è che romance è un termine ombrello che può raccogliere una valanga di storie, dalla fantascienza al thriller, al giallo a mille altri sottogeneri.
Perché leggiamo romance, dunque, se sappiamo già come va a finire?
Per lo stesso motivo per cui leggiamo gialli nonostante sappiamo già che l’investigatore risolverà l’indagine, per lo stesso motivo per cui leggiamo fantasy pur sapendo che Frodo riporterà l’anello al Monte Fato, per lo stesso motivo per cui leggiamo una distopia pur sapendo che ci sarà la ribellione che sovverte il sistema governativo: per il come.
Come dice un famoso detto: l’importante è il viaggio, non la destinazione. Per il romance vale lo stesso identico principio, ovvero scoprire cosa porterà insieme i protagonisti ad amarsi e tutte le loro vicissitudini.
Le origini del genere romance
Parliamoci chiaro: c’è senza ombra di dubbio un fondo di verità in questa credenza che “Harmony = romance”, ma la domanda che ci dovremmo porre è “perché?“.
Perché molto banalmente viviamo in un Paese piccolo (sì, l’Italia è un paese piccolo, minuscolo persino, per certi versi) dove si può accogliere solo un certo numero di storie, ma la storia del romance non nasce certo con gli Harmony. Nasce ben prima, nello specifico nel 1813 con Orgoglio e Pregiudizio, dalla penna di Jane Austen (sebbene Ragione e Sentimento sia uscito due anni prima, ma quello più importante è il secondo).
Ma se noi leggessimo Orgoglio e Pregiudizio, o anche libri come Jane Eyre (di Charlotte Brontë) ci renderemmo subito conto che la percezione di romance che abbiamo non è certo quella attuale, ma di sicuro le regole sono sempre le stesse. Mentre Cime tempestose, di Emily Brontë, è la dimostrazione che abbiamo per le mani sì una storia d’amore, tragica e terribile, ma non un romance per via del finale che si contrappone in maniera netta a quello di Jane Eyre, scritto dalla sorella.
Anzi, è proprio a Cime tempestose che dobbiamo la nascita di tanti “romance” francamente aberranti di cui non farò il titolo, ma che se siete entrati in libreria negli ultimi vent’anni sapete di cosa sto parlando.
Ma come si è arrivati alla percezione errata di “romance = solo certi tipi di storie”?
Nel 1931 Liala pubblica il primo di una lunga serie di romanzi romance. Autrice prolifica e capace, tutto quello a cui è ridotta nella credenza popolare è per storie frivole, banalotte, prive di spessore. Eppure i romanzi di Liala, per quasi vent’anni, ebbero uno sfondo militare ispirato da quelli che all’epoca erano ritenuti gli eroi dell’Areonautica Militare. La sua scrittura era elegante e forbita, ma parlava di storie d’amore. Dunque di cose “non all’altezza”.
Nel 1933 nasce Lei (conosciuta poi come Annabella), la rivista di cui parte della gestione fu affidata a Giorgio Scerbanenco (sì, quello dei noir), che introdusse il concept dei racconti e dei romanzi rosa a puntate, che poi successivamente ha portato ad avere un’erede come Intimità (che, citando mia madre, grande fan quando io ero piccola, “ha letteralmente dentro la versione corta degli Harmony che poi compravo in edicola”), che dei racconti rosa brevi ha fatto un cavallo di battaglia.
E nel 2023 fa nascere Romance, titolo semplice, ma esemplificativo del contenuto, una rivista che propone lo stesso identico target: brevi racconti romance. Ma al contrario delle riviste che la precedevano, Romance gioca un po’ più con i sottogeneri.
Lo stereotipo del romance
Arriviamo dunque al nocciolo della questione, che è quello che fa saltare i maschietti sulla sedia. Come abbiamo già detto insieme a Linda nel nostro panel al Festival del Romance 2024 (puoi leggere anche il resoconto dell’evento sul blog), c’è un pregiudizio di fondo…
E a ripeterlo ogni volta mi sento un po’ come Manuel Agnelli che a tutte le interviste dice “c’è un problema con i numeri nella musica e la concezione che se non riempi San Siro non sei nessuno” (problema che esiste anche nella letteratura, non credete, solo che i numeri sono quelli dei social e San Siro sono i seguaci su Wattpad), ovvero che il romance è percepito come una cosa da femmine, quindi naturalmente inferiore.
Nel 1981, ovvero quarantatré anni fa, Mondadori fa una joint-venture con la canadese Harlequin Enterprise e nasce la collana Harmony, celeberrima collana da edicola di romance che nel 2015 passa a HarperCollins, sdoppiandosi: dal lato HC abbiamo Harmony e dal lato Mondadori abbiamo ora la collana I Romanzi, che è letteralmente la stessa identica cosa. Collana da edicola che va ad affiancarsi a Urania, Segretissimo e Gialli Mondadori e poi si aggiungerà in seguito la sfortunata Biblioteca di Fantasy.
Succede però una cosa strana: per rientrare nella foliazione da edicola, a chi traduceva era richiesto di tagliare le parti ritenute “di troppo” e di adattare in maniera più soft e fantasiosa le scene di sesso.
La tumida verga e la perla del piacere nascono proprio qui e io, personalmente, l’ho scoperto solo qualche anno fa quando, avendo finalmente imparato l’inglese, mi lanciai nella rilettura di quei libri romance che tanto avevano accompagnato la mia vita (ma solo quelli storici poiché, dovendo leggere quelli che comprava mia madre, erano gli unici ammessi. A lei il romance contemporaneo faceva “proprio cagare” – cit. letterale – e quindi ho letto valanghe di regency, western, medievali, ecc.) per scoprire, con mio sommo sgomento, che non solo erano molto più lunghi della loro versione italiana, bensì erano pure molto più espliciti.
Niente perle del piacere dunque, invenzione tutta italiana, che però ha preso dei bei romanzi, spesso anche molto profondi, per macellarli e farli rientrare in un certo tipo di scatola. Questo però, unito anche alla diffusione di altri media, come la televisione e internet, hanno portato la società a intendere il romance (o narrativa rosa, se ci sentiamo autarchici), come quella cosa che non si sa bene cos’è, ma che sicuramente ha a che fare con gli Harmony, con Anna Premoli, con Erin Doom, con 50 sfumature di grigio, con Twilight o con chissà cos’altro.
Eppure il romance può parlare di un sacco di cose. Vogliamo rimanere nel genere contemporaneo? Però vi parlerò solo di romance LGBT, perché è il mio settore e mi è stato promesso che potevo farmi la marchetta da Linda.
Romance (solo apparentemente) fuori dagli schemi: disabilità, problemi sociali e tematiche LGBT
Abbiamo libri romance come Harley o Vento di Scirocco, libri di una magnificenza che ha dell’incredibile. Il primo, di L.R. Jackson e Maggie Solomon (purtroppo il loro canto del cigno, dato che è stato il loro ultimo libro), narra il punto di vista incredibile e terribile di un ragazzo normodotato che si ritrova a intrecciare una relazione romantica con un ragazzo paralizzato dalla vita in giù. È stato uno dei romanzi che più mi ha “ferita”, nel senso buono del termine.
Il secondo invece parla di problemi di dipendenza dalla droga, ma lo fa in una Palermo così vivida da sembrare vera. E Chiara D’Agosto si riappropria del linguaggio della sua terra, facendo un bel dito medio a certi romanzi, portando l’amore dove non dovrebbe starci.
Io stessa ho parlato di tematiche che nel romance tradizionale è difficile trovare, perché ritenute appartenenti a un altro tipo di letteratura. In Distorsioni ho parlato di poliamore e bisessualità, accettazione di sé e di dipendenze dalla droga. Ne Il nuovo prof ho preso il mito di Lolita e l’ho ribaltato per trattare una relazione tra uno studente e un professore di 30 anni più grande e parlare di consenso nella sfera sessuale.
Ma tutto questo non è abbastanza per scardinare i pregiudizi su un genere che durano da quasi cinquant’anni. L’unica cosa che si può fare è continuare a scrivere e a inserire tematiche che una volta nessun editore avrebbe mai accettato in un romance, ma farlo sempre seguendo le due regole principali di cui parlavamo all’inizio. Pensate che, se lo facesse un uomo, avremmo un nuovo Premio Strega.
Sto dicendo che c’è un problema di misoginia e patriarcato? Sì, perché per quanto ci piaccia credere di essere intelligenti, la realtà è che siamo tutti figli e figlie della nostra società. Appare dunque normale realizzare che abbiamo interiorizzato un certo tipo di messaggio e linguaggio che ancora oggi è usato come arma verso chi scrive romance (che ricordiamo, non sono solo donne, per quanto l’idea piaccia a molti).
Quando ho iniziato a scrivere romance mi offendevo tantissimo quando denigravano quello che stavo facendo, ma ora non più. Conosco bene le regole del romance, quando vedo spazi per farlo (come questo) cerco di spiegare e fare divulgazione sull’argomento, ma mi sono resa conto di una cosa importante: non posso predicare a gente che non vuole ascoltare. Quindi quando mi trovo davanti a maschi misogini che si credono grandi intellettuali perché leggono gialli e a donne che smaniano per l’approvazione maschile al grido di “pick me! I’m different! I read horror and fantasy! Pick me!” l’unica cosa che si può rispondere è:
Gli edit post articolo
In questa sezione implementerò eventuali risposte a discussioni in corso, al fine di rendere più completo questo articolo e coprire più argomenti possibile
Edit 1: differenze tra chick-lit e romance
Pur presentando alcuni elementi in comune con il tradizionale romanzo rosa, il romanzo chick lit tende a essere umoristico e post-femminista nella sua rappresentazione della vita e dei rapporti sentimentali. Le protagoniste sono di solito donne dinamiche, alla moda, fra i venti e i quarant’anni, che vivono in grandi città (per esempio Londra o Manhattan) e lavorano in settori come l’editoria, la pubblicità, la finanza o la moda. Lo stile della narrazione tende a essere irriverente anche (o soprattutto) sugli argomenti sentimentali e sessuali.
Da Wikipedia
Pur essendoci somiglianze, possiamo dire che ci sono delle differenze. Un chick-lit può non essere necessariamente romance, in quanto il fine ultimo è quello di raccontare in modo umoristico le avventure romantiche e sessuali della protagonista. Tutto questo però non comporta sempre un lieto fine, né la relazione tra due o più persone è la componente principale della storia. Lo è invece il percorso della protagonista, che può intrecciare una o più relazioni all’interno della storia, ma non per forza possono finire bene.
Di conseguenza possiamo dire che un chick-lit può essere romance come non esserlo. Rimandiamo sempre alla regola dei sottogeneri.
Edit 2: ma a me l’happy ending non piace, è tutto troppo telefonato! Non mi piace sapere subito che Cosina e Cosone staranno insieme alla fine!
E sticazzi. Sapete cosa non piace a me? Il fantasy. Lo detesto. Sul serio, ma non ne faccio un dramma o una lotta personale. La maggior parte dei fantasy che ho letto sono copie carbone de Il signore degli anelli o peggio, gente che ha scritto le proprie ruolate di D&D. Per non parlare di gente che ha scritto fantascienza, salvo scopiazzare Star Trek e Mass Effect, eppure siamo ancora tutti vivi.
Sono certissima che anche voi possiate sopravvivere con la consapevolezza che nel romance Cosina e Cosone devono arrivare vivi e insieme alla fine della maratona.
Oppure potete fare qualcosa di assolutamente controverso: non leggerli e basta, senza aggiungere altro. Si può fare, giuro.
Edit 3: la maggior parte dei libri romance fa schifo
E di nuovo: sticazzi? È la legge dei grandi numeri, ragazzi. Con così tanti libri immessi sul mercato è del tutto normale che il rischio di prendersi una sola è aumentato del 900%. Succede in tutti i generi letterari, solo che la percezione è decisamente più elevata nel romance in quanto il loro numero supera di gran lunga quello delle altre tipologie di generi.
Come si risolve questo problema? Innanzi tutto con il passaparola. Fatevi consigliare da chi ne sa più di voi sull’argomento e che possa consigliarvi come si deve. I primi due titoli che vi ho consigliato in questo articolo sono non tanto un punto di partenza, quanto l’end game perché per me rappresentano il punto più alto di questo genere, il resto può solo accompagnare – miei libri inclusi – tuttavia sono quelli che consiglio sempre a chi vuole approcciarsi a questo genere perché dimostrazione che la “letteratura alta” esiste anche nel romance.
- Scritto da
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Daniela Barisone, classe 1986, milanese.
È illustratrice e fumettista, scrive libri per Lux Lab e Quixote Edizioni.
Ama tantissimo i videogiochi e scrivere romance LGBT+
Sottoscrivo tutto, eccetto che il fantasy da schifo, ma questi sono gusti e non preconcetti 😜😘
Noooo, povero fantasy 🥹
Chiesto, appunto. Non obbligata 😌