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Cosa ne pensate (sinceramente) del Self publishing?


Mattia Alari

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Il mio parere al proposito è piuttosto negativo per un motivi prima di tutti gli altri: la mancanza di selezione dei testi. Anche se ciò che vedo pubblicato spesso mi fa pensare male del concetto di "selezione".
Senza farla lunga, oggi ho saputo che un mio amico ha deciso di investire nel self e pubblicare il suo libro. Nonostante abbia provato a proporlo (ma senza agente e qualcuno dice che il problema è quello e poi tutto il resto...) è sempre stato o ignorato o respinto.
Sono molte le persone che hanno esperienze simili e per questo molti si armano di quello che alcuni chiamano "coraggio" (una famosa editor lo ha più volte definito così) e fanno da sé.
A maggior ragione quando i testi sono più "difficili".

Voi ne sapete più di me? Perché sarei tentato di dire al mio amico di risparmiare la somma che deve investire (e non è da poco) e farsi un viaggio dopo la fine del Covid, ma penso che l'esasperazione faccia brutti scherzi e magari... Chissà! Forse ha ragione lui a tentare.

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Ospite Alexmusic

A favore come sono della massima libertà d'espressione, non nutro alcun preconcetto contro l'autopubblicazione.
Oggi come oggi, però, in Italia la qualità della stragrande maggioranza dei testi autopubblicati è davvero scadente. Esistono, è vero, diverse eccezioni, alcune delle quali di ottimo livello; ma basta farsi un giro in rete, prendere a caso dodici testi tra i generi più disparati e leggerne l'anteprima, per rendersi conto di cosa sto parlando. Mi dicono che all'estero la situazione è diversa e la qualità più elevata; io però non ho i mezzi per sta stabilire e tale affermazione sia giusta o sbagliata e quindi non esco dai nostri confini.
Condivido la scelta di chi, rendendosi conto che il proprio romanzo è poco appetibile da un punto di vista commerciale, vuoi per i contenuti vuoi per la forma un po' sperimentale, percorre la via del self publishing.
Condivido un po' meno chi segue tale strada col miraggio di maggiori profitti rispetto all'editoria tradizionale. Per produrre un'opera di qualità, bisogna investire in editing, correzione bozze, impaginazione, copertina ecc e non sempre, direi quasi mai, è facile rientrare dell'investimento.
Non condivido per nulla chi arriva all'autopubblicazione come ultima spiaggia, solo perché è stato rifiutato da tutte le CE non a pagamento, anche perché, inutile negarlo, alcune di queste pubblicano solo per far cassa, senza a guardare in bocca al cavallo: se si viene respinti anche da loro, vuol dire che il livello di partenza dell'opera proposta doveva essere davvero basso.

19 ore fa, Mattia Alari ha scritto:

Nonostante abbia provato a proporlo... è sempre stato o ignorato o respinto.

Io una domandina a riguardo me la farei, se fossi nei suoi panni. Se a scartarlo sono state le grandi CE, be' allora posso capire che la mancanza di un agente abbia influito parecchio.
Ma se il niet, o il silenzio, sono arrivati da tutti gli altri, forse siamo di fronte a qualcosa di davvero improponibile.

Modificato da Alexmusic
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2 minuti fa, Alexmusic ha scritto:

 

Io una domandina a riguardo me la farei, se fossi nei suoi panni. Se a scartarlo sono state le grandi CE, be' allora posso capire che la mancanza di un agente abbia influito parecchio.
Ma se il niet, o il silenzio, sono arrivati da tutti gli altri, forse siamo di fronte a qualcosa di davvero improponibile.

Di domande me ne faccio molte e mi rendo conto che però anche nelle piccole e medie case editrici è sempre più richiesto l'agente. Cosa che non credevo.

Se poi pensi di guadagnare dalla scrittura (e in Italia!) mi sa che sei un po' un illuso e pagare avanti (pure parecchio) è secondo me proprio di chi non potrebbe mai essere pubblicato ma desidera ardentemente esserlo per vanità. Nella valanga di spazzatura del self, come trovi le cose buone?
Credo, mio parere e come tale ha il suo limite, che sia l'ultima spiaggia.
 

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Ospite Alexmusic
Adesso, Mattia Alari ha scritto:

Nella valanga di spazzatura del self, come trovi le cose buone?

Con molta fatica.
Le trovi se l'autore ha un minimo di dimestichezza coi social o coi vari blog letterari o attraverso il passa parola.
Difficile trovarle per caso o per fortuna.

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Da lettrice, un piccolo editore che non conosco o una autopubblicazione per me sono esattamente la stessa cosa, non mi danno garanzie diverse. Se l'autore mi convince, compro il libro in entrambi i casi, se no, no. 

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Ospite Francesca Penelope

Ciao e innanzitutto grazie per il post, Mattia.

Anche io ho opinioni contrastanti su questo argomento e spero potremmo confrontarci. Sono molto curiosa di conoscere l'opinione degli utenti e cambiare o eventualmente confermare la mia.

Comincio con il dire di conoscere personalmente autori che hanno fatto la scelta di pubblicare da indipendenti e i loro lavori sono ben fatti, curati nei minimi dettagli sia della scrittura che della grafica di copertina, fino ad arrivare all'impaginazione.

Come mai, però? Presto detto: si sono appoggiati a degli esperti del settore. Betareaders in primo luogo, poi correttori di bozze ed editor professionisti, grafici, e inoltre esperti di marketing e promozione. 

Veniamo ora al rovescio della medaglia: tutti, ma proprio tutti, anche mia zia Concetta (che non esiste tra l'altro) può pubblicare. Dunque in qualche caso la qualità manca terribilmente e gli autori si definiscono scrittori, dicono di aver pubblicato un libro. Ehm... semplicemente hai condiviso qualcosa, pubblicare davvero è qualcosa di differente, per me.

Questo cosa implica? anche questo presto detto: poca, pochissima qualità

Io di fatti preferisco passare per un editore, non per altro, ma per la soddisfazione di ricevere (eventualmente) un feedback positivo che da valore al mio libro.

 

Importante Postilla:

Io ho pubblicato in self, due libri. Una è una raccolta di attività didattiche per l'insegnamento della lingua inglese, ho preferito agire senza proporla ad alcuna CE poiché è un manuale di nicchia, che può interessare poco al pubblico. E poi non vedevo l'ora di renderla disponibile.

Inoltre ho autopubblicato due racconti. Chi mi pubblicherebbe due racconti per un totale di 60 pagine? Penso praticamente nessuno e volevo renderli comunque pubblici per non tenerli in un cassetto.

 

Vedi, ci sono molti fattori da considerare. Non ho opinione positiva o negativa estrema, bisogna sempre considerare svariati fattori.

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Ospite Francesca Penelope

@Giovanna23 Però non è sempre così, esistono altri casi. Dicevo appunto il mio, per il mio manuale di didattica, scelto di pubblicare in self perché il mercato delle guide per docenti, quelle spicce per intenderci, è in autopubblicazione. O talvolta per i racconti vale lo stesso discorso...

Cioè, intendo dire, che a volte si salta il passaggio dalla CE

Modificato da Francesca Penelope
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5 minuti fa, Francesca Penelope ha scritto:

@Giovanna23 Però non è sempre così, esistono altri casi. Dicevo appunto il mio, per il mio manuale di didattica, scelto di pubblicare in self perché il mercato delle guide per docenti, quelle spicce per intenderci, è in autopubblicazione. O talvolta per i racconti vale lo stesso discorso...

La faccenda dei racconti mi turba particolarmente e spiego perché.
Viene detto che non sono "graditi" al pubblico, che preferisce i romanzi, eppure una casa editrice nuova "La racconti" basa tutto sul mercato che possano avere. E se mettiamo da parte le raccolte di autori famosi, spesso lavori di secondo piano o tradotti per la prima volta, i racconti hanno una diffusione davvero notevole. Le riviste letterarie ne propongono differenti a cadenza periodica; gli editori (anche medio piccoli) sfornano raccolte, spesso di autori già conosciuti tramite le riviste letterarie, e questi libri sono ovunque sui social. Chiaramente non posso dire se e quanto vendano, ma presumo che l'investimento abbia un certo senso.
Mi chiedo allora PER QUALE MOTIVO (uno reale) una raccolta di racconti viene spessa definita come "un prodotto non che si può proporre al pubblico".
 

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Ospite Francesca Penelope
46 minuti fa, Mattia Alari ha scritto:


Viene detto che non sono "graditi" al pubblico, che preferisce i romanzi, eppure una casa editrice nuova "La racconti" basa tutto sul mercato che possano avere. E se mettiamo da parte le raccolte di autori famosi, spesso lavori di secondo piano o tradotti per la prima volta, i racconti hanno una diffusione davvero notevole. Le riviste letterarie ne propongono differenti a cadenza periodica; gli editori (anche medio piccoli) sfornano raccolte, spesso di autori già conosciuti tramite le riviste letterarie, e questi libri sono ovunque sui social. Chiaramente non posso dire se e quanto vendano, ma presumo che l'investimento abbia un certo senso.
Mi chiedo allora PER QUALE MOTIVO (uno reale) una raccolta di racconti viene spessa definita come "un prodotto non che si può proporre al pubblico".
 

Guarda, ti do ragione per quanto riguarda le riviste letterarie, nel senso che si potrebbe pensare di proporli a quelle, assolutamente.

 

Sarebbe interessante approfindire il perchè molte CE indicano espressamente di non considerare raccolte di racconti.

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1 minuto fa, Francesca Penelope ha scritto:

Guarda, ti do ragione per quanto riguarda le riviste letterarie, nel senso che si potrebbe pensare di proporli a quelle, assolutamente.

 

Sarebbe interessante approfindire il perchè molte CE indicano espressamente di non considerare raccolte di racconti.

Io ho proposto dei racconti e sono stati pubblicati. E un paio di tentativi aperti proprio in questo periodo.
Seguo una rivista letteraria, leggo e se mi piace e mi interessa cosa pubblica, propongo qualcosa di mio.
Dovresti fare così anche tu, lo consiglio a chiunque voglia farsi conoscere. Non avevo un'idea molto positiva delle riviste, sono sincero; ma sono così tante e così diverse che, anche se bene o male si conoscono tutte e spesso hanno molta gente in comune (troppa, in certi casi) hanno notevole personalità individuale.
Purtroppo un paio di storiche si sono invece perse miseramente, passando di mano, ma... ci sta. E' la vita.
Sempre seguendo le riviste, dicevo, mi sono reso conto che molti autori sono già seguiti da agenti e pare necessario visto (ad esempio) che in un'intervista che ho letto in giro tempo fa anche una piccola casa editrice nota per pubblicare solo racconti, dica di non accettare invii spontanei perché si affida "a professionisti". Non è una critica verso la casa editrice in questione (ovviamente) ma pare che per ottenere attenzione anche da realtà più piccole tu abbia bisogno di molti mediatori.

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17 ore fa, Mattia Alari ha scritto:

La faccenda dei racconti mi turba particolarmente e spiego perché.
Viene detto che non sono "graditi" al pubblico, che preferisce i romanzi, eppure una casa editrice nuova "La racconti" basa tutto sul mercato che possano avere. E se mettiamo da parte le raccolte di autori famosi, spesso lavori di secondo piano o tradotti per la prima volta, i racconti hanno una diffusione davvero notevole. Le riviste letterarie ne propongono differenti a cadenza periodica; gli editori (anche medio piccoli) sfornano raccolte, spesso di autori già conosciuti tramite le riviste letterarie, e questi libri sono ovunque sui social. Chiaramente non posso dire se e quanto vendano, ma presumo che l'investimento abbia un certo senso.
Mi chiedo allora PER QUALE MOTIVO (uno reale) una raccolta di racconti viene spessa definita come "un prodotto non che si può proporre al pubblico".
 

I racconti non vendono perchè la gente legge solo i racconti di autori famosi. Se si vuole pubblicare racconti è necessario affidarsi a case editrici che li contemplino nel catalogo.

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17 minuti fa, Giovanna23 ha scritto:

I racconti non vendono perchè la gente legge solo i racconti di autori famosi. Se si vuole pubblicare racconti è necessario affidarsi a case editrici che li contemplino nel catalogo.

Infatti si sta parlando di quello...

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Si parla di quello, ma evidentemente la cosa non è chiara. I racconti di un autore piccole non interessano. Se spedisci a case editrici casuali ti diranno che i racconti non vendono, così come le eap ti diranno che è necessario versare un contributo. Se si vuole pubblicare una raccolta è necessario identificare chi ne fa una parte del proprio lavoro.

In alternativa ti chiami Veltroni e fai uscire testi brutti in formato 8x3.

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9 minuti fa, Giovanna23 ha scritto:

Si parla di quello, ma evidentemente la cosa non è chiara. I racconti di un autore piccole non interessano. Se spedisci a case editrici casuali ti diranno che i racconti non vendono, così come le eap ti diranno che è necessario versare un contributo. Se si vuole pubblicare una raccolta è necessario identificare chi ne fa una parte del proprio lavoro.

Perdona, ma non ti è chiaro che si sta parlando di racconti di esordienti <--- usciti per case editrici medio piccole. E credo che ormai nessuno sia così gonzo da mandare i propri lavori ovunque (... lo spero...)! Come minimo conosci l'editore e il suo catalogo. L'ultima frase che hai scritto poi... non mi è chiara. Ma se volevi dire che è parte del lavoro "dello scrittore" quello di capire a chi inviare ciò che si è scritto, credo che sia ovvio.
La questione è un'altra: se viene detto generalmente DA TUTTI che i racconti non vendono e non interessano, ma si vedono uscire in continuazione raccolte di racconti (di esordienti) e ci sono case editrici che propongo solo quello... Bisognerebbe capire se è vero che non vendono e non si possono proporre, perché così non pare.

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A me un gruppo editoriale propose 600 copie di prima stampa per la mia raccolta di racconti. Mi dissero che loro avrebbero promosso e distribuito, ma non avevano tempo di farmi presentare o simili. Come vendere 600 (seicento) copie da solo, e solo come prima stampa? Boh. Però il contratto prevedeva quello.

Ero (e sono) un emergente.

 

Il discorso piccole case editrici che pubblicano testi di raccolte, così a caso, è dovuto al fatto che alcune stampano cinquanta copie che vendono ai tuoi conoscenti. Poi ci sono quelle che li pubblicano perché, boh? Ritengono sia una scelta giusta.

Personalmente ritengo che il pubblico medio, considerazione personale, se vede una raccolta di racconti di pincopalla, pensa: "manco morto, non leggo racconti brevi che non significano nulla", mentre se vedono "Romance" lo comprano subito, perché è palahniuk.

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3 minuti fa, Giovanna23 ha scritto:

Il discorso piccole case editrici che pubblicano testi di raccolte, così a caso, è dovuto al fatto che alcune stampano cinquanta copie che vendono ai tuoi conoscenti. Poi ci sono quelle che li pubblicano perché, boh? Ritengono sia una scelta giusta.

 

Se segui le riviste letterarie, spesso alcune fanno presente che persone che hanno scritto per loro ora sono al primo lavoro pubblicato da case editrici (più o meno importanti ma spesso medie e piccole). Novanta volte su cento i lavori degli esordienti sono raccolte di racconti. Di queste raccolte, spesso molto positivamente criticate, una certa percentuale è addirittura "sperimentale" o atipica. Quindi la domanda resta. Come per altri strani misteri.

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Io sono un’autrice ibrida e pubblico sia in self che con editore (premetto che scrivo di un genere estremamente specifico per la quale in Italia al momento esistono solo due CE specializzate e altre tre, tra cui un grosso editore, hanno solo una collana dedicata).

Credo e ho sempre sostenuto che il self publishing (o autoeditoria che di si voglia) vada affrontato con professionalità, spesso più estrema rispetto a quello con un editore, perché tutto quello che normalmente lo deve fare un editore (grafica, impaginazione, editing, etc) ricade sull’autore. Di conseguenza non può essere una cosa campata per aria.

Io ho scelto la strada del collettivo di autoproduzione: siamo cinque donne (scriviamo tutte lo stesso genere) e ognuna di noi ha delle specifiche competenze editoriali (nel nostro caso tutte abbiamo lavorato precedentemente in editoria) che ci permettono di ottenere prodotti di qualità pressoché identica a quella di un editore (o almeno, questo è quello che ci dicono i nostri lettori).
Questo ci ha permesso di avere controllo su tutto: i tempi di produzione, il calendario editoriale, l’aspetto economico, i report, le scelte stilistiche.

Allo stesso tempo però ho una selezione di testi destinata alla casa editrice per cui pubblico. 

Per cui credo che ricorrere al self publishing perché il proprio testo è stato rifiutato da ogni editore credo sia uno sbaglio garguantesco e che va a ingrossare le fila di quei prodotti malfatti per la quale il self publishing è purtroppo famoso.

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3 minuti fa, queenseptienna ha scritto:

Io sono un’autrice ibrida e pubblico sia in self che con editore (premetto che scrivo di un genere estremamente specifico per la quale in Italia al momento esistono solo due CE specializzate e altre tre, tra cui un grosso editore, hanno solo una collana dedicata).

Posso chiederti  qual è il genere "estremamente specifico"? Perdona, ma sono curioso.

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Ospite Francesca Penelope
5 minuti fa, queenseptienna ha scritto:

Per cui credo che ricorrere al self publishing perché il proprio testo è stato rifiutato da ogni editore credo sia uno sbaglio garguantesco e che va a ingrossare le fila di quei prodotti malfatti per la quale il self publishing è purtroppo famoso.

Penso che tu qui abbia centrato il punto.

Anche il self può essere di qualità, a patto che non sia un ripiego, ma una scelta ragionata e strutturata.

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14 minuti fa, Mattia Alari ha scritto:

Posso chiederti  qual è il genere "estremamente specifico"? Perdona, ma sono curioso.

Scrivo e pubblico Romance MM (lgbt)

12 minuti fa, Francesca Penelope ha scritto:

Penso che tu qui abbia centrato il punto.

Anche il self può essere di qualità, a patto che non sia un ripiego, ma una scelta ragionata e strutturata.

Precisamente. Bisogna pensare a se stessi come un artigiano: non ti metteresti mai a vendere prodotti carenti, lo stesso si deve fare coi libri.

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Vi dirò, io sono molto perplesso e resto tale. Ma è ovvio che certi testi sono quasi "invendibili" per vari motivi e non penso che un povero editore potrebbe davvero farsene carico. E' possibile che di certi "prodotti" (se validi) dovrebbero occuparsi riviste letterarie coraggiose e disposte alla pubblicazione di qualcosa di più lungo del racconto breve (salvo eccezioni). Purtroppo sono pochissime. Mi viene in mente proprio "Malgrado le Mosche", che ha pure pubblicato a puntate dei romanzi brevi sperimentali e materiale molto meno convenzionale. Le riviste letterarie sono tante e hanno tagli differenti, generalmente si occupano quasi tutte di narrativa, recensioni di libri, poesie (e già molto meno) saggi brevi (ancora più raro) ma quasi tutte pubblicano racconti tra le 3000 battute e le 10.000 (in media).
Un testo strano su una rivista potrebbe essere una "prova di qualità" per l'autore, pubblicata e riconosciuta, senza che nessuno si faccia onere della sua trasformazione (a volte impossibile) in prodotto per la vendita. Il problema è che spesso molti autori non concepiscono l'idea di "dare"ciò che scrivono gratis perché per loro è un lavoro. E scrivere è un lavoro se tu lo fai in molti modi ben specifici (come ho fatto e faccio anch'io) ma se si tratta di poesia, di racconti, di qualcosa di ibrido o sperimentale... Condividere, avere una risposta dal lettore, credo che dovrebbero essere la spinta più forte per un autore.
La risposta del pubblico è una prima prova e andrebbe ricercata il più possibile con questi mezzi, secondo me. Ma... E' solo ciò che penso.
Certo, avendo davanti (parlo del mio caso) una serie di testi difficili, che sto scrivendo come prove o anche solo "per curiosità", posso dire che mi è chiarissimo come molto materiale non sia altro che "scarto" e altro invece... difficile da proporre e in questi casi neanche me la sentirei di investirci in Self (a parte il fatto che preferirei investire le mie risorse in qualcosa di diverso). Ad eccezione di uno.
Ma per quello potrei anche azzardarmi a cercare un editore perché è un saggio, il tema è controverso ma... penso che potrebbe paradossalmente essere venduto. Ha già riscontrato molto interesse quando ne parlo o ne ho letti stralci ma... Davvero non saprei.

4 minuti fa, queenseptienna ha scritto:

Scrivo e pubblico Romance MM (lgbt)

Credo che potrebbe avere un ottimo pubblico! Mi meraviglia il fatto che ci siano case editrici specializzate in questo e invece non rientri in "categorie ordinarie".

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Ospite Francesca Penelope
8 minuti fa, queenseptienna ha scritto:

Scrivo e pubblico Romance MM (lgbt)

Per questi genere non c'è Triskell?

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8 minuti fa, Francesca Penelope ha scritto:

Per questi genere non c'è Triskell?

C’è anche la Triskell (che all’epoca nasceva per importare in Italia le versioni in italiano dei romanzi di Dreamspinner Press).

Io pubblico anche con Quixote Edizioni.

12 minuti fa, Mattia Alari ha scritto:

Credo che potrebbe avere un ottimo pubblico! Mi meraviglia il fatto che ci siano case editrici specializzate in questo e invece non rientri in "categorie ordinarie".

EHHH. L’MM ha una storia relativamente recente e al momento in Italia esistono solo due CE specializzate e comunque entrambe pubblicano anche romance FM e non solo MM.

Modificato da queenseptienna
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Ospite Lizina

Come lettrice, fino a qualche anno fa, non guardavo proprio al self, anche perché leggevo soprattutto cartaceo e compravo soprattutto in libreria. Poi ho ripreso a scrivere di narrativa, a mandare in giro le mie cose e a documentarmi sulle CE. E ho iniziato a guardare al self con sempre maggiore interesse, a leggere qualcosa e a rivalutarlo.
Ho pubblicato da poco un romanzo in self. Mi sono fatta aiutare da un grafico per la copertina e da qualche amica, correttrici di bozze per hobby e lettrici forti, per il testo; sto investendo cifre irrisorie per un po' di pubblicità ma mi sto ingegnando tra social e blog di libri. Non ho investito molto ma ho deciso di pubblicare lo stesso.
Erano due anni che il libro girava. Dato il genere non avevo potuto inviarlo a molte CE. Qualcuna piccola mi ha risposto ma con richieste inaccettabili (per una avrei dovuto stravolgere la trama per renderlo più piccante e appetibile).
Avrei voluto pubblicarlo con una CE? Avrei preferito, sì. Ma trovare una CE piccola che rispetti te e il testo è francamente difficile. Ho letto troppe storie di CE piccole che, oltre a trattare i propri autori o futuri tali come zerbini, non fanno editing, correzione di bozze e promozione, realizzano copertine che a me verrebbero meglio smanettando un po' sul web e neppure danno le royalties. Il libro sarà un fiasco? Forse sì, ma almeno sarà un fiasco solo mio. Il libro ha inquinato il mercato editoriale? Ma perché, i libri di cantanti e influencer non inquinano il mercato editoriale? E quelli delle CE pieni di refusi?

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