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Fighters


lean

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Stamattina l’aria è pungente ma non piove, una gran cosa considerato che nell’ultima settimana non ha mai smesso. Finalmente posso tornare a correre. Adoro fare jogging, non mi fa pensare e, nello stesso tempo, mi fa immaginare che sto andando verso un posto migliore, lontano da questo schifo di baia, lontano dai Vigilanti.
Sono passati otto anni da quando la Società ha chiuso i confini e la vita per noi è diventata un inferno. Prima sono iniziate le sperimentazioni sugli animali. Intervenivano sul loro cervello per farne degli automi da controllare a distanza. Ne morirono centinaia di migliaia fino a quando, ottenuti i primi risultati, le cavie che avevano non furono più sufficienti. Così passarono agli uomini…
Per non dare nell’occhio attingevano ai barboni, gente che viveva da sola, abbandonata negli ospizi, ma adesso anche questo è cambiato, Ogni giorno qualcuno scompare o muore. Dicono che sono incidenti ma molti di noi hanno capito che non è così, per questo ho deciso di scappare, so che prima o poi toccherà anche a me.
Il cielo comincia a tingersi di rosa e, senza rendermene conto, raggiungo il porto. È sabato, sono appena le sei e trenta e ancora c’è poca gente, giusto qualche pescatore e qualche guardia che si sta ritirando dalla ronda notturna. Mi fermo a respirare quel profumo di salsedine che riesce sempre a infondermi serenità, quando lo vedo arrivare…
Si fa strada nelle acque ricoperte dalla foschia dell’alba, dondolando piano, sospinto dalla corrente e tristemente deserto. L’Hope.
Mi sento morire e faccio uno sforzo tremendo per non mettermi a piangere. Lo yacht alla deriva non è un’imbarcazione come un’altra. Mesi fa alcuni di noi l’avevano costruito pezzo dopo pezzo in una rimessa abbandonata, pianificando la fuga con l’arrivo della bella stagione. Erano settimane ormai che era partito per il primo viaggio e, ogni giorno che passava, cresceva in ognuno di noi la speranza che i nostri compagni ce l’avessero fatta, ma adesso…
Mi sento mancare la terra sotto i piedi però so che devo fare il possibile per non tradire lo sconforto che provo. Potrebbero esserci Vigilanti in borghese e non posso rischiare di tradirmi, man mano che l’imbarcazione avanza però mi sento peggio. Vederla emergere dalla nebbia la fa sembrare una nave fantasma e non posso non pensare che è questo che ormai saranno gli uomini e le donne che erano a bordo.
Avrei potuto esserci io lì sopra, ma non ero stata sorteggiata, Quel giorno me la presi con la sorte per non avermi voluto concedere la libertà ma adesso, capisco che avrei dovuto ringraziarla perché mi ha salvato dalla morte.
I miei buoni propositi vacillano non appena lo yacht sbatte contro la banchina in cui mi trovo. Sulla fiancata, proprio sopra la scritta Hope, è conficcato qualcosa, un coltello: capisco subito che è una delle armi che usano i Vigilanti per la forma allungata dell’impugnatura e lo stemma a cinque punte inciso sopra. Il messaggio è chiaro: non avete speranza.
Improvvisamente le gambe mi abbandonano e sarei caduta a terra se una mano forte non mi avesse presa in tempo.
«Ciao amore, scusa il ritardo»
Mi volto bianca come un cencio e mi ritrovo davanti un volto sconosciuto. I suoi occhi mi indicano dei tizi che mi fissano dalla torretta e io capisco che sono delle spie. Istintivamente sto al gioco e sorridendo gli getto le braccia al collo per evitare di cadere a terra. Il cuore mi sta esplodendo e faccio fatica a respirare.
Lui approfitta dell’abbraccio per sussurrarmi qualcosa all’orecchio: resistenza. Poi mi sfiora le labbra con un bacio, si scioglie dolcemente dalla mia stretta e, prendendomi per mano, inizia a camminare dalla parte opposta a quella dell’imbarcazione. Intanto diversi curiosi si avvicinano e ben presto ci confondiamo tra la folla.
Non appena ci allontaniamo dal porto e raggiungiamo una piccola radura a poche centinaia di metri, mi lascio cadere a terra, poggiando la testa contro il tronco di un albero.
«Chi sei?» chiedo con un filo di voce.
«Mi chiamo Adam» esita un attimo «Appartengo alla ribellione»
Lo guardo incredula.
«Allora esiste davvero?... la resistenza?»
«Sì, esiste davvero»
Sento la speranza tornare a scorrermi nelle vene ma invece di essere felice, lo aggredisco.
«E perché diavolo non avete fatto nulla in tutto questo tempo? Avete idea di quanta gente hanno ucciso questi bastardi?»
«Ti assicuro che stiamo facendo più di quello che credi ma la cautela è necessaria: se ci scoprissero sarebbe la fine per tutti»
Immagino abbia ragione ma continuo a guardarlo male.
«Perché ti sei avvicinato a me?»
«Sapevamo dell’Hope, qualcuno vi ha visto nel capannone»
Tira fuori qualcosa dalla tasca del giubbotto e me la porge. È una foto. Riconosco diverse persone, stanno armeggiando intorno a un’imbarcazione. In fondo, sulla destra, ci sono anch’io. Rivivo la speranza che mi aveva animata in quei giorni, il sogno a occhi aperti di una nuova vita, lontana da tutto questo ma poi rivedo quel coltello conficcato sulla fiancata, mi viene da piangere.
«Saranno tutti morti?»
Lui non risponde e vedo dolore nei suoi occhi, di colpo capisco.
«Ma certo… cavie»
Abbasso gli occhi sulla foto e mi sento pervadere da una furia cieca. Adam sembra accorgersene.
«Tutti gli altri sono già al rifugio, mancavi solo tu. Siamo quasi pronti, siamo tanti e lotteremo insieme per riprenderci la nostra libertà»
Sento nella sua voce una determinazione e una convinzione che mi infondono coraggio. Coraggio per tornare a sperare e credere in un domani migliore. Gli porgo la mano e, sorridendo, mi aiuta a rialzarmi.


Sono passati già sei mesi da quando ho conosciuto Adam e guardandomi allo specchio con la divisa della resistenza, quasi non mi riconosco. È stata dura qui dentro. Mi hanno addestrata a combattere, a lottare, a resistere, ma adesso mi sento pronta. Siamo tanti, molto più di quelli che credevo e ognuno di noi è animato dallo stesso odio verso i la Società e i Vigilanti.
«Tutto bene?»
Mi volto e Adam e lì davanti a me.
«Sì, più che bene» dico, mentre istintivamente stringo la mano sull’impugnatura della pistola.
Lui mi abbraccia e sento la tensione svanire.
Ricambio la stretta mentre penso che oggi lotterò anche per lui. In tutto questo schifo è la cosa più bella che mi potesse capitare.
«Ce la faremo, ne sono certo» mi sussurra all’orecchio, poi si scosta quel tanto che basta per darmi un bacio.
«Ehi, voi due piccioncini!»
Ci stacchiamo ridendo. È Lucas, è lui che guida la resistenza. Ha un fucile poggiato sulla spalla e dietro, un esercito di ribelli. Non sembra uno che sta per guidare la rivolta del secolo. È tranquillo, sorridente e determinato.
«Siamo pronti» dico con una sicurezza che provo davvero e lui mi strizza l’occhio.
La porta d’acciaio del sotterraneo si apre e un esercito di combattenti inizia la sua marcia verso la libertà. Non ho paura e mi sento viva come non mai. Finalmente la resa dei conti è arrivata e non saremo noi a uscirne sconfitti…

Modificato da lean
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Ne morirono centinaia di migliaia fino a quando, ottenuti i primi risultati, le cavie che avevano non furono più sufficienti. Così passarono agli uomini…

Non sono molto convinto: hai mai avuto criceti? Se sì sapresti che si riproducono a un ritmo vertiginoso. Il problema è che non è sufficiente fare una sperimentazione animale, devi passare agli uomini. In ogni caso i primi che si usavano (o che si usano) sono i carcerati.


Vederla emergere dalla nebbia la fa sembrare una nave fantasma e non posso non pensare che è questo che ormai saranno gli uomini e le donne che erano a bordo.

1- mai citata prima la nebbia

2- se possibile da evitare la doppia negazione


Avrei potuto esserci io lì sopra, ma non ero stata sorteggiata,

la virgola serve? La seconda deve essere un punto.


Non appena ci allontaniamo dal porto e raggiungiamo una piccola radura

dal dizionario: radura[ra-dù-ra] s.f= Terreno privo o quasi di alberi che si apre in mezzo a un bosco.

Meglio “spiazzo”, visto che non hai mai parlato di alberi.


Sono passati già sei mesi da quando ho conosciuto Adam e guardandomi allo specchio con la divisa della resistenza,

Niente divise per truppe non governative

 

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  • 1 anno dopo...
Ospite Gemini

Ho letto e riletto il brano più volte. Noto una trama dotata di grande potenziale, ma sviluppata in maniera un pochino frettolosa. Manca un approfondimento psicologico dei personaggi, manca un loro sviluppo, una crescita interiore, manca una maggiore contestualizzazione della storia, magari fornendo al lettore un quadro più ampio dei luoghi in cui la vicenda si svolge, di com'è mutato il mondo dopo la chiusura dei confini, di come si svolge la vita degli abitanti e di quali restrizioni deve affrontare ogni giorno. La prima parte sembra prospettare uno sviluppo preciso e si snoda attraverso scelte stilistiche di stampo drammatico, mentre la seconda si risolve frettolosamente e muta il registro in dialoghi colloquiali che sembrano appartenere a personaggi troppo diversi da quelli iniziali. Come dicevo, c'è del potenziale nella tua storia e tutti gli elementi necessari a creare un'ottima storia in contesto distopico, ma occorre svilupparli ulteriormente, considerare ognuna delle frasi che hai scritto e pensare che meriterebbe pagine e pagine di approfondimento. Crea personaggi di carne e sangue, con i propri conflitti, pregi, difetti, tratti psicologici caratteristici. Analizza il significato della Resistenza per ognuno di loro. Accompagnali in un percorso di crescita ove, a fine romanzo, lo stesso personaggio, a causa delle esperienze vissute, potrebbe aver subito tanto un'evoluzione, quanto un'involuzione. Potresti addirittura cambiare il punto di vista narrativo e far parlare il nemico o intrecciare capitoli dedicati alla Resistenza con quelli riservati ai Vigilanti. Parla del mondo in cui la vicenda si svolge. Narra piccoli aneddoti significativi che possano mostrare chiaramente il clima nel quale la popolazione vive immersa. Magari scegli anche una storia d'amore differente: troppe storie vedono i protagonisti divenire coppia durante la narrazione. In caso, il loro stesso rapporto potrebbe evidenziare le pressioni alle quali tutto sono soggetti e porre in rilievo ulteriori elementi per approfondire i temi trattati. Evidenzia un messaggio che la storia vorrebbe trasmettere e, a piccole briciole, disseminalo lungo la narrazione, sino a lasciare che si sveli da solo al lettore. Ripeto, la storia ha grandi potenzialità. A mio parere occorrerebbe solo lavorarci un po' su per farle emergere in maniera completa. Vedilo semplicemente come un suggerimento. Assolutamente non come una critica negativa. Per la caratterizzazione distopica a livello di ambientazione, se non li hai già letti, ti consiglierei di prender spunto da "1984" di George Orwell o "Il mondo nuovo" di Aldous Huxley. Per caratterizzare maggiormente i personaggi, affidati a un buon romanzo di formazione, che analizza conflitti, sfide e crescita del protegonista nel corso della sua vita. Spero di averti fornito consigli utili. Per ogni chiarimento o se mi vuoi prendere a botte (scherzo) sono sempre qui.

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@Gemini, grazie mille per il commento, l'ho apprezzato molto e sono d'accordo su tutte le osservazioni fatte (quindi niente botte XD) Purtroppo la ristrettezza dei caratteri a disposizione e il brutto vizio di scrivere sempre a ridosso delle scadenze, non aiuta. Prima o poi mi deciderò a riprendere questo e altri racconti e a dare loro il giusto spazio. Adoro i distopici e ne ho letti diversi, mi manca però quello che viene definito il papà del genere "1984", rimedierò.

Grazie ancora ?

 

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Ospite Gemini

Riprendi in mano tutto e vedrai che ne uscirà un racconto perfetto. Potresti addirittura pensare a tramutarlo in romanzo. "1984" ha diverse implicazioni politiche, ma credo che la ricostruzione distopica sia una delle più accurate assieme a "Il mondo nuovo" di Huxley. Buona fortuna. Se vuoi, mi trovi qui. 

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