Mantova è una città piena di vita, in quei cinque giorni e può tranquillamente capitare di ritrovarsi a cena nel tavolo accanto a un ospite del festival. E questa è forse una delle cose più belle dei festival letterari rispetto alle fiere del libro classiche: non un luogo chiuso in cui concentrare tutti gli eventi, ma una distribuzione di luoghi che permette di vivere pienamente la città e visitarne le bellezze, annullando, a passeggio per la via centrale, di fronte a un monumento o a una fetta di torta sbrisolona, le distanze tra chi partecipa agli incontri come ospite e chi invece come pubblico.
Se si va al Festivaletteratura per la prima volta, però, questa sua bellezza rappresenta anche una delle sue più grandi pecche. Tanti eventi, in tanti luoghi diversi della città non sempre vicinissimi, a volte con orari sovrapposti, che obbligano a una scelta e, inevitabilmente, a perdere qualcosa, vista anche la difficoltà a muoversi per la città senza le adeguate istruzioni. Forse qualche punto informazioni in più, o un banco accoglienza dedicato e ben contrassegnato in piazza Sordello, dove si concentra l’attività principale del Festival, avrebbero aiutato a ridurre un po’ quell’effetto un po’ dispersivo che inevitabilmente si prova guardando la mappa dei luoghi degli eventi per la prima volta.
Gli incontri con gli autori, a parte qualche eccezione, sono per lo più a pagamento. Ed è necessario prenotare i biglietti con un buon anticipo per essere sicuri di riuscire a partecipare. Decidere di andare al Festivaletteratura non è quindi una cosa che si può fare all’ultimo momento, ma richiede una certa programmazione, per riuscire a trovare i biglietti per tempo – o una certa fortuna, se decidete invece di affidarvi ai bagarini che si trovano davanti alla biglietteria, sempre pronti a vendite e scambi. Certo, gli spazi sono limitati ed è giusto che ci debba essere un sistema per regolare in qualche modo l’afflusso di persone, ma bisognerebbe forse rendere in qualche modo più flessibile il sistema di acquisto. E, soprattutto, bisognerebbe dare più spazio agli eventi gratuiti, considerando l’enorme quantità di sponsor che ha investito nel festival. È un peccato che un evento debba durare solo 20 minuti, come per esempio quelli tenutisi nel bellissimo cortile di Palazzo Castiglioni, in cui ogni ospite ha raccontato il libro dei suoi 20 anni, (va bene voler festeggiare questo ventesimo compleanno del festival, ma lasciare ai lettori più tempo per ascoltare i propri scrittori preferiti sarebbe stato un regalo sicuramente migliore) o 30, come Gli accenti presso la tenda Sordello, in cui allo scadere del tempo l’ospite veniva proprio fermato, soprattutto visto il livello degli oratori e degli argomenti trattati e l’interesse di chi ascoltava.
Anche negli eventi a pagamento c’è qualcosa che non convince del tutto. La cifra, mai inferiore ai 6€, in primo luogo, ma anche quell’unione tra l’aspetto culturale e quello puramente commerciale, che viene ribadita in ogni momento. È un festival, chi ci ha investito i soldi deve anche avere un qualche ritorno ed è giusto così, ma che prima di ascoltare David Mitchell, per esempio, vengano distribuite spugne e dischetti di cotone “omaggio dello sponsor” toglie sicuramente un po’ di poesia al tutto.
Ovviamente, oltre agli eventi, agli spettacoli e agli ospiti, al Festivaletteratura ci sono anche i libri. Tutto ruota attorno alla Tenda dei libri in piazza Sordello: lì si vendono i libri nuovi, principalmente quelli degli autori presenti al Festival, con una bella sezione anche di libri in lingua originale, ma anche in generale i libri più significativi di determinati editori. Un luogo carino, in cui però ci si riesce a muovere solo se non particolarmente affollato, vista anche la dimensione poi non così grande. (se non avete voglia di stare in mezzo alla calca, quasi tutte le librerie della città vendono comunque i libri degli autori presenti al festival). E poi, sotto i portici di Palazzo Ducale, per tutti e cinque i giorni del festival ci sono alcune bancarelle di libri usati, in cui si trovano facilmente prime edizioni e testi anche molto antichi. (In più, sabato 10, si è tenuta un’edizione straordinaria di Libri sotto i portici, il mercatino di libri usati che solitamente si tiene in città la prima domenica di ogni mese).
Una menzione speciale va sicuramente a tutti i volontari che lavorano al Festivaletteratura: sono per lo più ragazzi in età preuniversitaria e universitaria, che svolgono quasi tutte le mansioni che un festival di questa portata richiede e che forse non hanno il giusto riconoscimento che si meritano (ne ha parlato anche Chiara Beretta Mazzotta su BookBlister).
Il Festivaletteratura è sicuramente un grande festival letterario. Per il grande numero di autori, italiani e internazionali, che riesce a portare in città, per l’aria che si respira e la passione che traspare da tutti coloro che vi partecipano, come ospiti e come pubblico, e per l’enorme contributo che dà alla diffusione dei libri e della cultura. Pecche sicuramente ce ne sono e forse in qualche modo si dovrebbe provare a risolverle. Così come ci sono sicuramente tante, tantissime cose che invece funzionano bene (per menzionarne una, la scelta degli interpreti, sempre all’altezza della situazione). E passeggiare tra quelle vie, quelle piazze, quella tenda e tutti quei luoghi dove si fa cultura, è un’esperienza che ogni addetto ai lavori, ma anche semplice appassionato, dovrebbe fare almeno una volta nella vita.
Elisa Ponassi è nata nel 1985 e vive a Tortona. Traduttrice, editor, e soprattutto appassionata lettrice, dal 2009 (s)parla di libri e di letteratura sul blog La lettrice rampante.
Da sempre grande sostenitrice dell'idea che si possa parlare di libri anche senza prendersi troppo sul serio, ha un'insana passione per i pois.
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