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Cosa ne pensate (sinceramente) del Self publishing?


Mattia Alari

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Un aspetto su cui si mette poco l'accento è la promozione. 

Prendiamo il caso del generale Vannacci, il suo libro ha stravenduto perché Repubblica ne ha fatto un caso politico, altrimenti sarebbe rimasto confinato a pochi lettori e altrettanti acquirenti. Questo per dire che, oggi più che mai, quello che conta è essere visibili e fare in modo che la gente venga a sapere dell'esistenza del proprio libro. 

Da questo punto di vista il 99% delle CE sono sullo stesso piano del self-publishing. Perché le prime, come il secondo, fanno poca o nulla promozione, per non parlare di distribuzione (alla fine il 99% delle CE piazza i propri autori solo sugli store online). Se una persona può vantare un seguito (social, Youtube, etc) che si pubblichi con CE o self-publishing poco cambia in generale. Nel particolare, a livello economico, il self è infinitamente più remunerativo. Poi, ovvio, se uno ha la fortuna di pubblicare con l'1% di CE famose, allora si preferisce quelle. Molti youtuber di qualità, specie nei Paesi anglosassoni, si autopubblicano perché hanno il loro pubblico, vogliono capitalizzare e comunque chi li segue conosce già la loro qualità. 

Detto questo, per esperienza personale, sono assolutamente a favore del self-publishing, per i motivi che ho detto sopra. Ne aggiungo altri due: la possibilità di poter pubblicare in un tempo ragionevole. La gran parte di CE, sempre se si è fortunati ad aver ricevuto una risposta, prospetta tempi biblici per la pubblicazione di un libro. Aspettare mesi e mesi (si arriva fino a 1 anno e oltre)  per essere pubblicati, specie in un settore che vede sempre meno lettori e persone che acquistano libri, è inaccettabile. L'altro motivo è il controllo sul proprio lavoro, che per molti più essere estenuante, mentre per altri è interessante e motivante.

Aggiungo infine che il self-publishing è migliorato di molto negli ultimi anni. Fino a qualche anno fa diciamo che si vedeva che il libro autopubblicato era tale, dozzinale dal punto di vista estetico. Oggi fortunatamente ci sono programmi per l'impaginazione, per creare ottime copertine, facilmente utilizzabili anche dai neofiti. Si può fare ancora di più, ne sono sicuro, ma credo presto si arriverà a poter avere dei libri che non hanno nulla da invidiare a quelli delle migliori CE.

 

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L'Italia è un paese retrograde e quindi a trazione televisiva e giornalistica, sono d'accordo. Concordo anche col fatto che le case editrici fanno poca promozione a volti non noti, ma anche le big, non solo quelle piccole. Anche se uno arriva sullo scaffale della libreria, se non c'è alcuna promozione dietro il libro rimane lì e basta (ho sentito persone pubblicate da big lamentarsi, addirittura). E' una situazione tutta italiana comunque. E sinceramente parlando non so neanche se valga la pena infilarsi in tutto l'apparato mediatico per un po' di misero successo. Mi sembra che molti aspiranti scrittori sognino di essere elogiati da tutti e di avere una sorta di rivalsa sociale tramite la scrittura, ma per far ciò al giorno d'oggi in Italia bisogna essere spinti dall'alto e quindi politicizzati. La vera arte non ha bandiera secondo me, e nasce da un'esigenza autoriparativa dello scrittore/artista. Altrimenti è artigianato sotto commissione del padrone. In futuro comunque mi affiderò al mercato francese, dato che lì la cultura ha ancora un certo valore. Per ora vendo alla mia nicchia, non ci guadagno niente perché ho la casa editrice di mezzo, ma soldi per fare il self sinceramente non ne avevo. 

Un'altro grande problema comunque è che in Italia nessuno legge ma tutti sono scrittori (oltre che santi, navigatori e poeti) e quindi c'è saturazione del mercato. 

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11 ore fa, NaruTardo ha scritto:

L'Italia è un paese retrograde e quindi a trazione televisiva e giornalistica, sono d'accordo. Concordo anche col fatto che le case editrici fanno poca promozione a volti non noti, ma anche le big, non solo quelle piccole. Anche se uno arriva sullo scaffale della libreria, se non c'è alcuna promozione dietro il libro rimane lì e basta (ho sentito persone pubblicate da big lamentarsi, addirittura). E' una situazione tutta italiana comunque. E sinceramente parlando non so neanche se valga la pena infilarsi in tutto l'apparato mediatico per un po' di misero successo. Mi sembra che molti aspiranti scrittori sognino di essere elogiati da tutti e di avere una sorta di rivalsa sociale tramite la scrittura, ma per far ciò al giorno d'oggi in Italia bisogna essere spinti dall'alto e quindi politicizzati. La vera arte non ha bandiera secondo me, e nasce da un'esigenza autoriparativa dello scrittore/artista. Altrimenti è artigianato sotto commissione del padrone. In futuro comunque mi affiderò al mercato francese, dato che lì la cultura ha ancora un certo valore. Per ora vendo alla mia nicchia, non ci guadagno niente perché ho la casa editrice di mezzo, ma soldi per fare il self sinceramente non ne avevo. 

Un'altro grande problema comunque è che in Italia nessuno legge ma tutti sono scrittori (oltre che santi, navigatori e poeti) e quindi c'è saturazione del mercato. 

In Italia pochissimi leggono, pochi comprano i libri e però tutti scrivono, soprattutto poesie.

Concordo con te, molta gente scrive non perché ha il desiderio di comunicare qualcosa ma perché vuole affermarsi. C'è anche una certa componente di narcisismo in questo. Il che non è sempre male, ma è una conseguenza e non un presupposto dello scrivere (e del pubblicare). 

Quello che non capisco è che le CE guardano male chi si autopubblica, ma loro in fondo dove vendono i libri? Su Amazon. Quindi perché loro possono farlo e uno che vuole autopubblicarsi no? 

Nel self-publishing quello che trovo più congeniale sono i tempi. Le CE hanno tempi di pubblicazione insopportabilmente lunghi. Un libro se è scritto, rivisto, preparato, deve uscire, non può stare lì a fare la muffa. 

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Quando ho aperto la discussione ero rimasto molto colpito da alcuni video di una famosa editor che aveva iniziato a lodare il Self come alternativa per "coraggiosi" spronando tutti gli autori a considerarlo (ma senza mettere da parte i professionisti della filiera, ovviamente, perché il testo "va sempre lavorato").
Trovai la cosa abbastanza patetica.
Era ovvio che, così facendo, "allisciava" i suoi clienti (magari cronicamente rifiutati dalle case editrici) e si assicurava di sostenere il valore assoluto del suo lavoro, ma non come parte del processo che "dovrebbe" portare un testo ad essere "maggiormente" considerato da una CE (perché un editor dovrebbe pure rifiutarsi di lavorare su cose indegne e molti non lo fanno... ) quanto come momento "necessario" a prescindere, senza doversi aspettare altro.

Io rispetto moltissimo l'editing.
Ho fatto due corsi di editing (per curiosità e completezza) e mi è stato proposto di farlo professionalmente perché pare abbia un certo istinto utile a capire dove stanno i problemi nella meccanica un testo (e non sono certo i refusi, grande spauracchio dei "limatori ossessivi") ma... non fa per me.
Come dice King "scrivere è umano. Editare è divino" e... Sono troppo umano.

Tuttavia penso di poter parlare in merito alla questione, perché la conosco abbastanza, e onestamente...
Io non credo che sottoporre un testo a editing sia necessario come viene detto.
Mi spiego meglio prima di essere lapidato.

Una casa editrice che si rispetti fa editare i manoscritti che accetta ai suoi professionisti, spesso richiedendo all'autore la versione precedente del testo, se esso viene dichiarato come già editato.  Se una CE si accontenta di quello che ha già avuto in mano...
Perde già molto in termini di professionalità e probabilmente non vuole investire molto sul suo autore. Non dimentichiamo infatti che ci sono molti editor che avviliscono i testi piuttosto che fare l'opposto e ho visto più di un originale decisamente migliore della sua versione professionalmente lavorata.
Vorrei dire che si tratta di episodi ma... Purtroppo no.
Sono in troppi a improvvisarsi editor.

Dal mio punto di vista un testo dovrebbe essere revisionato in tutti i sensi possibili dallo scrittore e POI sottoposto a una revisione professionale che dovrebbe evitare la RISCRITTURA (e bisognerebbe aprire una discussione a parte sulla questione, perché alcune CE pretendono addirittura questo) ma il tutto dovrebbe avvenire solo all'atto di una pubblicazione di valore.
Perché è un investimento e costa. Molto.

Per me... il vero problema, pure ammesso dall'editor di cui parlavo prima, potrebbe essere il fatto che oggi (più che ieri) essere rifiutati non vuol dire affatto essere scarsi ed è gravissimo. Non si vuole investire sull'autore che non è personaggio e non vuole diventarlo; sulla persona "oscura"; sul testo fuori dagli schemi DAVVERO.
Ma la possibilità che tu sia scarso, piuttosto che altro, è percentualmente più alta e... Vedo così tanta presunzione autoriale in pulci che non meriterebbero neanche la pubblicazione su una fanzine condominiale...!

Da lettori non facciamo che lamentarci dei libri pubblicati da CE blasonate o note per una selezione qualitativa MA sul self... C'è da stendere un asfalto pietoso: il livello medio è vergognoso! E in mezzo a questa discarica della qualunque... Come VEDERE un possibile capolavoro? Basta che il suo autore non abbia tempo/voglia/soldi per fare promozione ed esso sarà inghiottito da cose talmente oscene che pure citarle è fuori discussione.

E sottolineamolo per l'ennesima volta: Il self richiede soldi, tempo, talento social...
Investimenti che non tutti possono fare.
Oggi anche avere un carattere introverso o non essere interessati alla visibilità è... un problema.
Sembra tu abbia perso alcun diritto all'Arte, se non sei disposto a fare il tronista.

Personalmente credo che Self piaccia molto a chi sui testi ci lavora.
Si viene pure sollevati da una certa "ansia morale" che alcuni provavano al pensiero di aver fatto pagare per la lavorazione di un testo senza alcuna speranza di pubblicazione (per vari motivi). Suggerisci il Self come "reale alternativa" e fai pace con la tua coscienza.

Su una cosa non sono però d'accordo: in genere le case editrici non guardano affatto male chi ha pubblicato in self se la cosa ha avuto un certo seguito. Anzi.
Il difetto degli investimenti di oggi è che devono essere "sicuri" e si osa poco. Se qualcuno riuscisse a vendere bene il suo libro in self troverebbe immediatamente la proposta di una casa editrice al suo indirizzo.
Succede continuamente. A quel punto però, a meno di non fare un grande salto qualitativo (e vorrebbe dire essere seguiti da una CE grande, non certo medio/piccola) mi chiedo perché rinunciare alla propria indipendenza se non, ancora una volta, per vanità ossia per essere socialmente riconosciuti come "veri scrittori".
E' quello che molti hanno fatto, anche mettendo da parte la prospettiva di una riuscita economica migliore.
Ulteriore riprova che essere pubblicati da una CE non è come fare da sé.

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@Mattia Alari

Hai detto bene, molte CE non voglio rischiare, vogliono andare sul sicuro. E a questo punto mi domando se non sia meglio che cambino lavoro, visto che una CE degna di questo nome dovrebbe fare esattamente questo, scovare dei testi meritevoli e pubblicarli. Puntare sul già visto, già letto e conosciuto sono bravi tutti.

Poi si arriva addirittura a CE che ripubblicano i libri di gente DOPO che ha fatto successo con il self, praticamente non guadagnando nulla, visto che il libro lo hanno già tutti acquistato in versione autoprodotta.

Concordo sul fatto che il mondo del self sia pieno di testi orrendi, ma non pensare che le CE pubblichino tutte libri di alta qualità, anzi, basta farsi un giro nelle librerie per capirlo.

L'autopubblicazione ha più senso, ovviamente, se uno ha già una rete social su cui può pubblicizzare il libro. Per dire, se uno ha un canale youtube abbastanza seguito, sarà più facile che il libro abbia una diffusione. Non solo, ma il self in questo caso permette margini di guadagno infinitamente maggiori che pubblicare con una CE. 

 

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14 minuti fa, Ged ha scritto:

@Mattia Alari

Hai detto bene, molte CE non voglio rischiare, vogliono andare sul sicuro. E a questo punto mi domando se non sia meglio che cambino lavoro, visto che una CE degna di questo nome dovrebbe fare esattamente questo, scovare dei testi meritevoli e pubblicarli. Puntare sul già visto, già letto e conosciuto sono bravi tutti.

Poi si arriva addirittura a CE che ripubblicano i libri di gente DOPO che ha fatto successo con il self, praticamente non guadagnando nulla, visto che il libro lo hanno già tutti acquistato in versione autoprodotta.

Concordo sul fatto che il mondo del self sia pieno di testi orrendi, ma non pensare che le CE pubblichino tutte libri di alta qualità, anzi, basta farsi un giro nelle librerie per capirlo.

L'autopubblicazione ha più senso, ovviamente, se uno ha già una rete social su cui può pubblicizzare il libro. Per dire, se uno ha un canale youtube abbastanza seguito, sarà più facile che il libro abbia una diffusione. Non solo, ma il self in questo caso permette margini di guadagno infinitamente maggiori che pubblicare con una CE. 

Ho infatti detto che se c'è da lamentarsi della selezione operata da CE pure note per fare selezione qualitativa (forse una volta) figuriamoci per il Self.

E' pure verissimo che se hai un certo seguito il Self ti permette guadagni maggiori ma molti ci rinunciano per essere "pubblicati" da CE ufficiali e ovviamente è vanità.
Ci sono pochi autori che, in Italia, puntano sul Self in quanto mezzo per proporre testi "commercialmente" meno interessanti per la massa.  All'estero è diverso ma chi ha visibilità deve avere la possibilità di investire su di sé molto e farlo avanti, cosa che non tutti possono permettersi e quindi... L'unica vera selezione che spesso il Self fa è "redditocratica": se hai una cifra da spendere, puoi farti vedere. Diversamente no.

Anche in Italia comunque ci sono scrittori che hanno deciso di avere una carriera ibrida, dividendo la loro attività tra Self e pubblicazione "vecchio stile", ma proprio il successo (e la "credibilità autoriale" guadagnata davanti al pubblico) trascinano i maggiori guadagni che possono provare ad avere pubblicando in self testi più sperimentali (o solo "diversi" dalla loro linea ufficiale).
C'è anche un caso di una scrittrice fantasy con un certo seguito e pubblico che preferisce pubblicare in Self ma anche lì...
Cosa c'è dietro? Quanto devi investire per ottenere dei risultati? Ci sono persone validissime ma davvero poco portate per le pubbliche relazioni o per certe meccaniche sociali utili a trarne immediato tornaconto in termini di visibilità facilmente spendibile.
Oggi pare che ti sia perdonato il fatto di fare evidenteente schifo come persona, di essere "caratteriale"  (rigorosamente in certi standard) ma non puoi non essere POP nel senso peggiore che possa assumere il termine.
Non lo dico da snob, spero di non essere frainteso.
Ma questo sistema screma gli autori caratterialmente ed è come selezionare gli artisti per la bellezza fisica (e ci sono anche forti sostenitori dell'assoluta utilità commerciale della cosa e quindi della necessità di farlo).

Ad ogni modo... Passa il tempo e continuo ad essere del parere che il Self non è affatto per coraggiosi ma per chi non riesce a farsi pubblicare. Il che non è necessariamente prova di mancanza di valore (l'ho già detto) ma è un dato di fatto. Venderla come "alternativa figa"... Mi sembra scorretto. E di parte.
 

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@Mattia Alari

Che il self sia solo per ricchi è vero solo in parte. Su Youcanprint per avere un libro fatto bene bisogna spendere sui 150/200 euro. Il che è una cifra alta ma non altissima. Dipende da quanti libri uno vuole pubblicare all'anno. In alternativa c'è sempre Amazon che è a costo zero, però bisogna farsi tutto, dall'editing alla copertina. A me personalmente non piace, anzi trovo l'editing noioso, ma ho imparato per risparmiare. Oggi poi ci sono software disponibili (alcuni certo a pagamento) che permettono di editare e impaginare come si vuole.

Il self per me vale la pena soprattutto sui tempi di pubblicazione. Non amo aspettare, sarà un mio limite. Se ho un testo finito, ed è valido, lo voglio vedere pubblicato in un tempo ragionevole. I tempi delle CE sono fuori dalla mia sopportazione.

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1 minuto fa, Ged ha scritto:

@Mattia Alari

Che il self sia solo per ricchi è vero solo in parte. Su Youcanprint per avere un libro fatto bene bisogna spendere sui 150/200 euro. Il che è una cifra alta ma non altissima. Dipende da quanti libri uno vuole pubblicare all'anno. In alternativa c'è sempre Amazon che è a costo zero, però bisogna farsi tutto, dall'editing alla copertina. A me personalmente non piace, anzi trovo l'editing noioso, ma ho imparato per risparmiare. Oggi poi ci sono software disponibili (alcuni certo a pagamento) che permettono di editare e impaginare come si vuole.

Il self per me vale la pena soprattutto sui tempi di pubblicazione. Non amo aspettare, sarà un mio limite. Se ho un testo finito, ed è valido, lo voglio vedere pubblicato in un tempo ragionevole. I tempi delle CE sono fuori dalla mia sopportazione.

Ma chi ti assicura che il tuo testo sia valido, per esempio?
Io non ho mai una "presunzione" del genere verso qualcosa di mio. Anzi. Il mio lavoro potrebbe persino non essere concluso come credo e io non rendermi conto di quanto potrebbe essere sbagliato pubblicarlo in un certo stato piuttosto che farlo sedimentare (come si dice sempre) magari spostando l'attenzione su un nuovo progetto o qualcosa di molto diverso.
La fretta è pessima consigliera.  E pur essendo un improvvisatore... Detesto correre in avanti perché si va regolarmente contro i muri.

Sono un po' incusiosito dal fatto che tu ritieni di aver imparato l'editing per risparmiare.
Trovo l'affermazione un po' strana ma forse intendiamo due cose diverse.
L'editing non è la correzione di bozze, che puoi davvero imparare a fare (soprattutto se rileggi una cosa dopo un paio di settimane come minimo) ma qualcosa di molto più complesso e per il quale c'è assolutamente bisogno di una visione esterna e da parte di una mente differente da quella che ha prodotto il testo.
Se continui a fare lo stesso errore di logica, per esempio, come farai a renderti conto che il meccanismo di un'azione non funziona? Se nessuno mette in dubbio la tenuta narrativa di una tua scelta?
E parliamo dei nostri naturalissimi vizi formali...
Come potresti venirne fuori (davvero) da solo?

L'editing non è neanche una cosa che possa fare un lettore forte, che può darti invece un buon parere globale sul tuo lavoro (sempre però molto soggettivo e condizionato dal suo gusto personale) ma... l'editing vero e proprio è un processo lungo e spesso... Dialettico.
Non credo si possa fare editing ai propri testi.
Neanche Eco lo faceva.

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19 minuti fa, Mattia Alari ha scritto:

Ma chi ti assicura che il tuo testo sia valido, per esempio?
Io non ho mai una "presunzione" del genere verso qualcosa di mio. Anzi. Il mio lavoro potrebbe persino non essere concluso come credo e io non rendermi conto di quanto potrebbe essere sbagliato pubblicarlo in un certo stato piuttosto che farlo sedimentare (come si dice sempre) magari spostando l'attenzione su un nuovo progetto o qualcosa di molto diverso.
La fretta è pessima consigliera.  E pur essendo un improvvisatore... Detesto correre in avanti perché si va regolarmente contro i muri.

Sono un po' incusiosito dal fatto che tu ritieni di aver imparato l'editing per risparmiare.
Trovo l'affermazione un po' strana ma forse intendiamo due cose diverse.
L'editing non è la correzione di bozze, che puoi davvero imparare a fare (soprattutto se rileggi una cosa dopo un paio di settimane come minimo) ma qualcosa di molto più complesso e per il quale c'è assolutamente bisogno di una visione esterna e da parte di una mente differente da quella che ha prodotto il testo.
Se continui a fare lo stesso errore di logica, per esempio, come farai a renderti conto che il meccanismo di un'azione non funziona? Se nessuno mette in dubbio la tenuta narrativa di una tua scelta?
E parliamo dei nostri naturalissimi vizi formali...
Come potresti venirne fuori (davvero) da solo?

L'editing non è neanche una cosa che possa fare un lettore forte, che può darti invece un buon parere globale sul tuo lavoro (sempre però molto soggettivo e condizionato dal suo gusto personale) ma... l'editing vero e proprio è un processo lungo e spesso... Dialettico.
Non credo si possa fare editing ai propri testi.
Neanche Eco lo faceva.

Sposo appieno ciò che hai scritto.

Solo dopo aver fatto fare l'editing sul mio lavoro a un altra persona (del settore) ho capito quanto complicato sia scrivere correttamente. Ho imparato tantissimo e ancora devo mangiarne di pane. Scrivere un gran romanzo è una cosa, scriverlo in maniera corretta un'altra. Non so, a volte, quale delle due cose sia più difficile.

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Adesso, Sennafumi ha scritto:

Sposo appieno ciò che hai scritto.

Solo dopo aver fatto fare l'editing sul mio lavoro a un altra persona (del settore) ho capito quanto complicato sia scrivere correttamente. Ho imparato tantissimo e ancora devo mangiarne di pane. Scrivere un gran romanzo è una cosa, scriverlo in maniera corretta un'altra. Non so, a volte, quale delle due cose sia più difficile.

Anche sullo "scrivere in maniera corretta" ci sarebbe molto da discutere perché purtroppo un'altra tendenza dell'editing "comune" è quello di proporre un tipo di scrittura appiattita su uno standard di riferimento assolutamente "neutro" (e intoccabile!). Per molti di costoro lo scarto rispetto alla norma è... un errore. E non è così. Per questo un editor dovrebbe essere super flessibile e... no, non è da tutti.
Rispettare lo stile del singolo autore e aiutarlo a perfezionare la forma del suo testo (ovviamente senza accettare pseudo licenze sulla lingua da parte di chi non la padroneggia bene come crede ma, nel caso di altri, tenendo ben presente che la lingua dei migliori è "stile" e si allontana dalla prescrizione scolastica) è solo uno dei numerosi compiti dell'editor.
E l'ultimo dei suoi problemi.
Una cosa terribile è avere a che fare con una storia che non funziona, ad esempio. O una che avrebbe potenzialità ma che "si crea problemi inutili" mentre cerca di svolgersi, magari trasformando la vicenda narrata in un nodo di cose che restano attorcigliate malamente attorno a un vizio che non si riconosce come tale e che quindi che continua ad aumentare di volume fino a rovinare la trama.
Un buon editor riconosce cosa non funziona nell'incastro; se la caratterizzazione dei personaggi è coerente con le loro azioni; si accorge se certe parti (descrizioni, dialoghi) sono superflue e se altre, invece, vanno scritte.  Se l'autore perde un punto di vista per strada o se cade in facili tentazioni (spiegoni) per paura di non essere capito.
Un editor che si rispetti... rispetta il testo. Taglia con attenzione ma senza pietà né facendo processi all'autore per i suoi problemi a fare ciò che dovrebbe fare (succede anche questo) perché troppo legato a ciò che ha scritto.
Un editor, se deve, stronca GENTILMENTE e con argomenti che possano convincere l'autore della validità del suo punto di vista e tra questi non c'è il pulpito professionale dal quale predicare la sua supposta superiorità.
Un buon editor infatti può anche cambiare idea su certe cose, riconsiderare un giudizio e mediare (persino in un teso confronto, se si deve) è necessario quando si ha a che fare con una persona giustamente gelosa del suo lavoro (e intendo in senso sano, perché di megalomani presuntuosi è pieno il mondo e figuriamoci quando si parla di "arte").

Credo che scrivere una buona storia non sia da tutti. Che ci voglia più talento di quanto oggi faccia comodo riconoscere a qualcuno che ce l'ha davvero (siamo nell'epoca delle scuole e del "se ti impegni, puoi" e non è vero, è una balla) ma ce ne vuole anche per fare l'editor che è una forma di arte. Non devi solo conoscere bene la lingua, ma devi pure avere "orecchio" per le varie accordature; capacità di trascendere i tuoi gusti e un "tocco sensibile" che non puoi guadagnare sul campo né con l'esperienza. Quelle invece possono aiutarti (tanto) ad avere a che fare con le persone.
Aggiungo pure che se ci vuole davvero cervello a creare un valdido incastro, ce ne vuole almeno altrettanto per capire  i limiti di una costruzione narrativa prodotta da una persona che magari ragiona in modo completamente diverso da come faresti, soprattutto se scrivi pure tu e hai un tuo stile personale che si esprime in senso opposto rispetto a quello dell'autore che stai aiutando in quel momento.

Refusi e grossolane correzioni sono proprio in coda a tutto il resto.
Questo è però il mio punto di vista su un mestiere che non è il mio ma per il quale nutro profondo rispetto e sincera ammirazione.

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17 ore fa, Mattia Alari ha scritto:

Anche sullo "scrivere in maniera corretta" ci sarebbe molto da discutere perché purtroppo un'altra tendenza dell'editing "comune" è quello di proporre un tipo di scrittura appiattita su uno standard di riferimento assolutamente "neutro" (e intoccabile!). Per molti di costoro lo scarto rispetto alla norma è... un errore. E non è così. Per questo un editor dovrebbe essere super flessibile e... no, non è da tutti.
Rispettare lo stile del singolo autore e aiutarlo a perfezionare la forma del suo testo (ovviamente senza accettare pseudo licenze sulla lingua da parte di chi non la padroneggia bene come crede ma, nel caso di altri, tenendo ben presente che la lingua dei migliori è "stile" e si allontana dalla prescrizione scolastica) è solo uno dei numerosi compiti dell'editor.
E l'ultimo dei suoi problemi.
Una cosa terribile è avere a che fare con una storia che non funziona, ad esempio. O una che avrebbe potenzialità ma che "si crea problemi inutili" mentre cerca di svolgersi, magari trasformando la vicenda narrata in un nodo di cose che restano attorcigliate malamente attorno a un vizio che non si riconosce come tale e che quindi che continua ad aumentare di volume fino a rovinare la trama.
Un buon editor riconosce cosa non funziona nell'incastro; se la caratterizzazione dei personaggi è coerente con le loro azioni; si accorge se certe parti (descrizioni, dialoghi) sono superflue e se altre, invece, vanno scritte.  Se l'autore perde un punto di vista per strada o se cade in facili tentazioni (spiegoni) per paura di non essere capito.
Un editor che si rispetti... rispetta il testo. Taglia con attenzione ma senza pietà né facendo processi all'autore per i suoi problemi a fare ciò che dovrebbe fare (succede anche questo) perché troppo legato a ciò che ha scritto.
Un editor, se deve, stronca GENTILMENTE e con argomenti che possano convincere l'autore della validità del suo punto di vista e tra questi non c'è il pulpito professionale dal quale predicare la sua supposta superiorità.
Un buon editor infatti può anche cambiare idea su certe cose, riconsiderare un giudizio e mediare (persino in un teso confronto, se si deve) è necessario quando si ha a che fare con una persona giustamente gelosa del suo lavoro (e intendo in senso sano, perché di megalomani presuntuosi è pieno il mondo e figuriamoci quando si parla di "arte").

Credo che scrivere una buona storia non sia da tutti. Che ci voglia più talento di quanto oggi faccia comodo riconoscere a qualcuno che ce l'ha davvero (siamo nell'epoca delle scuole e del "se ti impegni, puoi" e non è vero, è una balla) ma ce ne vuole anche per fare l'editor che è una forma di arte. Non devi solo conoscere bene la lingua, ma devi pure avere "orecchio" per le varie accordature; capacità di trascendere i tuoi gusti e un "tocco sensibile" che non puoi guadagnare sul campo né con l'esperienza. Quelle invece possono aiutarti (tanto) ad avere a che fare con le persone.
Aggiungo pure che se ci vuole davvero cervello a creare un valdido incastro, ce ne vuole almeno altrettanto per capire  i limiti di una costruzione narrativa prodotta da una persona che magari ragiona in modo completamente diverso da come faresti, soprattutto se scrivi pure tu e hai un tuo stile personale che si esprime in senso opposto rispetto a quello dell'autore che stai aiutando in quel momento.

Refusi e grossolane correzioni sono proprio in coda a tutto il resto.
Questo è però il mio punto di vista su un mestiere che non è il mio ma per il quale nutro profondo rispetto e sincera ammirazione.

Scrivere in maniera corretta significa solo una cosa: esattamente quel che vuol far intendere. E ciò non ha nulla a che fare con i propri stili di scrittura.

Hai parlato prima dell'importanza dell'editing, che sottoscrivo ancora, per poi criticarne alcune derive appiattenti. Per quanto mi riguarda, nelle due vote che sono stato pubblicato, ho lasciato fare alle (piccole) CE che mi avevano scelto. Ho solo rivisto il risultato finale e segnalato, correggendo, ciò che non mi convinceva dell'editing. Ma si trattava di un romanzo breve (in inglese) e di un racconto breve (in italiano).

Adesso che lavoro a un romanzo vero e proprio, la collaborazione col mio editor (scelto su consiglio di un amico, uno scrittore pubblicato più volte) è stata una benedizione. Non mi sono affatto sentito appiattito, ma aiutato a rivedere una serie di errori (anche valutativi sui temi, le soluzioni narrative, eventuali "spiegoni", ecc) che non riuscivo più a notare. Ovvio che refusi e sciocchezze simili non appartengono a ciò che intendevo.

Su ogni tema la casistica è varia, ma - ribadisco - l'utilità di un buon editor è indiscutibile. Soprattutto per far fronte alla presunzione dei sedicenti scrittori, di cui è pieno il globo.

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43 minuti fa, Sennafumi ha scritto:

Scrivere in maniera corretta significa solo una cosa: esattamente quel che vuol far intendere. E ciò non ha nulla a che fare con i propri stili di scrittura.

Hai parlato prima dell'importanza dell'editing, che sottoscrivo ancora, per poi criticarne alcune derive appiattenti. Per quanto mi riguarda, nelle due vote che sono stato pubblicato, ho lasciato fare alle (piccole) CE che mi avevano scelto. Ho solo rivisto il risultato finale e segnalato, correggendo, ciò che non mi convinceva dell'editing. Ma si trattava di un romanzo breve (in inglese) e di un racconto breve (in italiano).

Adesso che lavoro a un romanzo vero e proprio, la collaborazione col mio editor (scelto su consiglio di un amico, uno scrittore pubblicato più volte) è stata una benedizione. Non mi sono affatto sentito appiattito, ma aiutato a rivedere una serie di errori (anche valutativi sui temi, le soluzioni narrative, eventuali "spiegoni", ecc) che non riuscivo più a notare. Ovvio che refusi e sciocchezze simili non appartengono a ciò che intendevo.

Su ogni tema la casistica è varia, ma - ribadisco - l'utilità di un buon editor è indiscutibile. Soprattutto per far fronte alla presunzione dei sedicenti scrittori, di cui è pieno il globo.

La penso esattamente come te.
Sarei interessato a conoscere il nome dell'editor che hai scelto. Io, per scelta più che altro (perché ho avuto delle proposte ma presuppongono tutte che io renda nota la mia identità personale e me ne vada in giro per l'Italia a fare presentazioni, cosa che odio anche solo come situazione) non ho pubblicato che racconti su riviste on line e cartacee e devo dire di aver avuto esperienze buone/discrete con le persone che si sono occupate dell'editing miei testi. Anche sulle riviste di settore dove ho pubblicato dei miei contributi di altra natura (scrivo d'Arte e sono un pittore) sono stati trattati molto correttamente e con estrema professionalità.
Ma ho visto fare cose assurde con i lavori di persone che conosco bene (... ) e nei due corsi che ho seguito, ho anche preso atto che la tendenza di molti è vedere l'editor come "un correttore" quando invece è davvero molto altro.
Soprattutto altro.
Non do quindi la colpa a una categoria ma prendo atto che troppi si improvvisano quello che non sono o non sono in grado di fare.

Per quel che riguarda la correttezza della Lingua ...
Continuo a dire che ci sarebbe molto da discutere sulla flessibilità che dovrebbe in senso "autoriale" rispetto a ciò che è giusto aspettarsi da quella utilizzata per una comunicazione di tipo informativo (ma proprio molti neologismi, soprattutto in passato, avevano origine dal linguaggio giornalistico che quindi ha sempre cercato coloriture personali e creative, quindi figuriamoci quanto possa venire spontaneo a qualcuno che pensa di scrivere qualcos'altro).
Anche piazzare le virgole (cosa molto difficile e per la quale abbiamo tutti problemi, più o meno gravi) è qualcosa di assolutamente secondario rispetto al resto.
La correttezza è troppo spesso un ring sul quale un maestrino petulante si picchia con un autore che intende prendere "una buona licenza" sulla regola.
Succede quasi più spesso che correggere strafalcioni epici.

Ma come ho detto è il mio punto di vista.
Certo... A tutto c'è un limite.
E ci sono pure cose che non avevo idea che esistessero, forse perché davvero troppo ingenuo.
Pensa che un mio amico ha recentemente presentato a una casa editrice una sinossi di un romanzo che credeva potesse loro interessare per argomento e genere. 
Costoro hanno accettato "con riserva" ossia... Lo hanno costretto a svolgerlo, passo passo, come piaceva all'editore (non all'editor!) per poi scaricarlo ("il risultato finale non è esaltante") alla fine di un processo lungo e fastidioso nel quale avevano preteso centomila cambiamenti a personaggi e trama (addirittura con l'inserimento "doveroso" di "idee" di questo editore).
Sul risultato finale non do loro torto: era pessimo.
La trama era deformata, i personaggi erano diventati ridicoli...
Sembrava più uno stupro creativo che un testo. E si vedeva chiaramente.
Sono rimasto scandalizzato da questo modo assurdo di procedere ma mi è stato detto che molte case editrici PRETENDONO qualcosa del genere, fino alla riscrittura del testo (nei casi nei quali l'idea sia buona ma lo svolgimento catastrofico). Ecco...
Queste sono cose che non capisco e non accetto.
Sono motivazioni e fatti che mi avrebbero spinto verso il Self, fosse davvero la possibilità di farsi leggere davvero e da un buon numero di persone (ed è questo che dubito fortemente).
Ma sono pure quello che ha rifiutato contratti (e contatti) che altri avrebbero ammazzato per avere quindi...
Sono forse fuori dal mondo (e probabilmente un mio romanzo non verrà mai pubblicato).

 

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17 minuti fa, Mattia Alari ha scritto:

La penso esattamente come te.
Sarei interessato a conoscere il nome dell'editor che hai scelto. Io, per scelta più che altro (perché ho avuto delle proposte ma presuppongono tutte che io renda nota la mia identità personale e me ne vada in giro per l'Italia a fare presentazioni, cosa che odio anche solo come situazione) non ho pubblicato che racconti su riviste on line e cartacee e devo dire di aver avuto esperienze buone/discrete con le persone che si sono occupate dell'editing miei testi. Anche sulle riviste di settore dove ho pubblicato dei miei contributi di altra natura (scrivo d'Arte e sono un pittore) sono stati trattati molto correttamente e con estrema professionalità.
Ma ho visto fare cose assurde con i lavori di persone che conosco bene (... ) e nei due corsi che ho seguito, ho anche preso atto che la tendenza di molti è vedere l'editor come "un correttore" quando invece è davvero molto altro.
Soprattutto altro.
Non do quindi la colpa a una categoria ma prendo atto che troppi si improvvisano quello che non sono o non sono in grado di fare.

Per quel che riguarda la correttezza della Lingua ...
Continuo a dire che ci sarebbe molto da discutere sulla flessibilità che dovrebbe in senso "autoriale" rispetto a ciò che è giusto aspettarsi da quella utilizzata per una comunicazione di tipo informativo (ma proprio molti neologismi, soprattutto in passato, avevano origine dal linguaggio giornalistico che quindi ha sempre cercato coloriture personali e creative, quindi figuriamoci quanto possa venire spontaneo a qualcuno che pensa di scrivere qualcos'altro).
Anche piazzare le virgole (cosa molto difficile e per la quale abbiamo tutti problemi, più o meno gravi) è qualcosa di assolutamente secondario rispetto al resto.
La correttezza è troppo spesso un ring sul quale un maestrino petulante si picchia con un autore che intende prendere "una buona licenza" sulla regola.
Succede quasi più spesso che correggere strafalcioni epici.

Ma come ho detto è il mio punto di vista.
Certo... A tutto c'è un limite.
E ci sono pure cose che non avevo idea che esistessero, forse perché davvero troppo ingenuo.
Pensa che un mio amico ha recentemente presentato a una casa editrice una sinossi di un romanzo che credeva potesse loro interessare per argomento e genere. 
Costoro hanno accettato "con riserva" ossia... Lo hanno costretto a svolgerlo, passo passo, come piaceva all'editore (non all'editor!) per poi scaricarlo ("il risultato finale non è esaltante") alla fine di un processo lungo e fastidioso nel quale avevano preteso centomila cambiamenti a personaggi e trama (addirittura con l'inserimento "doveroso" di "idee" di questo editore).
Sul risultato finale non do loro torto: era pessimo.
La trama era deformata, i personaggi erano diventati ridicoli...
Sembrava più uno stupro creativo che un testo. E si vedeva chiaramente.
Sono rimasto scandalizzato da questo modo assurdo di procedere ma mi è stato detto che molte case editrici PRETENDONO qualcosa del genere, fino alla riscrittura del testo (nei casi nei quali l'idea sia buona ma lo svolgimento catastrofico). Ecco...
Queste sono cose che non capisco e non accetto.
Sono motivazioni e fatti che mi avrebbero spinto verso il Self, fosse davvero la possibilità di farsi leggere davvero e da un buon numero di persone (ed è questo che dubito fortemente).
Ma sono pure quello che ha rifiutato contratti (e contatti) che altri avrebbero ammazzato per avere quindi...
Sono forse fuori dal mondo (e probabilmente un mio romanzo non verrà mai pubblicato).

 

Ti rispondo per punti.

Il nome dell'editor: se lui me lo consentirà, te lo fornirò con piacere.

Sulla correttezza dello scrivere: mi ripeto. Esistono stili (personali, più o meno audaci) e modalità diverse (letteratura, giornalismo, cinema..), ma scrivere bene vuol solo dire quello. Può risultare più o meno avvincente, ma o si scrive correttamente oppure non lo si fa. Le virgole - come la punteggiatura in genere - non sono importanti, sono fondamentali. Qualcuno ha provato a eliminarle, ma si è trattata di provocazione artistica e non credo ripetibile. ;)

Sulle CE: le mie esperienze le ho fornite. Non credo che una CE seria si metta a riscrivere un testo (non avrebbe senso, a meno di non essere certa di avere un crack fra le mani, di un autore magari ancora acerbo). Una CE seria, se decide di prendere un autore, ha il diritto di modificare e intervenire quando vuole nel processo di pubblicazione  in accordo con lo stesso, ma difficilmente stravolgerà ciò in cui ha creduto. Poi, che ci siano poche CE serie, è un altro discorso.

Sulle tue scelte personali: inutile dire che dovresti fare ciò che senti, ma fossi in te sarei meno categorico.  Magari mi sbaglio, ma nelle tue parole leggo indecisioni almeno pari alle tue convinzioni. Non si tratta di essere fuori dal mondo, ci siamo tutti dentro, chi più chi meno volentieri, ma di capire cosa ci fa star bene. Se ciò è la mera scrittura (o pittura, magari, nel tuo caso), al diavolo il resto. Se invece scegli di confrontarti con le pubblicazioni, self o meno, dovrai per forza di cose scendere a compromessi se vuoi che il tuo prodotto venga letto dalle persone, che si tratti di pubblicizzarlo sui social o nelle librerie.

In bocca al lupo.

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14 minuti fa, Sennafumi ha scritto:

Ti rispondo per punti.

Il nome dell'editor: se lui me lo consentirà, te lo fornirò con piacere.

Sulla correttezza dello scrivere: mi ripeto. Esistono stili (personali, più o meno audaci) e modalità diverse (letteratura, giornalismo, cinema..), ma scrivere bene vuol solo dire quello. Può risultare più o meno avvincente, ma o si scrive correttamente oppure non lo si fa. Le virgole - come la punteggiatura in genere - non sono importanti, sono fondamentali. Qualcuno ha provato a eliminarle, ma si è trattata di provocazione artistica e non credo ripetibile. ;)

Sulle CE: le mie esperienze le ho fornite. Non credo che una CE seria si metta a riscrivere un testo (non avrebbe senso, a meno di non essere certa di avere un crack fra le mani, di un autore magari ancora acerbo). Una CE seria, se decide di prendere un autore, ha il diritto di modificare e intervenire quando vuole nel processo di pubblicazione  in accordo con lo stesso, ma difficilmente stravolgerà ciò in cui ha creduto. Poi, che ci siano poche CE serie, è un altro discorso.

Sulle tue scelte personali: inutile dire che dovresti fare ciò che senti, ma fossi in te sarei meno categorico.  Magari mi sbaglio, ma nelle tue parole leggo indecisioni almeno pari alle tue convinzioni. Non si tratta di essere fuori dal mondo, ci siamo tutti dentro, chi più chi meno volentieri, ma di capire cosa ci fa star bene. Se ciò è la mera scrittura (o pittura, magari, nel tuo caso), al diavolo il resto. Se invece scegli di confrontarti con le pubblicazioni, self o meno, dovrai per forza di cose scendere a compromessi se vuoi che il tuo prodotto venga letto dalle persone, che si tratti di pubblicizzarlo sui social o nelle librerie.

In bocca al lupo.

Si può "scartare" la norma solo se si padroneggia la regola in modo perfetto. Sulle virgole... Beh, sono fondamentali! Ma le citavo come problema diffuso anche tra coloro che scrivono benissimo (grandi autori) quindi qualcosa che un lettore professionale dà già per "scontato" di trovare anche in bel testo e che si può facilmente sistemare in poco tempo.

Per il resto... Sono d'accordo: nessuna CE seria dovrebbe fare certe cose ma quella di cui parlavo passa pure per essere un'emergente di qualità (e ha gli autori ovunque) e l'altra che ha impiegato UN ANNO a riscrivere da capo un manoscritto ... Pure. Due bei nomi.
Di micro stamperie armate di pochi mezzi e pessime intenzioni... pieno. Mi scandalizza maggiormente che siano realtà premiate, quelle che si permettono certi interventi.

No, non provo alcun tipo di indecisione al proposito del mio essere rassegnato al fatto che non sarò pubblicato ma
Solo fisiologica amarezza perché non sono stato "scartato" per mancanza di valore o interesse da parte delle CE ma perché non sono disposto a fare certe cose.

Io poi vivo e lavoro in Scozia e non mi si può chiedere di andare in giro per l'Italia per andare a piazzare copie del mio lavoro! E' compito di una CE farlo!
Devo pure ammettere che per carattere io non provo alcun interesse per le pubbliche relazioni, così come molti altri autori prima di me.
Anche nel caso del mio lavoro artistico... Scarico tutto su chi deve vendere e alla larga dal pubblico.

Che mi si neghi la possibilità di restare nell'ombra è deprimente. Che mi si imponga di usare il mio nome, cognome, rendere nota la mia biografia... Un atto di prepotenza che non aggiunge niente alla mia proposta e mi toglie la possibilità di non essere giudicato criticamente usando date e curriculum come misura utile a valutare il mio lavoro.
E' scorretto e riduttivo.

Sono ovviamente disposto sempre a sostenere ciò che faccio (ma "metterci la faccia" non è affatto garanzia di maggiore senso di responsabilità al proposito) ma gli strumenti di promozione potrebbero addirittura fare a meno dell'Autore (fisicamente) se fossero utilizzati per sostenere e proporre qualcosa di valido.
E poi, siamo sinceri: il mondo cambia e restare ancora "fissati" con le presentazioni nella libreria locale con intervista del prof della scuola media del posto che legge stralci di un libro di fronte a 10 anziani annoiati... fa sorridere sarcasticamente!
I firmacopie al centro commerciale non fanno per me.
Le fiere "gioco al massacro" dove le persone si ammazzano per una piastrella di visibilità o per "farsi vedere da gente che conta" sono inferni nei quali non merito di mettere piede.
Molta gente si sente gasata al pensiero di farsi conoscere e riconoscere ma io vorrei solo fare conoscere il mio lavoro. Io non servo. Non conto niente.
Non mi interessa neanche definirmi "scrittore" ed essere riconosciuto socialmente come tale.

Comunque... Viva il Lupo (per entrambi) e buona fortuna per la tua carriera di autore! (e spero potrai farmi sapere il nome del tuo editor).
 

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40 minuti fa, Mattia Alari ha scritto:

Si può "scartare" la norma solo se si padroneggia la regola in modo perfetto. Sulle virgole... Beh, sono fondamentali! Ma le citavo come problema diffuso anche tra coloro che scrivono benissimo (grandi autori) quindi qualcosa che un lettore professionale dà già per "scontato" di trovare anche in bel testo e che si può facilmente sistemare in poco tempo.

Per il resto... Sono d'accordo: nessuna CE seria dovrebbe fare certe cose ma quella di cui parlavo passa pure per essere un'emergente di qualità (e ha gli autori ovunque) e l'altra che ha impiegato UN ANNO a riscrivere da capo un manoscritto ... Pure. Due bei nomi.
Di micro stamperie armate di pochi mezzi e pessime intenzioni... pieno. Mi scandalizza maggiormente che siano realtà premiate, quelle che si permettono certi interventi.

No, non provo alcun tipo di indecisione al proposito del mio essere rassegnato al fatto che non sarò pubblicato ma
Solo fisiologica amarezza perché non sono stato "scartato" per mancanza di valore o interesse da parte delle CE ma perché non sono disposto a fare certe cose.

Io poi vivo e lavoro in Scozia e non mi si può chiedere di andare in giro per l'Italia per andare a piazzare copie del mio lavoro! E' compito di una CE farlo!
Devo pure ammettere che per carattere io non provo alcun interesse per le pubbliche relazioni, così come molti altri autori prima di me.
Anche nel caso del mio lavoro artistico... Scarico tutto su chi deve vendere e alla larga dal pubblico.

Che mi si neghi la possibilità di restare nell'ombra è deprimente. Che mi si imponga di usare il mio nome, cognome, rendere nota la mia biografia... Un atto di prepotenza che non aggiunge niente alla mia proposta e mi toglie la possibilità di non essere giudicato criticamente usando date e curriculum come misura utile a valutare il mio lavoro.
E' scorretto e riduttivo.

Sono ovviamente disposto sempre a sostenere ciò che faccio (ma "metterci la faccia" non è affatto garanzia di maggiore senso di responsabilità al proposito) ma gli strumenti di promozione potrebbero addirittura fare a meno dell'Autore (fisicamente) se fossero utilizzati per sostenere e proporre qualcosa di valido.
E poi, siamo sinceri: il mondo cambia e restare ancora "fissati" con le presentazioni nella libreria locale con intervista del prof della scuola media del posto che legge stralci di un libro di fronte a 10 anziani annoiati... fa sorridere sarcasticamente!
I firmacopie al centro commerciale non fanno per me.
Le fiere "gioco al massacro" dove le persone si ammazzano per una piastrella di visibilità o per "farsi vedere da gente che conta" sono inferni nei quali non merito di mettere piede.
Molta gente si sente gasata al pensiero di farsi conoscere e riconoscere ma io vorrei solo fare conoscere il mio lavoro. Io non servo. Non conto niente.
Non mi interessa neanche definirmi "scrittore" ed essere riconosciuto socialmente come tale.

Comunque... Viva il Lupo (per entrambi) e buona fortuna per la tua carriera di autore! (e spero potrai farmi sapere il nome del tuo editor).
 

Perdonami, mi hai fatto sorridere. Ti spiego il perché

1) Vivi in Scozia: beato te! Ma allora che t'importa delle CE italiane? Sono sicuro che lì, e nel mondo anglosassone in genere, di CE migliori se ne trovano a frotte. Per quanto piccola, l'unica CE che mi ha dato una chance era della California. Per questo, finito l'editing in italiano, comincerò la riscrittura in inglese del manoscritto. Mica voglio fermarmi alle italiche agenzie letterarie o CE...

2) I firmacopie e gli anziani annoiati: mai detto che questa fosse una meta da raggiungere. Scrivere è una necessità, mentre pubblicare è una scelta (a volte di altri, ma in primis sempre tua). Secondo me la bellezza di tutto questo è la comunicazione, non intesa a livello meramente commerciale, ma proprio come dialogo col prossimo. Credo molto nella comunicazione. Ci lamentiamo quasi tutti che manca in ogni campo, non possiamo poi negarla noi per primi. Gli incontri con l'autore sono da leggersi in quest'ottica. Vero che la CE ti potrebbe costringere a presenziare degli eventi, e sono d'accordo con te circa la loro potenziale noiosità, ma sono sempre occasioni di comunicare, di confrontarsi col pubblico (gli altri). Magari fosse questo il problema dell'editoria... Pure il buon vecchio Buck partecipava alle letture dei suoi libri. Non vorrai essere più orso di lui! :)

Ad ogni modo non può esserci amarezza se una cosa non ti va di farla. 

3) Definirsi è di per sé una volgarità. Il mondo ce lo chiede spesso, è vero, ma restare sul vago non ha mai fatto male a nessuno.

Crepi o viva, sto lupo, basta che ci sostenga la salute ;)

 

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16 ore fa, Mattia Alari ha scritto:

Che mi si neghi la possibilità di restare nell'ombra è deprimente. Che mi si imponga di usare il mio nome, cognome, rendere nota la mia biografia... Un atto di prepotenza che non aggiunge niente alla mia proposta e mi toglie la possibilità di non essere giudicato criticamente usando date e curriculum come misura utile a valutare il mio lavoro.
E' scorretto e riduttivo.

Buongiorno Mattia, sicuro che non ci sia un'altra possibilita'? :-):

Io nei mei scritti uso uno pseudonimo e al posto della biografia metto dati generici.

 

16 ore fa, Mattia Alari ha scritto:

E poi, siamo sinceri: il mondo cambia e restare ancora "fissati" con le presentazioni nella libreria locale con intervista del prof della scuola media del posto che legge stralci di un libro di fronte a 10 anziani annoiati... fa sorridere sarcasticamente!
I firmacopie al centro commerciale non fanno per me.

Su questo punto sono piu' d'accordo con @Sennafumi.

Cioe' pur scrivendo sotto pseudonimo, per me gli "incontri con i lettori" (non mi piace il termine firmacopie) e' credo il momento piu' edificante per uno scrittore perche' e' la scusa per scambiare opinioni (e magari prendere qualche critica o batosta che ti fa crescere). 

Credo che "l'incontro con i lettori" piu' bello che abbia avuto e' stato in una scuola, dove i ragazzi mi hanno "bombardato" di curiosita' e dove ho cercato di infondere il seme della scrittura (quanto meno per incuriosire e stimolare) e mi hanno fatto riflettere su cose a cui non avevo pensato.

In questi incontri piu' che dare ho ricevuto molto e questo mi fa crescere come persona innanzitutto, poi anche come scrittore.

 

 

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17 ore fa, Mattia Alari ha scritto:


Comunque... Viva il Lupo (per entrambi) e buona fortuna per la tua carriera di autore! (e spero potrai farmi sapere il nome del tuo editor).
 

Buongiorno, ho avuto il permesso di dare il suon nome. Si tratta di Marco Parolai. Se hai bisogno del contatto, scrivimi in pvt (sempre si possa qui)

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Il 8/1/2024 at 18:40, Mattia Alari ha scritto:

Ma chi ti assicura che il tuo testo sia valido, per esempio?
Io non ho mai una "presunzione" del genere verso qualcosa di mio. Anzi. Il mio lavoro potrebbe persino non essere concluso come credo e io non rendermi conto di quanto potrebbe essere sbagliato pubblicarlo in un certo stato piuttosto che farlo sedimentare (come si dice sempre) magari spostando l'attenzione su un nuovo progetto o qualcosa di molto diverso.
La fretta è pessima consigliera.  E pur essendo un improvvisatore... Detesto correre in avanti perché si va regolarmente contro i muri.

Sono un po' incusiosito dal fatto che tu ritieni di aver imparato l'editing per risparmiare.
Trovo l'affermazione un po' strana ma forse intendiamo due cose diverse.
L'editing non è la correzione di bozze, che puoi davvero imparare a fare (soprattutto se rileggi una cosa dopo un paio di settimane come minimo) ma qualcosa di molto più complesso e per il quale c'è assolutamente bisogno di una visione esterna e da parte di una mente differente da quella che ha prodotto il testo.
Se continui a fare lo stesso errore di logica, per esempio, come farai a renderti conto che il meccanismo di un'azione non funziona? Se nessuno mette in dubbio la tenuta narrativa di una tua scelta?
E parliamo dei nostri naturalissimi vizi formali...
Come potresti venirne fuori (davvero) da solo?

L'editing non è neanche una cosa che possa fare un lettore forte, che può darti invece un buon parere globale sul tuo lavoro (sempre però molto soggettivo e condizionato dal suo gusto personale) ma... l'editing vero e proprio è un processo lungo e spesso... Dialettico.
Non credo si possa fare editing ai propri testi.
Neanche Eco lo faceva.

Secondo me sopravvaluti troppo le CE. 

Potrei risponderti chiedendoti: chi ti assicura che una CE faccia un editing giusto per dirti cosa va e cosa non va nel tuo testo? Oppure, una CE ha sempre il diritto di decidere quale testo pubblicare e quale no?

Sulla questione self solo per ricchi...beh, guarda, non è che le CE non chiedano soldi. E non parlo di quelle che li chiedono apertamente. Quasi tutte le CE, di riffa o di raffa, ti fanno sborsare qualche "contributo".

 

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3 ore fa, Ged ha scritto:

Secondo me sopravvaluti troppo le CE. 

Potrei risponderti chiedendoti: chi ti assicura che una CE faccia un editing giusto per dirti cosa va e cosa non va nel tuo testo? Oppure, una CE ha sempre il diritto di decidere quale testo pubblicare e quale no?

Sulla questione self solo per ricchi...beh, guarda, non è che le CE non chiedano soldi. E non parlo di quelle che li chiedono apertamente. Quasi tutte le CE, di riffa o di raffa, ti fanno sborsare qualche "contributo".

Scusami ma io non sopravvaluto le CE (anzi...) ma da ciò che scrivi non credo tu abbia avuto alcun tipo di esperienze con realtà di valore e che selezionano seriamente un testo. Le migliori sono in grado quindi di valutarlo (non solo in termini di "commerciabilità") e quindi sì, possono pure risponderti che non vali e non vogliono investire su di te. Una risposta che molti arroganti non vogliono digerire.
La maggior parte degli ambiziosi sforna pattume.
In Arte si crede "popolarmente" che presunzione e una certa dose di caratterialità possano compensare rispetto al resto ma... No. Non è così. Non può fare i miracoli neanche l'impegno. In realtà, è crudele ma la vita è tale, puoi essere certo di valere tantissimo ed essere un genio incompreso ma... Non valere niente (come autore).
Statisticamente è molto più probabile.
Qualcuno può dirlo davvero?
Purtroppo sì.
E sempre facendo riferimento alle probabilità... Quella che tu sia un brocco, piuttosto che un genio, è superiore.

Quanto al fatto che QUASI TUTTE le CE ti chiedano un contributo ... Neanche questo è vero.
Nel Self tu dovresti pagare chi ti fa editing e poi chi ti assicura un prodotto finale professionale, qualcosa che non si confonda con il FAI DA TE di cattivo gusto che si vede in giro e che fa davvero venire i brividi.
Non cito tutte le altre spese, anche organizzative, che nel Self sono sulle tue spalle: Ufficio stampa, ricerca delle location per le presentazioni, pubblicità social e tanto altro.

Un autore scelto da una casa editrice non paga niente.
Non se la casa editrice è tale e non una microstamperia che pretende di costringerlo a comprare copie del suo lavoro (o che l'autore faccia "il piazzista") tutto ciò che serve a proporre e pubblicizzare il libro è sulle spalle della CE.  Direi che è davvero ciò che fa la differenza.
A parte quella, enorme, di essere stati SCELTI.

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7 ore fa, Joe ha scritto:

Buongiorno Mattia, sicuro che non ci sia un'altra possibilita'? :-):

Io nei mei scritti uso uno pseudonimo e al posto della biografia metto dati generici.

Su questo punto sono piu' d'accordo con @Sennafumi.

Cioe' pur scrivendo sotto pseudonimo, per me gli "incontri con i lettori" (non mi piace il termine firmacopie) e' credo il momento piu' edificante per uno scrittore perche' e' la scusa per scambiare opinioni (e magari prendere qualche critica o batosta che ti fa crescere). 

Credo che "l'incontro con i lettori" piu' bello che abbia avuto e' stato in una scuola, dove i ragazzi mi hanno "bombardato" di curiosita' e dove ho cercato di infondere il seme della scrittura (quanto meno per incuriosire e stimolare) e mi hanno fatto riflettere su cose a cui non avevo pensato.

In questi incontri piu' che dare ho ricevuto molto e questo mi fa crescere come persona innanzitutto, poi anche come scrittore.

Abbiamo due punti di vista totalmente opposti.

Per me non vi è nulla di gratificante nell'incontrare il pubblico e poi, seriamente, che pubblico vuoi che incontri un esordiente, quello dei suoi amici e parenti?
L'intervista del prof/giornalista locale me la risparmio, grazie. Non fa per me.
E... mi fa piacere che ci sia qualcuno più tenero di me nei confronti dei GenZ/Y ma io nelle scuole non ci metterei piede neanche con una pistola alla tempia. Il pubblico dei ragazzini è lontanissimo dal mio interesse e io dal loro.

Immagino che sia palese quando "confrontarmi con il pubblico" sia per me solo fonte di stress. Già sui social è terribile ma almeno vi è una buona distanza che non puoi invece prendere dal vivo.
Non sono capace di alcuna forma di cortesia formale.
Consapevole di questo mio limite (e della mia neurodivergenza) ... Sto alla larga da certe situazioni.

Io scrivo (o dipingo) e poi propongo ciò che faccio e finita lì.
La mia persona non c'entra niente e credo che questa brutta tendenza critica a PRETENDERE la biografia dell'autore/artista, in modo da "spiegarlo" e\o etichettarlo, sia qualcosa da respingere.

Se io fossi un personaggio, una persona nota, incontrare il pubblico avrebbe un senso differente e così pure parlare di quello che faccio e del mio processo creativo o anche di me.
Ma da Pinko Pallo non ha alcun senso. A chi frega? Per il pubblico io sono l'equivalente del vicino di casa.
A me non interessa la vita del mio vicino di casa che scrive, al massimo potrei considerare di leggere il suo libro; né andrei mai a una presentazione dove costui ne parla perché è sempre una noia. Il libro si fa scegliere da solo.
Una CE deve spingere il lavoro, non il personaggio.

E' il mio parere e quindi non prenderlo male. Non voglio mancare di rispetto a chiunque la pensi diversamente da me ma vorrei spiegare che non volere certe cose non vuol dire necessariamente MERITARE di essere cancellati.
Io non ho ceduto al ricatto. Più volte, fino a ora.

Quanto allo pseudonimo... Non ha senso, se vogliono ovunque la tua foto.
A me non piace farmi vedere. Dovrebbe solo essere rispettato.

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14 ore fa, Mattia Alari ha scritto:

Quanto allo pseudonimo... Non ha senso, se vogliono ovunque la tua foto.
A me non piace farmi vedere. Dovrebbe solo essere rispettato

Nel libro non ho dato manco quella ... E quando me l'hanno chiesta per un articolo on-line, ho dato un avatar.

Per il resto la pensiamo diversamente, ma va bene cosi'.

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20 ore fa, Mattia Alari ha scritto:

Scusami ma io non sopravvaluto le CE (anzi...) ma da ciò che scrivi non credo tu abbia avuto alcun tipo di esperienze con realtà di valore e che selezionano seriamente un testo. Le migliori sono in grado quindi di valutarlo (non solo in termini di "commerciabilità") e quindi sì, possono pure risponderti che non vali e non vogliono investire su di te. Una risposta che molti arroganti non vogliono digerire.
La maggior parte degli ambiziosi sforna pattume.
In Arte si crede "popolarmente" che presunzione e una certa dose di caratterialità possano compensare rispetto al resto ma... No. Non è così. Non può fare i miracoli neanche l'impegno. In realtà, è crudele ma la vita è tale, puoi essere certo di valere tantissimo ed essere un genio incompreso ma... Non valere niente (come autore).
Statisticamente è molto più probabile.
Qualcuno può dirlo davvero?
Purtroppo sì.
E sempre facendo riferimento alle probabilità... Quella che tu sia un brocco, piuttosto che un genio, è superiore.

Quanto al fatto che QUASI TUTTE le CE ti chiedano un contributo ... Neanche questo è vero.
Nel Self tu dovresti pagare chi ti fa editing e poi chi ti assicura un prodotto finale professionale, qualcosa che non si confonda con il FAI DA TE di cattivo gusto che si vede in giro e che fa davvero venire i brividi.
Non cito tutte le altre spese, anche organizzative, che nel Self sono sulle tue spalle: Ufficio stampa, ricerca delle location per le presentazioni, pubblicità social e tanto altro.

Un autore scelto da una casa editrice non paga niente.
Non se la casa editrice è tale e non una microstamperia che pretende di costringerlo a comprare copie del suo lavoro (o che l'autore faccia "il piazzista") tutto ciò che serve a proporre e pubblicizzare il libro è sulle spalle della CE.  Direi che è davvero ciò che fa la differenza.
A parte quella, enorme, di essere stati SCELTI.

Scusami se te lo dico ma il tuo modo di pensare rasenta l'assurdo.
Cioè, quelli che vengono pubblicati da CE sono autori di valore, gli altri no?

Ti ricordo che, proprio le CE che tu esalti, pubblicano una quantità enorme di immondizia, e basta farsi un giro per le librerie per capirlo. Poi, che anche nel self ci sia tanta immondizia nessuno lo nega.

Inoltre, sempre le CE di cui parli, pescano gli youtuber e gli influencer di successo per fargli scrivere paccottiglia da pubblicare, e si tratta di roba di infima qualità.

Il self publishing è una realtà consolidata negli USA e vi ricorrono studiosi, accademici, ricercatori. E nessuno si sogna di dire che fanno schifo solo perché non pubblicano con una CE.

Le CE di valore sono veramente poche e, proprio per questo, non possono praticamente pubblicare tutti i libri, ma ciò non vuol dire che chi è escluso non valga niente o non sappia scrivere. 

Infine, non meno importante, la stragrande maggioranza delle CE vendono i propri autori sulle piattaforme tipo Amazon (senza distribuzione nelle librerie). Ora, perché una CE può vendere lì e uno che si autopubblica non dovrebbe farlo?

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36 minuti fa, Ged ha scritto:

Scusami se te lo dico ma il tuo modo di pensare rasenta l'assurdo.
Cioè, quelli che vengono pubblicati da CE sono autori di valore, gli altri no?

Ti ricordo che, proprio le CE che tu esalti, pubblicano una quantità enorme di immondizia, e basta farsi un giro per le librerie per capirlo. Poi, che anche nel self ci sia tanta immondizia nessuno lo nega.

Inoltre, sempre le CE di cui parli, pescano gli youtuber e gli influencer di successo per fargli scrivere paccottiglia da pubblicare, e si tratta di roba di infima qualità.

Il self publishing è una realtà consolidata negli USA e vi ricorrono studiosi, accademici, ricercatori. E nessuno si sogna di dire che fanno schifo solo perché non pubblicano con una CE.

Le CE di valore sono veramente poche e, proprio per questo, non possono praticamente pubblicare tutti i libri, ma ciò non vuol dire che chi è escluso non valga niente o non sappia scrivere. 

Infine, non meno importante, la stragrande maggioranza delle CE vendono i propri autori sulle piattaforme tipo Amazon (senza distribuzione nelle librerie). Ora, perché una CE può vendere lì e uno che si autopubblica non dovrebbe farlo?

E' il tuo commento ad essere assurdo.

Dovresti leggere meglio cosa ho scritto, ma mi rendo conto che pare essere un problema enorme LEGGERE in un paese dove tutti SCRIVONO.

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Anch'io penso che uno dei compiti principali delle case editrici dovrebbe essere promuovere il libro, senza che l'autore debba farlo....    anch'io abito all'estero e preferirei evitare di firmare i miei libri col mio nome anagrafico, giusto perché non ne vedo il bisogno.   Il copyright uno dovrebbe averlo comunque, no?

Una cosa che ho sentito dire delle case editrici (anche le grosse) è che se decidono di pubblicare il tuo libro ne stampano ad esempio mille copie, poi lo promuovono (se lo fanno) per un limitato lasso di tempo, che può essere giusto una stagione, e poi lo accantonano, per dare spazio alle loro nuove 'novità'.  Le copie che restano si trovano online, forse anche scontate, visto che  il libro ormai è considerato vecchio e non vale la pena investirci, né per pubblicizzarlo, né per ristamparlo ....  ma è davvero così?  

 

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  • 7 mesi dopo...
Il 15/12/2023 at 14:22, Memole ha scritto:

 ho sentito dire che vogliono che vengano fatti certi cambiamenti alla storia, anche se all'autore non piacciono.

Falso. Per esperienza diretta (ho pubblicato gratuitamente con un'ottima casa editrice media) gli interventi sono sempre minimi, o al massimo ti fanno notare che esistono dei buchi di trama. Nessuno può costringerti a cambiare cose importanti della tua storia.
 

Cita

ogliono decidere l'aspetto della copertina, dando all'autore la possibilità di scegliere fra un paio di opzioni, ma niente di più. 

Falso anche questo. Spesso sono gli autori a fare endorsement per alcuni amici illustratori. A volte, ma è più raro, è l'autore stesso a proporre un proprio disegno/foto, come è successo nel mio caso che sono sia illustratore che scrittore. La casa editrice ha accettato tutto in blocco e abbiamo lavorato semmai sulla modifica delle illustrazioni, ma solo seguendo il mio gusto e solo di mia mano.

Cita

Vogliono scegliere il formato del libro,

Non esattamente, anche in questi casi il libro può essere inserito in una collana che segue degli standard precisi. Se hai approfondito il genere di cose che pubblicano, hai accettato anche questo e te lo devi aspettare.

 

Cita

quando pubblicarlo, e quante copie stampare.  Vogliono decidere se è il caso di ristamparlo oppure no. 

Queste sono scelte imprenditoriali ed economiche. Se il libro vende lo ristampi, altrimenti vai in perdita. Per quanto riguarda il quando pubblicarlo, esiste un calendario di uscite: perché dovrebbero far uscire prima il tuo se prima di te ci sono 10-15 autori? Per il numero di copie, c'è un numero base che viene applicato a tutti, sempre per un discorso economico, soprattutto se sei esordiente.

 

Cita

Vogliono decidere, se va all'estero, con quale casa editrice estera verrà pubblicato. 

E ci mancherebbe! Se lo trovi tu un editore estero, sei libero di metterti d'accordo in base al contratto che hai firmato, altrimenti se non riesci a vendere bene nemmeno in patria, chi vorrebbe tradurtelo e pubblicartelo altrove?

 

Cita

Vogliono un'alta percentuale dei guadagni. 

Falso. Il 55-60% se lo mangia la Distribuzione. Il circa 30% le librerie. Tu ti stai letteralmente spartendo le briciole con il tuo editore.

Cita

E cosa offrono?  A parte un minimo guadagno sulle vendite, di correggere il libro, di stamparlo, di distribuirlo, di farne un po' di pubblicità 

LOL. E ti sembra poco? Hai idea di quanto costi stampare un libro con il costo della carta che è lievitato enormemente? Sai quante vagonate di euro si prende la distribuzione? Hai idea di quanto costi fare anche solo un po' di pubblicità?

 

Non andare per sentito dire, consiglio mio.

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