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Seduti al bar {incipit}


Manu_ela

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Ciao ragazzi, volevo sapere il vostro parere su questo parere.

Potreste dirmi se è chiaro quello che ho scritto?

Si capisce tutto?

Lo stile è okay? 

Le reazioni sono realistiche?

Ecc...

Eccolo:

«Vi porto il solito, ragazzi?»

Mary Boobs, uno spettacolo di donna. Sta in piedi dietro al bancone con quel balconcino soffocato nel reggiseno e pulisce un calice di birra con un canovaccio unto. Le montagne degli dei sballonzolano e mi chiamano in paradiso. «Allora?»

«Sì Mary, portaci un paio di Heineken.»

La voce sicura di Hermis spezza l’incantesimo. Da quando si è sposato è immune alla magia femminile.

Mary si volta, il girasole del suo didietro mi saluta e si allontana.

«Lo sai, Dan?» Cosa Hermis, che devo sapere? Ha lo sguardo perso fra le bottiglie di alcolici nella teca davanti a noi.

Detesto quando lo fanno, iniziano un discorso con ‘Lo sapevi che?’ o ‘Lo sai cosa ha fatto tizio?’ come se dovessi essere nella loro testa.

«No, non lo so. Dimmi.»

«Corre voce che sia tornato.»

Parla di Frank? Spero che sia uno scherzo.

Mary ritorna e lascia sul bancone birre e calici, fa saltare i tappi con un apribottiglie e la sua scollatura si allarga. Un infarto. «Alla salute, ragazzi!» ci dice con l’ampio sorriso della sua angelica bocca dipinta di rosso.

«Grazie Mary.»

Versiamo le bionde nei bicchieri.

«Cosa mi stavi dicendo?» porto il calice alla bocca, il liquido mi pizzica le labbra e scende ghiacciato nella gola.

«Frank è tornato, lo hanno visto scendere dal treno in paese. Lo sai, le voci corrono.»

Non posso crederci.

Appoggio un braccio al bancone e ticchetto il quadrante dell’orologio scucito.

Per colpa di quel bastardo di Frank non me ne posso permettere neanche uno nuovo. «L’ultima volta che l’ho visto scappava da casa mia.» lo ricordo come fosse ieri.

Hermis spalanca la bocca, sembra abbia visto un fantasma.«E sentiamo, come avrebbe fatto a entrarci?»

«Non lo so.» La schiuma scoppietta nel bicchiere, i ricordi si riavvolgono. «Era notte, mi aveva svegliato il fottuto chiwawa del piano di sopra. Vado in cucina e lì, in ombra, c’era una figura accucciata dietro al tavolo.»

Faccio una lunga sorsata, le gocce scivolano sul pigmento verde del vitreo. Hermis mi fissa, ho catturato la sua attenzione. «prendo il mattarello di mia mamma, pace all’anima sua.»

Hermis sputa la birra che schizza sul bancone, «È morta tua mamma?» gli occhi gli si sgranano. «Non me lo avevi detto.»

«No, Hermis. È un modo di dire.»

«Ah…»

«Alzo il mattarello e corro, urlo per picchiare il ladro. L’uomo si mette in piedi…»

La frase rimane a metà, aleggia fra i brusii degli altri avventori del bar; un uomo a un tavolo dietro di me ordina un amaro, qualcuno sbiascica parole senza senso fra i deliri dell’alcool.

«E poi?»

«Niente, era quel ciccione di Frank in mutande. Si è messo a urlare, sembrava un maiale al macello. Un altro po’ e gli avrei provocato un trauma cranico con il mattarello.»

Hermis si mette a ridere. Il bicchiere gli trema fra le mani.

«Ehi, ma che cazzo fai?»

«Scusa amico, è che…» si passa una mano sugli occhi, «Non riesco a togliermi dalla mente il grassume pieno di peli di quell’orso dalla testa stempiata e te in pigiama con il mattarello.»

«Già, è un vero coglione…»

Finisco la birra. È piacevole stare qua, a parlare con un amico. Il nettare amaro inizia a fare il suo effetto, mi solletica i neuroni.

Sfilo un filo fuoriuscito dal cinturino di pelle. «Hermis, ti ricordi di quando io e Frank lavoravamo per il fioraio e lui se n’è scappato via con tutti i soldi della cassa?»

Lui fa un sogghigno divertito. «Come scordarselo, ne abbiamo parlato per tutta la sera qui al bar.» Mary porta via le bottiglie vuote. «Cara, ce ne porti altre due? Ancora gli fischieranno le orecchie per quante gliene abbiamo tirate.»

Stringo il filo fra le dita e lo spezzo.

«Già, il titolare alla fine mi ha dato la colpa e mi ha licenziato.»

Il brusio del locale si fa intenso. Il fondo della bottiglia ha lasciato un alone umidiccio sul legno, ci immergo un dito e scarabocchio, è una bella sensazione.

«Mi dispiace, amico.»

All’improvviso, la porta del bar si apre con lo scampanello del contagente all’ingresso. Una sferzata di vento mi schiaffeggia il braccio.

«Ehi, ragazzi, sono tornato!»

No, la voce nasale di Frank. La riconoscerei ovunque.

I musi dei clienti seduti di fianco a noi si voltano, alcuni si mettono una mano alla fronte, altri sbuffano. «Vi sono mancato?»

I suoi passi si avvicinano, spero che non ci riconosca.

«Ehi, ciao Dan. Come stai amico?» Tuffo la testa nel braccio.

«Ma che fai, ti nascondi?» le sue mani grassocce mi perculano la nuca, la accarezzano.

Accartoccio le dita dentro le scarpe. Vorrei averlo colpito in mezzo alla fronte quella volta. Alzo la testa: «Vattene, Frank.» gli do una gomitata, «Nessuno ti vuole qua.»

Ride. Si sbraga accanto con il busto sul bancone, Mary serve un altro tipo più avanti, lo sguardo di Frank si sofferma sul suo sedere e si lecca le labbra.

«Ehi Mary, portami una rossa. » Le urla, poi si volta nella mia direzione.

I piccoli occhi da porco di Frank mi fissano, puzza di alcool, i peli del petto arricciati sulla camicia aperta. «Allora, Dan, mi ospiti tu stasera? Ci siamo divertiti l’ultima volta.»

Hermis si gira dalla parte opposta, lo conosco. Se dovesse intervenire ne uscirebbe fuori una rissa.

Non riesco a controllare la rabbia.«Lasciami in pace, Frank.»

Lui alza le sopracciglia e gli si allunga un sorriso sulla faccia. «Hai una bella collezione di vinili. Adoro gli ACDC, avresti potuto prestarmene qualcuno.»

Ride. Che cazzo si ride.

Mary Boobs lascia una Menebrea doppio malto e le nostre birre sul bancone e ne fa saltare i tappi.

Lo schifoso non la guarda in faccia. «Ehi, Mary.» le parla senza staccare gli occhi dal suo seno, «Che ne dici se stasera ti do una mano qua, eh? Posso farti da guardiano notturno.»

Mary si sfiora il collo. Deve essere abituata agli sguardi bavosi, non sembra provare il minimo imbarazzo. Si mette le mani ai fianchi ed espone il petto florido sotto al grembiule: «Non se ne parla Frank.»

Imbroncia il viso, passa uno straccio su una macchia incollata sul piano che non va via, «L’ultima volta mi hai scolato seicento dollari di alcolici».

Frank guarda il soffitto, si porta due dita sulle labbra sottili. «Mary, non ho idea di cosa stai parlando. Stai sicuramente incolpando la persona sbagliata.»

Lei sbuffa e ci mostra la schiena, fa per andarsene.

«Sei una maleducata, lo sai? Non dovresti trattare così una persona in difficoltà.»

Torna indietro, ha gli occhi fissi sulla faccia suina di Frank. Lo punta con un’unghia. «Tu. Ma come ti permetti? Lo sanno tutti che ti fotti l’invalidità da trent’anni e non hai un cazzo.»

Una ruga di rabbia le si disegna in mezzo alla fronte. Nel suo locale lei è la regina e detta le regole.

Frank si schiarisce la gola: «Non lo sai che la maggior parte della gente in America soffre di ansia?» si scola a canna la Menebrea e la sbatte sul bancone. «Ansia cronica, è questa la mia diagnosi. Mi hai veramente deluso, non pensavo fossi una come quei coglioni che giudicano senza conoscere. »

Frank mi guarda, stringe gli occhi in due fessure. «Proprio dei codardi.» Sputa sul pavimento, «Gente che ti sparla dietro perché ha troppa paura di dirtele in faccia.»

 

 

 

 

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Cita

 

22 ore fa, Manu_ela ha scritto:

Ciao ragazzi, volevo sapere il vostro parere su questo parere.

Potreste dirmi se è chiaro quello che ho scritto?

Si capisce tutto?

Lo stile è okay? 

Le reazioni sono realistiche?

Ecc...

Eccolo:

«Vi porto il solito, ragazzi?»

Mary Boobs, uno spettacolo di donna. Sta in piedi dietro al bancone con quel balconcino soffocato nel reggiseno e pulisce un calice di birra con un canovaccio unto. Le montagne degli dei sballonzolano e mi chiamano in paradiso. «Allora?»

«Sì Mary, portaci un paio di Heineken.»

La voce sicura di Hermis spezza l’incantesimo. Da quando si è sposato è immune alla magia femminile.

Mary si volta, il girasole del suo didietro mi saluta e si allontana.

«Lo sai, Dan?» Cosa Hermis, che devo sapere? Ha lo sguardo perso fra le bottiglie di alcolici nella teca davanti a noi.

Detesto quando lo fanno, iniziano un discorso con ‘Lo sapevi che?’ o ‘Lo sai cosa ha fatto tizio?’ come se dovessi essere nella loro testa.

«No, non lo so. Dimmi.»

«Corre voce che sia tornato.»

Parla di Frank? Spero che sia uno scherzo.

Mary ritorna e lascia sul bancone birre e calici, fa saltare i tappi con un apribottiglie e la sua scollatura si allarga. Un infarto. «Alla salute, ragazzi!» ci dice con l’ampio sorriso della sua angelica bocca dipinta di rosso.

«Grazie Mary.»

Versiamo le bionde nei bicchieri.

«Cosa mi stavi dicendo?» porto il calice alla bocca, il liquido mi pizzica le labbra e scende ghiacciato nella gola.

«Frank è tornato, lo hanno visto scendere dal treno in paese. Lo sai, le voci corrono.»

Non posso crederci.

Appoggio un braccio al bancone e ticchetto il quadrante dell’orologio scucito.

Per colpa di quel bastardo di Frank non me ne posso permettere neanche uno nuovo. «L’ultima volta che l’ho visto scappava da casa mia.» lo ricordo come fosse ieri.

Hermis spalanca la bocca, sembra abbia visto un fantasma.«E sentiamo, come avrebbe fatto a entrarci?»

«Non lo so.» La schiuma scoppietta nel bicchiere, i ricordi si riavvolgono. «Era notte, mi aveva svegliato il fottuto chiwawa del piano di sopra. Vado in cucina e lì, in ombra, c’era una figura accucciata dietro al tavolo.»

Faccio una lunga sorsata, le gocce scivolano sul pigmento verde del vitreo. Hermis mi fissa, ho catturato la sua attenzione. «prendo il mattarello di mia mamma, pace all’anima sua.»

Hermis sputa la birra che schizza sul bancone, «È morta tua mamma?» gli occhi gli si sgranano. «Non me lo avevi detto.»

«No, Hermis. È un modo di dire.»

«Ah…»

«Alzo il mattarello e corro, urlo per picchiare il ladro. L’uomo si mette in piedi…»

La frase rimane a metà, aleggia fra i brusii degli altri avventori del bar; un uomo a un tavolo dietro di me ordina un amaro, qualcuno sbiascica parole senza senso fra i deliri dell’alcool.

«E poi?»

«Niente, era quel ciccione di Frank in mutande. Si è messo a urlare, sembrava un maiale al macello. Un altro po’ e gli avrei provocato un trauma cranico con il mattarello.»

Hermis si mette a ridere. Il bicchiere gli trema fra le mani.

«Ehi, ma che cazzo fai?»

«Scusa amico, è che…» si passa una mano sugli occhi, «Non riesco a togliermi dalla mente il grassume pieno di peli di quell’orso dalla testa stempiata e te in pigiama con il mattarello.»

«Già, è un vero coglione…»

Finisco la birra. È piacevole stare qua, a parlare con un amico. Il nettare amaro inizia a fare il suo effetto, mi solletica i neuroni.

Sfilo un filo fuoriuscito dal cinturino di pelle. «Hermis, ti ricordi di quando io e Frank lavoravamo per il fioraio e lui se n’è scappato via con tutti i soldi della cassa?»

Lui fa un sogghigno divertito. «Come scordarselo, ne abbiamo parlato per tutta la sera qui al bar.» Mary porta via le bottiglie vuote. «Cara, ce ne porti altre due? Ancora gli fischieranno le orecchie per quante gliene abbiamo tirate.»

Stringo il filo fra le dita e lo spezzo.

«Già, il titolare alla fine mi ha dato la colpa e mi ha licenziato.»

Il brusio del locale si fa intenso. Il fondo della bottiglia ha lasciato un alone umidiccio sul legno, ci immergo un dito e scarabocchio, è una bella sensazione.

«Mi dispiace, amico.»

All’improvviso, la porta del bar si apre con lo scampanello del contagente all’ingresso. Una sferzata di vento mi schiaffeggia il braccio.

«Ehi, ragazzi, sono tornato!»

No, la voce nasale di Frank. La riconoscerei ovunque.

I musi dei clienti seduti di fianco a noi si voltano, alcuni si mettono una mano alla fronte, altri sbuffano. «Vi sono mancato?»

I suoi passi si avvicinano, spero che non ci riconosca.

«Ehi, ciao Dan. Come stai amico?» Tuffo la testa nel braccio.

«Ma che fai, ti nascondi?» le sue mani grassocce mi perculano la nuca, la accarezzano.

Accartoccio le dita dentro le scarpe. Vorrei averlo colpito in mezzo alla fronte quella volta. Alzo la testa: «Vattene, Frank.» gli do una gomitata, «Nessuno ti vuole qua.»

Ride. Si sbraga accanto con il busto sul bancone, Mary serve un altro tipo più avanti, lo sguardo di Frank si sofferma sul suo sedere e si lecca le labbra.

«Ehi Mary, portami una rossa. » Le urla, poi si volta nella mia direzione.

I piccoli occhi da porco di Frank mi fissano, puzza di alcool, i peli del petto arricciati sulla camicia aperta. «Allora, Dan, mi ospiti tu stasera? Ci siamo divertiti l’ultima volta.»

Hermis si gira dalla parte opposta, lo conosco. Se dovesse intervenire ne uscirebbe fuori una rissa.

Non riesco a controllare la rabbia.«Lasciami in pace, Frank.»

Lui alza le sopracciglia e gli si allunga un sorriso sulla faccia. «Hai una bella collezione di vinili. Adoro gli ACDC, avresti potuto prestarmene qualcuno.»

Ride. Che cazzo si ride.

Mary Boobs lascia una Menebrea doppio malto e le nostre birre sul bancone e ne fa saltare i tappi.

Lo schifoso non la guarda in faccia. «Ehi, Mary.» le parla senza staccare gli occhi dal suo seno, «Che ne dici se stasera ti do una mano qua, eh? Posso farti da guardiano notturno.»

Mary si sfiora il collo. Deve essere abituata agli sguardi bavosi, non sembra provare il minimo imbarazzo. Si mette le mani ai fianchi ed espone il petto florido sotto al grembiule: «Non se ne parla Frank.»

Imbroncia il viso, passa uno straccio su una macchia incollata sul piano che non va via, «L’ultima volta mi hai scolato seicento dollari di alcolici».

Frank guarda il soffitto, si porta due dita sulle labbra sottili. «Mary, non ho idea di cosa stai parlando. Stai sicuramente incolpando la persona sbagliata.»

Lei sbuffa e ci mostra la schiena, fa per andarsene.

«Sei una maleducata, lo sai? Non dovresti trattare così una persona in difficoltà.»

Torna indietro, ha gli occhi fissi sulla faccia suina di Frank. Lo punta con un’unghia. «Tu. Ma come ti permetti? Lo sanno tutti che ti fotti l’invalidità da trent’anni e non hai un cazzo.»

Una ruga di rabbia le si disegna in mezzo alla fronte. Nel suo locale lei è la regina e detta le regole.

Frank si schiarisce la gola: «Non lo sai che la maggior parte della gente in America soffre di ansia?» si scola a canna la Menebrea e la sbatte sul bancone. «Ansia cronica, è questa la mia diagnosi. Mi hai veramente deluso, non pensavo fossi una come quei coglioni che giudicano senza conoscere. »

Frank mi guarda, stringe gli occhi in due fessure. «Proprio dei codardi.» Sputa sul pavimento, «Gente che ti sparla dietro perché ha troppa paura di dirtele in faccia.»

Sì, chiedo scusa.

Mi rendo conto che la donna nel testo viene oggettifica dai clienti.

Se dovesse funzionare come dici si dovrebbe provare una sorta di 'non è giusto'.

Alternato da un momento di piccolo sorriso nella parte del discorso su Frank per ritornare di nuovo a provare fastidio nella parte finale.

Poi non so se viene trasmesso questo.

A mia discolpa posso dire che nella mia idea il protagonista si trasformerà e si renderà conto che lui che non è meglio rispetto all'uomo di cui parla e la ragazza avrà la sua rivincita.

 

 

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Non devi scusarti di  ciò che scrivi, ci mancherebbe!

Il mio commento non era riferito ai contenuti e, comunque, si trattava di un parere  attinente alla sfera del gusto personale, come ho specificato.

Tu  hai domandato se si capiva tutto e se lo stile era ok, e io  mi sono limitata a rispondere alle tue domande dicendo che, sì, lo stile era uniforme, quindi funzionante, e  che tutto era chiaro.

Il mio commento, di gusto personale, si riferiva allo stile molto "americaneggiante" , che non mi attrae, ma il fatto che non mi attragga non implica che sia sbagliato.

Modificato da Desy Icardi
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  • 5 mesi dopo...

Ciao Manu_ela, ti lascio le mie impressioni nella speranza possano esserti utili.

Sinceramente non mi ha fatto impazzire, diciamo che come incipit ha un "gancio" un po' debole. Frank è uno stronzo, sta sulle balle a tutti e per questo risalta poco il conflitto particolare che dovrebbe avere col protagonista. Ma questa prendila come un'opinione personale.

Ti suggerirei di ricontrollare meglio alcuni dei termini che usi. Per esempio "calice" per il bicchiere da birra, le mani che "perculano" la nuca (in che senso?)  e "vitreo"che forse è un refuso. 

In generale, non complicare troppo il linguaggio, stai sul semplice. 

Ultima cosa, magari una pignoleria: cerca di localizzare il modo più preciso possibile la storia. Se è ambientata in America, passi l'Heineken, ma che bevano la Menabrea la vedo dura XD

In bocca al lupo per il resto, buon lavoro!

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  • 2 settimane dopo...

Ehi Chester!

Grazie per aver letto il mio racconto e per le critiche utili che mi hai portato alla luce!

Eh sì, hai davvero ragione, cercherò di fare più attenzione alle incongruenze e ai termini che uso.

Sono contenta lo stesso che ti sei preso del tempo per leggermi :)

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