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Madri che non sanno amare: La figlia sbagliata di Raffaella Romagnolo

Scritto da

Elisa Ponassi

Pubblicato il

21 Giugno 2016
La figlia sbagliata
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Se tra una passata e l’altra si fermasse a guardare in volto Pietro Polizzi, cosa che Ines fa di rado, si accorgerebbe dell’incipiente pallore e di una lieve impressione di secchezza della pelle, causata dal blocco del flusso sanguigno… Pietro aveva un bel fascino, pensa Ines. Ma di certo non era bello come il loro primogenito. Vittorio è molto più alto, e poi il taglio degli occhi, le ciglia, le spalle… Anni di nuoto gli hanno modellato il corpo. Avrebbe potuto diventare un campione dice… È sempre stato giudizioso, d’altronde, anche da bambino. Un amore di bambino… Bambini così ce n’è uno su un milione, pensa. È stata fortunata, molto fortunata. Due sarebbe chiedere troppo.

[mks_dropcap style=”square” size=”41″ bg_color=”#bd0000″ txt_color=”#ffffff”]U[/mks_dropcap]n sabato sera qualunque in una casa di una coppia sposata da quarantatré anni. Lui seduto al tavolo, con la Settimana Enigmistica davanti, lei alle sue spalle a rassettare la cucina dopo la cena. Di sottofondo, la tv accesa su un noto programma di ballo. Una serata normalissima, di una coppia come ce ne sono tante. Se non fosse che l’uomo seduto al tavolo, Pietro Polizzi, proprio in quel momento sta morendo d’infarto, e la moglie, Ines Banchero, sembra non accorgersene, talmente presa dalle sue abitudini, dal qual risentimento che si porta dietro fin dal giorno in cui si è sposata e, soprattutto, talmente poco i due sono abituati a guardarsi in faccia. Lei gli parla e lui non le risponde. Lei si arrabbia e lui ancora niente. Finché capisce che è morto, e se ne va a dormire.

No, non si esaurisce così la trama di La figlia sbagliata, l’ultimo romanzo di Raffaella Romagnolo pubblicato da Frassinelli che ha da poco conquistato un posto tra i dodici finalisti del Premio Strega di quest’anno. Tutto questo succede solo nel primo, folgorante capitolo, che dà poi il via a tutta la storia, a tanti piccoli salti nel passato che fanno capire che questa coppia, all’apparenza così perfetta, così normale, in realtà non lo è mai stata.

Oltre a Ines e Pietro, la famiglia Polizzi-Banchero si compone anche di due figli: Vittorio, il primogenito, bravissimo, bellissimo, sempre obbediente, che non ha mai dato una preoccupazione a sua madre; e Riccarda, che invece per Ines è un po’ una pecora nera, che con i suoi capricci, la sua testardaggine, la sua incapacità di obbedirle, le ha sempre causato dei problemi. Inutile dire chi sia la figlia sbagliata del titolo. Ma siamo proprio sicuri che Vittorio sia felice? Che sia quel figlio bravissimo, bellissimo, obbediente, perfetto… che Ines crede che sia?

La figlia sbagliata ruota tutto intorno ai legami di questa famiglia, che il lettore scopre con i salti temporali che l’autrice fa da quella sera davanti alla tv in cui Pietro muore fino al passato, da sempre caratterizzato da quella contrapposizione che Ines ha creato tra Vittorio e Riccarda. Lui è perfetto, lei è ribelle. Lui la ascolta, lei fa sempre il contrario. Lui non se ne va in giro per il mondo inseguendo sogni impossibili, lei chissà cosa fa davvero per vivere. Lui, lui, lui… e lei invece no.

In questo libro, triste e tragico, Raffaella Romagnolo si interroga sulla complessità dei rapporti tra madri e figli,  concentrandosi soprattutto su quelli che sembrano belli ma invece sono quasi morbosi, anche se forse inconsapevolmente, e da cui sembra impossibile poter fuggire, e su quelli che all’apparenza sembrano brutti, ma sono solo una semplice e natura voglia di affermare se stessi, di inseguire i propri sogni e di diventare grandi.

Perché tutto finisce, Vittorio lo sa. La visita a casa dell’amica di mamma (Ines vuole che lui faccia amicizia con il figlio. Anche questa cosa, se l’è messa in testa), la porzione di nasello al vapore, il controllo dei compiti prima di cena (da cui dipende la presenza del dessert), e persino i tuffi dallo scoglio più alto. Il tempo che passa è suo amico. Il suo migliore amico.

I personaggi del libro sono tutti caratterizzati alla perfezione e riescono a trasmettere quel senso di tristezza, di infelicità, di delusione e disillusione che forse sono le uniche cose che davvero li unisce. Il marito Pietro usa il suo lavoro di camionista come via di fuga, lasciando la moglie e i figli con la scusa di una consegna lontana quando la situazione in casa diventa davvero insostenibile, anche se si rende presto conto che dai pensieri e dai tormenti è difficile fuggire. Li ama, tutti e tre, ma fatica a capire quale sia il suo posto, se accanto a quella donna così piena di carattere e di risentimenti verso il mondo, o accanto ai suoi figli, che a volte sembrano così indifesi. Vittorio e Riccarda, il figlio giusto e la figlia sbagliata, sono due fratelli che si vogliono un bene incredibile e che sanno perfettamente che cosa stanno vivendo l’uno e l’altra, che cosa li fa star male, con la differenza che uno non reagisce mentre l’altra cerca di farlo per tutti e due, senza successo.

E poi c’è Ines, che si fatica a non detestare per buona parte del libro (soprattutto se figli non se ne hanno ancora o se si è stati figli di madri così, amati o sbagliati… perché ce ne sono eccome), per via del suo risentimento nei confronti del marito, del suo egoismo, del suo eccessivo amore per Vittorio e per il suo quasi odio verso Riccarda, colpevole di cercare di seguire quella strada che lei da giovane non ha potuto seguire.. Man mano che si scopre la sua storia, però, si inizia a provare anche un po’ di pena per lei. Soprattutto quando si è nel presente, quando lascia il marito lì, seduto al tavolo nonostante sia morto, e svela a poco a poco ciò che negli anni ha dovuto affrontare, le cose che per convenzione o per necessità ha dovuto mettere da parte e che hanno inevitabilmente condizionato il suo rapporto con gli altri: con il marito, colpevole di non essere abbastanza, con la figlia, colpevole di ricordarle ogni giorno quello che lei non ha avuto, e anche con Vittorio, verso cui ha riversato tutto la sua energia.

La figlia sbagliata di Raffaella Romagnolo è un libro difficile da leggere ma che fa riflettere, perché analizza a fondo, senza alcuna remora o pudore, quei legami che uniscono, e a volte vincolano e schiacciano, genitori e figli. Legami che anche nelle famiglie felici a volte sono complicati, ma che in quelle infelici possono davvero rovinare la vita di chi li subisce e non è in grado di reagire. Quello che ne viene fuori alla fine è un ritratto triste, doloroso, tragico, ma anche potente e indimenticabile, di una famiglia che così rara poi non è.

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