Arrivata a quindici anni, la maggiore età per una fanciulla cretese, la corona della madre era diventata lo spartiacque della mia vita: poiché la mia fronte non sarebbe mai stata adorna dei frutti del papavero, sacri a Cnosso, sarei diventata Signora del Labirinto prima che il padre decidesse per me quale corona straniera avrei indossato. Era l’unica scelta possibile. O, almeno, così credevo.
[mks_dropcap style=”square” size=”41″ bg_color=”#bd0000″ txt_color=”#ffffff”]N[/mks_dropcap]ella vita di un lettore – che è anche fan di uno o più scrittori – possono esserci dei momenti di pura e viva eccitazione quando lo scrittore ci informa che sarà disponibile il suo prossimo libro, uniti a tanti altri sentimenti, anche contrastanti.
Quando ho saputo che Laura MacLem (che potete conoscere meglio sul suo blog e sulla sua pagina Facebook) avrebbe reso disponibile il suo nuovo romanzo il venti marzo, l’unica – volendo fare l’international per una volta – parola che ripetevo tra me e me era solo una: hype.
Non è il mio primo approccio a questa scrittrice ed ero davvero elettrizzata all’idea di ritrovarmi catapultata in un mondo che ho sempre apprezzato e che ho adorato leggendo Regina di fiori e radici – romanzo che in due anni ha venduto più di 3000 copie.
Nati due volte: l’età del bronzo e del miele è il primo di una serie di due romanzi che ci presenta una storia forse molto nota, la storia di Arianna, la famosa fanciulla che aiutò Teseo a sconfiggere il Minotauro e che poi fu “piantata in (N)asso” dall’eroe, diventando poi compagna di vita e sposa di Dioniso.
“Tutto qui?”, ci si potrebbe chiedere, e la risposta giusta è “no”: quanto ho appena detto è volutamente riduttivo perché di solito questi sono i punti salienti che vengono ricordati nel mito stesso, come se non ci fosse altro da sapere, oppure perché è soltanto questo su cui, quando si parla del mito, si pone l’accento, rendendo trascurabile qualsiasi altro dettaglio.
“Quindi c’è dell’altro?”: decisamente sì, e l’autrice ci fa scoprire il resto, partendo dagli avvenimenti antecedenti a quelli universalmente noti; non per nulla nessuna grande storia è priva di retroscena, di misteri che permettono alla fantasia di elaborare vicende e che alimentano così le leggende.
Come afferma direttamente la scrittrice, molte sono le teorie e molti sono gli enigmi che non hanno avuto una risoluzione definitive e che ben si prestano a una rielaborazione personale, avendo la libertà di utilizzare il mito – assieme a tutte le congetture possibili e immaginabili – a proprio piacimento. A tal proposito, ho apprezzato molto l’uso dei nomi delle divinità che mutavano a seconda del luogo in cui venivano venerate. Le forze celesti che hanno creato il mondo per gli antichi sono quasi sempre le stesse, sono i nomi a cambiare, segno che l’umanità ha sempre avuto qualcosa in comune nonostante le tante differenze culturali.
Quello che colpisce è il tocco della scrittrice, il suo contributo personale, che è davvero moderno, positivo e femminista. Lo stile, inoltre, è coinvolgente e al contempo ricercato.
La storia ci viene presentata direttamente da Arianna stessa, che diventa voce narrante e nostra guida per quel che riguarda la cultura, la civiltà minoica e anche descrivendoci Cnosso proprio come se la stessimo visitando camminando assieme a lei. Ma c’è di più, perché saremo assieme a lei protagonisti di ciò che alberga nella sua mente e nel suo cuore.
Quando si parla di modernità in un’opera che riprende vicende antiche e mitologiche, il rischio di avere personaggi anacronistici è dietro l’angolo, proprio perché si cerca, grazie al retelling, di inserire eventuali pensieri contemporanei che per l’epoca sarebbero non solo innovativi, ma del tutto fuoriluogo, anche e soprattutto se queste idee sono sostenute dai personaggi. In questo caso abbiamo un’ottima unione di antico e moderno ben gestito. Arianna ci appare come una ragazza, una principessa, una donna che conosce usi e costumi del tempo e che sa come comportarsi facendo riferimento al suo rango, ma che riesce anche a essere ed è una donna cosciente del mondo attorno a lei, che riflette.
In un mondo come quello antico, che ha visto col passare del tempo il ruolo della donna come parte attiva della società ‒ e soprattutto figura dominante nel culto ‒ cedere il passo al dominio della figura maschile, Arianna ci mostra com’era la vita a Cnosso (a Creta le donne godevano di più libertà e autorevolezza rispetto alla Grecia), non senza commentare liberamente, anche solo col suo pensiero, oltre che con le parole.
Abbiamo una figura femminile consapevole di ciò che è e che al contempo vuole scoprire chi è davvero, una ragazza che diventa donna e che desidera soprattutto dimostrare il suo valore come Signora del Labirinto e non esita a scontrarsi con sua madre che non la reputa pronta ad assolvere allo scopo, o anche solo troppo giovane per avere sulle sue spalle un così triste destino, che poi avrà i risvolti che noi tutti conosciamo.
«Sapevo a cosa andavo incontro.»
«Saperlo non cambia niente, Aridela. Per nessuno. Neanche per coloro a cui una scelta è concessa.»
Le sue azioni ci vengono presentate direttamente da lei, e Arianna non esita a mostrarci il suo rapporto con i fratelli, con i genitori, cosa pensa della politica, e prende decisioni spontanee, che partono da lei sola.
La figura della principessa di Creta ha più sfaccettature: da un lato è la principessa che presenzia anche alle sedute delle controversie che il re di Creta, Minosse, è tenuto a giudicare, che partecipa alle cerimonie sacre e anche la sacerdotessa del Labirinto, grazie al cui filo riuscirà sempre a trovare la strada giusta e dall’altro è una donna che abbandona la propria casa, la propria famiglia, il proprio titolo ‒ “traditrice di traditori” verrà chiamata ‒ e si trova persino abbandonata da un uomo che le aveva detto di amarla.
Dall’altro lato è ancora una donna, umana tanto quanto tutti noi nel commettere i nostri errori, risulta vincitrice perché si rialza dopo aver sofferto, e che riesce a trovare anche l’amore.
Dioniso ha scelto Arianna come sua sposa e, pensando per un istante all’immaginario comune della “fanciulla abbandonata, disonorata”, se vogliamo far riferimento all’errata ‒ ma per il tempo valida ‒ concezione della “vera donna” intesa come donna che ha conosciuto solo un uomo, una domanda sul perché abbia scelto proprio lei potrebbe far capolino nella nostra mente. La versione dei fatti di Laura MacLem presentataci dalla stessa Arianna è un’affascinante risposta a questo interrogativo.
In tutto il libro vediamo Arianna col suo fuso, che le permettere di avvolgere il filo usato per la sua danza, la danza dei culti misterici del Labirinto. Tante possono essere le interpretazioni del filo in sé, come anche proprio la presenza dell’”elemento filo” nella mitologia e, come le Moire possedevano quello del destino di tutti gli uomini, la principessa di Creta ne possedeva uno proprio, che assolveva il compito di cercare di dare un ordine al labirinto, simbolo del caos primordiale, il cui cammino sinuoso può condurre allo smarrimento, se non percorso con criterio, con ragione.
“In principio era il Caos, buio e informe. Ribolliva. Macerava. Unico in se stesso, fermentava come mosto nella giara, in fondo alla grotta più scura. E quel ribollire e quel fermentare era confuso, privo di ritmo, poiché il ritmo è dato dalla vita e la vita non esisteva. Il Caos non poteva diventare Cosmo”.
Ordine e caos si sono incontrati, in un incontro forse segnato dal fato, e che ha permesso a qualcuno di scegliere di seguire la rotta tracciata dal filo del destino, scegliendo al contempo di vivere il sentimento che li legava.
Perché, come il caos ha bisogno dell’ordine per dare vita alla creazione e l’ordine ha bisogno del caos per distruggere di modo che il ciclo sia perenne, soggetto e oggetto del cambiamento, anche Arianna e Dioniso hanno bisogno dell’altra persona, della presenza dell’altro, del loro modo di essere e vivere in apparenza così antitetico, ma che, a differenza dell’ordine e del caos, permette un incontro non per completamento, ma per compensazione.
Sicuramente avremo sentito, almeno una volta nella vita, una frase tipicamente detta dagli innamorati ovvero “l’altra persona mi completa”: il senso di completezza implica che prima di incontrare la persona amata si fosse incompleti, privi di qualcosa che ci sfuggiva, manchevoli nella propria essenza. Questo è ciò che avviene al Caos che diventa Cosmo grazie all’Ordine dato dalla danza di Gaia, permettendogli di avere una forma.
Compensarsi, al contrario, sottintende che noi come persone abbiamo un’essenza del tutto nostra che non deve essere colmata dalla presenza di nessun’altra persone e, sia nei pregi sia nei difetti, siamo comunque creature capaci di vivere per e con noi stessi. Questo è ciò che accade invece ai due amanti. Perché si sono scelti, perché in essi vivono già caos e cosmo, anche se non lo percepiscono del tutto, e sono così creature che vivono di sé e per sé. Il loro è quindi un bilanciarsi, un incontro a metà che permette loro di essere una coppia, un uno, senza dimenticare la loro individualità. Un amore, quindi, che non vede nella sua realizzazione il dover rinunciare a una parte di se stessi o a tutto.
E quando, ormai senza più fiato, ma incapace di smettere, perché la follia del caos si era impadronita di me, era ordinato e ritmato dalla danza, era vivo e splendido, ma pur sempre caos, e io ero davvero senza fiato quando barcollai, mi ritrovai tra le sue braccia, e scoprii che ridevo.
Il titolo rimanda al mito di Dioniso, nato due volte dopo una seconda gestazione divina, ma qui abbiamo un plurale che parla chiaro: due sono le persone nate due volte, due sono le entità che hanno perso qualcosa e che hanno ritrovato loro stessi, anche grazie alla presenza dell’altra persona e che scelgono di compiere un percorso assieme, alla pari.
Nati due volte: l’età del bronzo e del miele è un romanzo che ha tanto da dire, proprio come la sua protagonista, che ritroveremo anche nel seguito dal titolo Nati due volte: l’età del vino e del ferro e il lettore non potrà fare a meno di notare che la vera eroina è lei, che sa benissimo di aver scelto spontaneamente di agire, di giungere negli abissi delle tenebre e di tornare alla luce.
E saprà anche farsi ascoltare, se noi sceglieremo di leggere la storia che non aveva mai raccontato fino a ora.