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Recensione di “Figlia della Palude”, di Priska Nicoly

“Figlia della Palude”, perché “Gennarina Passaguai” era già stato preso

Ammetto di non essere mai stata una grande fan del Romance storico; più che altro perché sono molto selettiva con scelte temporali e posizioni geografiche. Per esempio, datemi un romance ambientato in India (in qualsiasi epoca) e mi leggo pure colophon e note a margine, ma se vi aspettate che io me ne legga uno ambientato durante la WWII state freschi. XD

Ma “Figlia della Palude” di Priska Nicoly (nome d’arte di Prisca Nicoletti) ha due particolari che mi hanno subito intrigato e lo avrei letto a prescindere: è ambientato in Carolina e si parla di hoodoo.

Ma questi due elementi saranno stati sufficienti a convincermi?

Vediamo prima di tutto da dove siamo partiti… La trama di “Figlia della Palude”

Carolina del Sud, 1782. La guerra d’indipendenza è ormai agli sgoccioli. Gli ultimi focolai e cani pazzi che cercano ancora di cambiare le sorti ormai decise si accendono ancora un po’ qua e un po’ là. Tra questi, c’è un gruppo di criminali fedeli alla Corona Britannica: i Bloody Scout, guidati dal famigerato e noto sanguinario Liam Cunningham, detto Bloody Bill.

E poi c’è Laodicea “Dicey” Langston, la nostra Gennarina Passaguai, che già una volta ha avuto a che fare con Bloody Bill, ma è riuscita a sfuggirgli e a salvare suo fratello da una morte certa. Ma chi è davvero Laodicea? Se lo chiede lei e se lo chiede anche Bloody Bill, quando si scontrano per la seconda volta – o forse è la terza? – e riesce finalmente a catturarla. Il suo intento: farsi dire dove si trova suo fratello James, mentre quello di Dicey è di uccidere il criminale più spietato della Carolina del Sud… conducendolo dritto da suo fratello e dall’esercito continentale.

Ma questo significa attraversare la palude e quest’ultima, si sa, ha ombre, presenze e sogni disciolti nelle acque dell’Enoree e nel fango. Oltre che un cuore nero che batte al ritmo di ogni suo segreto.

Nzolé. La palude prende e la palude dà

La risposta alla domanda iniziale è: sì.

E non si è trattato solo di elementi che già mi interessavano di base, ma di come sono stati usati e descritti.

Chiariamo subito che il mio approccio a un determinato tipo di lettura (soprattutto la storica) parte dal presupposto che: ciò che viene descritto è vero e accurato. Non sono un* storic*, non ho abbastanza conoscenze (a parte cose che mi riguardano più da vicino o cose molto eclatanti) per fare le pulci a un testo da questo punto di vista, e nemmeno voglio farle. A fronte di qualsiasi accuratezza possa esserci, mi trovo comunque davanti a un testo di narrativa e sono dell’idea che la narrazione possa prendersi tranquillamente tutte le licenze che vuole nel limite della credibilità (no, non accetterò mai che “uragani” e “tornado” siano usati come sinonimi XD).

Seguendo il profilo IG dell’autrice da un po’, e vedendo che fa anche rievocazione storica con tanto di costumi, io le ho dato completa fiducia fin dal rigo uno e mi sono goduta la lettura.

Quindi, tornando all’ambientazione, l’ho trovata particolarmente suggestiva. La palude gode di una vita propria e misteriosa che diventa parte integrante della narrazione, crea un’atmosfera cupa e magica, piena di superstizioni e di tradizioni che dall’Africa sono state introdotte negli Stati Uniti attraverso gli schiavi e che hanno attecchito soprattutto nelle terre del Sud. Carolina, Louisiana, Georgia, Florida. Stati tra l’altro molto più vicini ai Caraibi che pure hanno dato il loro contributo. Si parla di hoodoo che, a dispetto del vuduismo che è una religione, racchiude tutto l’insieme di credenze e superstizioni, ciò che ha a che fare con gli spiriti.

La presenza dell’hoodoo è un sottofondo continuo caratterizzato non soltanto dalla figura della madre di Laodicea, ma dal personaggio di Abena (il mio preferito all’interno del romanzo). Dicey, di continuo, farà riferimento all’hoodoo e al suo mojo, l’amuleto portafortuna che porta al collo. Tutta la palude è impregnata da questa presenza, da cose che l’autrice riesce a farci credere di aver visto attraverso i personaggi ma che poi cambiano, trasfigurano fino a svelarsi per quello che sono. Forse. Un po’ di magia rimane comunque e questa è stata di sicuro un’ottima costruzione della storia, perché in svariate occasioni sono stat* fuorviat* alla perfezione, salvo poi scoprire la realtà come nel trucco di un bravo illusionista.

In tutto questo, in queste ombre, in questo “credere” che le cose siano in un certo modo, si muovono i personaggi.

Mamma, Ciccio mi tocca. Toccami, Cì, che mamma non vede…

Laodicea è un personaggio che spesso avrei voluto prendere a sberle, lo ammetto. È chiaro che desidera Liam praticamente dal minuto zero in cui finisce nelle sue mani, ma ogni volta nega a sé stessa quale sia la verità. E la maniera costante con cui pensi, soprattutto all’inizio, all’idea di finire violentata da Bloody Bill (e come glielo continui a fare presente più e più volte) mi ha dato troppo l’impressione che, più che esserne spaventata, volesse invece essere ribaltata come un giacchetto in primavera. Della serie: ma quando ti decidi, frà?

Questa sensazione mi ha fatto un po’ ridacchiare, ma tralasciando questo aspetto sono rimasta molto colpita dallo scoprire che, in realtà, Dicey soffrisse di una forma di PTSD dovuta a un evento molto importante che ha segnato una sorta di confine, nella sua vita, tra il prima e il dopo.

Questo e tutto il modo in cui è stata cresciuta (compresa la sua condizione di salute), fanno vivere Laodicea a cavallo tra un piano reale e uno onirico, dove la narrazione si mescola più volte e dove l’occhio viene ingannato con grande abilità.

Liam, Bloody Bill, invece… appare da subito come una persona diversa da come è stata dipinta. È proprio istantaneo, si capisce al volo, e si mostra come il classico personaggio maschile da grey romance (non direi totalmente dark): gran figo, molto tormentato, con un torbido segreto che scopriremo solo a poco a poco, andando avanti con la storia. Non mi è dispiaciuto, l’ho trovato molto concreto per contrapporsi al meglio a Laodicea che è per forza di cose meno affidabile come punto di vista. E con delle ragioni che ho trovato convincenti.

Di sicuro penso siano molto più strutturate e “importanti” le figure femminili della storia. Sono loro i cardini di tutto, coloro che fanno muovere la vicenda, che ne scandiscono i passaggi e che le danno solidità. Quelle che lasciano di più il segno durante la narrazione. Ho trovato invece le figure maschili divise in due categorie piuttosto nette (escluso Liam, ovviamente, che fa categoria a sé perché è l’(anti)Eroe, non salva capre e cavoli ed è piuttosto grigio): i cattivi (gretti, disgustosi, superstiziosi al limite dello stupido… anzi, oltre. Ciao, Moultrie!) e i buoni (deboli, in secondo piano, fragili). E sono così maledettamente fallocentrici.

Davvero, non scherzo. Tutti con il pallino del pucciare il biscotto, del possedere le prigioniere. La fissazione per la virtù o la sua perdita quasi non li fa dormire la notte. Quando provano a salvare Laodicea la prima volta, a stento le chiedono se stia bene o sia ferita. No, la prima cosa è: hai chiavato?!

L’avessero trovata a pezzi, avrebbero controllato prima di tutto se l’imene fosse stato intatto. E magari avrebbero anche tirato un sospiro di sollievo. È davvero incredibile quanto la castità di una donna fosse molto più importante della sua stessa vita.

E questo ci porta all’aspetto più tecnico del romanzo.

Di flagelli, scelte stilistiche e repetita juvant un po’ troppo

Ma quindi, insomma, Dicey e Liam quagliano?

Ovviamente sì, e ho trovato anche molto ben descritte e appassionate le scene di sesso.

Avevo già avuto modo di conoscere lo stile dell’autrice attraverso un suo racconto breve, ma con “Figlia della Palude” ho potuto affrontarla anche su un testo più lungo. Il registro scelto è del tutto appropriato al genere: evocativo, ricco ma non troppo barocco (uno stile troppo “opulento” e infiocchettato tende a stancarmi in fretta, mentre qui sono andata liscia fino alla fine). Essendo uno storico ambientato alla fine del 1700, l’utilizzo di un registro più contemporaneo sarebbe sembrato fuori contesto, però ho sorriso per quel “flagello” che per qualche istante ha trasformato l’immagine figa di Bloody Bill in quella decisamente meno figa di Attila. 

Ho storto, invece, il naso all’ultima scena di sesso, che ho trovato un po’ superflua e fuori luogo (per il momento che i personaggi stavano affrontando).

Ho avuto qualche difficoltà anche con determinate ripetizioni.

Mi spiego meglio.

All’interno del testo ricorrono spesso, evocate dalla mente dei personaggi, alcune frasi che sono state dette in precedenza. È una tecnica che in realtà mi piace molto, però ha finito col rendere ridondanti certi concetti perché ripetuti davvero troppe volte. Spesso finiscono anche per intrecciarsi con momenti e frasi molto più indietro nel passato (e racchiusi tra parentesi tonde), creando un mix che tende a confondere il lettore perché lo sommerge con le informazioni del passato e finisce col perdere il filo della narrazione presente.

Mi è piaciuto invece come si sia partiti da un evento storico realmente avvenuto e si sia giocato con esso per riuscire a creare tutta una trama che abbandona il filo della storia per come la conosciamo, in modo da crearne uno del tutto nuovo. Soprattutto, ho apprezzato la presenza di un mistero da risolvere, un giallo in cui tutti i tasselli vanno a posto solo arrivando alla fine (e io amo il crime, quindi per me è stato come ricevere uno zuccherino inaspettato).

In generale, è stata una lettura molto piacevole che mi sento di consigliare non solo ai fan del romance storico, ma anche a chi tendenzialmente è a digiuno del genere e vorrebbe cercare di avvicinarsi senza però scontrarsi con una narrazione stucchevole e che lascia indietro il contesto all’interno del quale si muovono i personaggi.

Questa recensione è stata scritta per il blog tour in occasione dell’uscita di “Figlia della Palude”. Ringraziamo l’autrice per la copia omaggio.

Figlia della Palude Book Cover Figlia della Palude
Priska Nicoly
Romanzo storico
Self
15 maggio 2024
Ebook
450
B0D2WXL5BX
15 maggio 2024
“Figlia della Palude”, perché “Gennarina Passaguai” era già stato preso 1

«“Perché non mi uccidete e basta?”, aveva chiesto lei.
Il primo motivo è che siete la sola a potermi spiegare il significato di quel simbolo.
Il secondo motivo è che credo di essere innamorato di voi.
»

Carolina del Sud, 1782

Liam Cunningham__è conosciuto come Bloody Bill. Di lui, le storie raccontano che sia un mostro alla guida di un gruppo di macellai, i Bloody Scout, miliziani dediti a seminare morte e distruzione per conto degli inglesi.

Laodicea "Dicey" Langston è la sorella del suo peggior nemico. Di lei, le storie raccontano che viva rinchiusa in una casa nella palude, che sia figlia di una strega, e una strega lei stessa.

Quando Bloody Bill invade la sua piantagione, le lega una corda al collo e la condanna a morte, c'è solo una cosa che Dicey può fare per salvarsi: dirgli che lo porterà da suo fratello. Cunningham non ha altra scelta: dovrà risparmiarla e tenerla con sé finché non avrà ucciso il capitano dei ribelli.

Ma Dicey ha un asso nella manica: qualcosa per cui deve rimanere in vita, una trappola con cui trascinare Cunningham e i suoi uomini all'inferno. Ma quando i soldati di Bloody Bill cominciano a morire in modi misteriosi, tutti con un oscuro simbolo hoodoo segnato sul petto, le dita si puntano su quella ragazza dagli occhi dorati che sembra tenere il loro comandante sotto un incantesimo; colei che si sveglia ogni notte tormentata dallo stesso incubo e che sussurra maledizioni sottovoce. Colei che Bloody Bill, a dispetto della sua reputazione di bruto e violento, sembra voler proteggere.

«In questa terra maledetta voglio tenerti con me».

In una terra dannata ribollente di sangue, c'è un segreto che attende di emergere dal fango; una colpa che Cunningham si porta sulle spalle, qualcosa di più grave di tutto ciò che dicono di lui. È il segreto di un salice bianco, di un baule senza una chiave, di piedi nudi sul terreno; un segreto di cicatrici, di spiriti danzanti, di antiche bugie. Un segreto di fumo e tabacco, di giunchi e falene. Un segreto di amore e di morte che può fare battere insieme un cuore nero in catene e uno grigio devastato dalla guerra. O che può ucciderli entrambi.

«Nessuno avrebbe trovato bella una ragazzina ferita, con capelli intrecciati di foglie e rami secchi, il volto sporco di fango, il corpo macchiato di sangue, quelle labbra che mormoravano maledizioni. Lui l’aveva voluta dal primo istante in cui l’aveva vista. Guardare nei suoi occhi era stato come guardare nella canna di una pistola.
L’aveva desiderata con lo stesso ardore con cui desiderava morire.»

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