Un paio di giorni fa, su Repubblica è uscito un articolo che ha fatto parlare tantissimo di sé per via del titolo decisamente allarmante:
L’incipit rincara la dose:
Il 30 per cento dei libri pubblicati non vende una copia, o al massimo ne vende una. Tra tutti i libri usciti nel 2022 nemmeno 35mila hanno raggiunto le 10 copie vendute. A dare i numeri, preoccupanti, sul mercato dei libri che vede da una parte crescere esponenzialmente chi scrive e dall’altra scendere chi legge, sono le librerie indipendenti, riunite da Cat (Centro assistenza Tecnica) Confesercenti Emilia-Romagna sulla base di uno studio di Nomisma. Che, dati Istat alla mano, ci offre un quadro a livello nazionale tutt’altro che rassicurante. Vediamo nel dettaglio qualche cifra.
Il problema è che le cose non stanno affatto così. Vediamo i dati reali.
Lo studio Confesercenti-Nomisma
Sfortunatamente, lo studio non è disponibile per la consultazione: è stato presentato il 29 giugno attraverso una diretta sy YouTube, che potete vedere qui; i problemi sono molteplici.
Dal sito di Confesercenti possiamo leggere che “Lo studio ha convolto con interviste qualitative tutta la filiera, dai distributori alle librerie ed ha esaminato gli stili di lettura degli emiliano romagnoli rilevando in particolare la loro percezione sul ruolo e servizi offerti dalle librerie indipendenti.”
Il titolo dello studio, tra l’altro, è “Il ruolo e il posizionamento delle librerie indipendenti – uno sguardo su Italia ed Emilia Romagna”. Leggiamo anche che “Organizzato da Confesercenti E.R., insieme al Sil (Sindacato italiano librai e cartolibrai) e Cat Confesercenti E.R., il convegno intende approfondire i dati della ricerca commissionata a Nomisma sul “Ruolo e posizionamento delle librerie indipendenti in Italia e in Emilia Romagna” e condividere riflessioni sulle iniziative di successo promosse dai librai indipendenti aderenti al SIL.“
Ci troviamo dunque di fronte a dati che si riferiscono unicamente alle librerie indipendenti e alle abitudini d’acquisto della regione Emilia Romagna e non alla situazione nazionale, come invece lascia intendere l’articolo di Repubblica.
Inoltre non si basa su dati Istat, bensì su interviste qualitative svolte su tutta la filiera – ma su che campione? Com’è stato selezionato? Non per mettere in dubbio la qualità dello studio, semplicemente per evidenziare che non siamo in possesso dei dati e non possiamo trarre alcuna conclusione.
Aggiungiamoci anche che, in tutti i report, mancano sempre i dati di Amazon, che non vengono mai diffusi.
Ma quindi da dove arrivano questi dati sul 30%?
Probabilmente da qui.
E da qui.
Un enorme grazie a Chiara Beretta Mazzotta che ha fornito i due spezzoni di video.
Quali sono i dati reali?
Se volete farvi un’immersione in dati veri sull’editoria, qui potete trovare i dati Istat nazionali relativi all’anno 2021.
Possiamo vedere che nel 2021 sono state pubblicate 53’861 prime edizioni e 30’929 ristampe. Questi dati riguardano unicamente l’editoria tradizionale, non sono inclusi i dati di produzione in selfpublishing.
E le vendite? “Fatturato in aumento per un editore su tre – L’andamento del fatturato dichiarato dagli editori a conclusione del 2021 evidenzia un notevole miglioramento rispetto al 2020, a conferma della forte ripresa del mercato editoriale dopo l’emergenza pandemica.” (pagina 6 del pdf Istat).
L’editoria non sta particolarmente bene (da almeno vent’anni) e no, non siamo un Paese che conta un gran numero di lettori, questo lo sappiamo. Però, a mio parere, non ha molto senso raccontarci che la situazione è ancora peggiore di quanto sia in realtà. Non trovate?
Nata nel 1991 nella nebbiosa Rovigo, si è diplomata al Liceo delle Scienze Sociali; nel 2014 si è trasferita a Palermo e nel 2015 a Torino, dove vive attualmente sperando di non dover fare altri traslochi. Non scrive ma ama i libri, internet, il rosso e le serie tv. A 12 anni si è innamorata dei forum e ha iniziato a crearli: nel 2008 ha fondato, cresciuto (e venduto otto anni dopo) Writer’s Dream. Nel 2016 ha dato vita a Ultima Pagina.
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Capisco i dubbi sulla validità dello studio, ma questi dati non escludono che lo studio pubblicato da Repubblica possa essere, se non preciso, almeno realistico.
Per mettere in dubbio la validità dello studio dovrei poterlo leggere 😀 In realtà io metto in dubbio proprio i dati forniti da Repubblica: non è affatto verosimile che un libro non venda nemmeno una copia. Ti riporto un paio di obiezioni ricevute:
“Eh, ma gli editori a pagamento?”
Proprio loro vendono centinaia di copie per contratto ai propri autori, come potrebbero non vendere neanche una copia?
“Ma le micro CE senza diffusione?”
Dovrebbero esserci 15mila titoli (all’incirca) i cui autorə non hanno nemmeno un parente o un amico che compra una copia del loro libro – o a cui suddettə autorə non regala loro una copia.
Credo invece che il dato sia del tutto realistico e veritiero. Innanzi tutto Lei sbaglia quando menziona l’editoria a pagamento, perché confonde tra vendita e semplice STAMPA di un libro. A parte il fatto che l’EAP è una vera e propria bidonata, per spillare soldi a illusi. Ma non ha alcun rilievo che l’autore Tizio abbia fatto stampare 200 copie del proprio libro, se poi non le VENDE, e non matura delle royalties, dei diritti su ogni vendita. E non ha alcun valore che Tizio abbia poi regalato 10-12 copie del suo libro a parenti ed amici, perché se li regala non prende diritti d’autore. Quindi è del tutto possibile che circa il 30% dei libri stampati poi non vendano nemmeno una copia (o al massimo 1) in libreria, e vengano resi agli editori dai librai. Anche perché in Italia si pubblicano oltre 70.000 titoli, e sicuramente è del tutto possibile che circa 20.000 non riescano a vendere nulla o quasi. Ma a chi volete che interessi il libro di poesie o il romanzetto di Vattelapesca? Basta fare un giro nelle librerie, e si vede subito che perfino i titoli che stanno vendendo bene rimangono esposti solo poche settimane, e poi lasciano spazio ad altri. Poi ci sono i romanzi “classici” e i testi “evergreen” che restano anni negli scaffali. Ma se le librerie dovessero ospitare i circa 200 libri che escono ogni giorno, non avrebbero nemmeno lo spazio per metterli negli scaffali.
Che fatica. Ma perché dobbiamo star qui a discutere delle TUE IDEE vs DATI STATISTICI? Leggiti i dati Istat contenuti nell’articolo prima di uscirtene con “lei confonde stampa e vendita” – e dai un’occhiata al sito in cui ti trovi prima di spiegare a noi che cos’è l’EAP 🤦♀️
Nossignora, NON sono “mie idee” è la descrizione VERA di quella che è l’editoria a pagamento, e di quelli che sono i VERI DATI STATISTICI, che non sono i tuoi.
Evidentemente sei tu che non hai nemmeno letto bene quell’articolo di Repubblica, che riporta proprio i dati ISTAT, e delle librerie indipendenti (CAT), da cui poi è stato tratto lo studio di Nomisma. Ed è perfettamente inutile che dica di conoscere bene l’EAP, perché sei stata TU ad avere riportato i post di quei lettori che invece non sanno cosa sia, perché i libri che vengono fatti stampare a proprie spese e poi vengono in parte regalati a parenti, amici e conoscenti sono stampati, MA NON SONO VENDUTI. Quindi non contano nulla.
E se poi vuoi arrampicarti sugli specchi fai pure, anche perché sei stata l’unica che ha contestato quel dato di Repubblica, che invece molti altri siti web hanno riportato come del tutto attendibile. ANZI! Siccome l’Emilia Romagna è una regione in cui si legge molto, ben più che al Sud e nelle isole, è del tutto probabile che i dati siano sottostimati.
E se poi vuoi avere ragione ad ogni costo, prego accomodati. Tieniti pure la tua opinione.
Ma datti una calmata, innanzitutto. In secondo luogo non me ne frega un tubo di chi l’ha ritenuto corretto e di chi l’ha ritenuto sbagliato: i dati sono dati.
Ah, i libri che l’editore a pagamento VENDE all’autore non sono venduti? Ma davvero? Dici sul serio? Gli editori a pagamento campano esattamente di queste VENDITE, quindi di cosa stai parlando?
I dati Istat sono riportati nel mio articolo direttamente da Istat, c’è il pdf, non ho bisogno di andarli a consultare sull’articolo di Repubblica perché vado direttamente alla fonte, non al mediatore.
Cosa diamine c’entrano le statistiche di lettura dell’Emilia e quelle del sud e delle isole? E poi: prima mi contesti per aver confuso, a tuo dire, stampa e vendita e poi confondi tu lettura e vendita?
Ti avviso, se il tuo prossimo commento ha toni come quello precedente non passa.
concordo sull’analisi di Linda, con tutto rispetto per le librerie della mia regione, anche se risiedo in Veneto da 52 anni, rappresentano il vecchio. Oggi oltre il 50% dei libri viene venduto su Amazon e altre librerie online, che si guardano bene da diffondere i loro dati, ma io che ho 5 libri pubblicati, presenti su Amazon & C. e nei negozi (pardon, nel computer dei librai che ti rispondono: ce l’ho, a cortese domanda del lettore) le prime pubblicazioni del 2012, vendo ogni anno, poco, per l’amor di dio, ma una goccia continua, e senza fare nulla per promuovermi , che tempo non ho. E come me altri colleghi, mai sentito di chi non ha mai venduto nulla (sempre con il sig. Jeff Bezos) magari poco, ma zero no.