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JuliaG

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  1. Avrei voluto poter scrivere all’alba, pregna di tutte quelle illuminazioni che trapassano la notte e, sulla punta di un ago, trafiggono il divenire. Sarebbe stato facile filtrare tutta l’ispirazione da lì. E invece sono negligente. Lo sono diventata. Se questa è una storia, è la storia di come mi sono ripresa dalla mia negligenza, di come mi sono accorta di quanto identificarmici fosse un passatempo inesatto. La psicanalisi l’insegna: non c’è identificazione. 
    Non posso partorire l’idea di scrivere un libro. Sarei avviluppata dall’ansia. Questa è la storia di come scrivere un libro sia la cosa più inaspettata che mi sia ritrovata a fare. Di come fare ordine nella mia vita sia stato un gesto distratto, partito dagli unici strumenti che avevo a disposizione: negligenza e rassegnazione. Di come si possa scrivere un libro in preda alla mediocrità. Non posso fingere che quello che sono non sia mediocre: mentirei. Non posso fingere che il mio trascorso non mi tocchi, anche se non è questo che fanno, i saggi. Strabordo di rimorsi e me ne accorgo solo adesso, e la cosa peggiore è che non posso parlarne impersonalmente. Tutto ciò che non sono stata mi ha circondato. 
    Sono maturata, dall’adolescenza ad ora, entro una certa idea di teologia negativa. Tutto quello che avrei appreso, sulla vita, l’avrei appreso al rovescio. Penso: è una considerazione mediocre anche questa. Mi figuro: sono la scrittrice y, xy, che fa chiarezza nella sua vita con gli strumenti che ha: un linguaggio semplice, ancora poco avvezzo alla sperimentazione di sé. Intendo, una che non si è fatta un’autopsia prima di verificare le cause della propria morte. 
    Devo liberare i pori: solo questo ho in mente. Pori ostruiti ovunque. E per farlo ho bisogno di questa scrittura banale, devo passare inizialmente da qui. La mia opera è la mia scrittura: se vedrete un progredire sarà entro i termini in cui si iscrive, questo progresso, e non negli effetti che produce. Sarà dietro i significanti che, qualcuno disse, non rimandano mai ad un significato, ma solo ad un altro significante. Così si iscrive il desiderio: concatenazione di significanti. 
    Questo libro parla di rimpianti, lo capisco di nuovo soltanto adesso: a tutti voi che ne avete io sto parlando. Per sentirmi meno sola, come qualche cantautore vuole farci credere: che il mondo ci debba rassicurare. 
    Se potessi figurarmi un’immagine adesso sarebbe quella di un parto: mi sto partorendo, e la sola parola mi inorridisce. Talvolta mi fermo e sembra che io stia solo prendendo fiato, per poi continuare a spingermi fuori. Dovreste vedermi: ho la faccia attonita, inespressiva (si può dare alla luce qualcuno inespressivamente?). Un agglomerato di preoccupazione che mi impedisce qualsivoglia movimento. O semplicemente sono preoccupata di mantenere l’attenzione. Più attenta che preoccupata, si intende. Vedete? È facile. In un attimo si scivola in una scrittura mediocre. 
    Se penso ai miei infausti tentativi di scrittura precedenti noto questa insoddisfazione che è sempre stata presente. 
    Non si può credere che la scrittura risolva la tua vita, specialmente se non ci sei abituato. Se non lo sei non la risolve affatto, se lo sei la spinge solo più all’interno. Che comunque è auspicabile. 
    Mediocre. Tutte le persone intorno a me non fanno altro che ricordarmi della mia mediocrità e di quanto, a mano a mano, taluni smettano di lottare per la propria integrità, per l’integrità del proprio desiderio. Avete agito conformemente al desiderio che vi abita? Scrisse Lacan. È tutta qui l’istanza psicanalitica. Qui dovrebbe esaurirsi. 
    Scrollo la home di Instagram e il feed mi propone autori di libri sconosciuti, persone che hanno creduto semplicemente in loro stesse nonostante la loro mediocrità. Sono come loro. mi dico: nessuno mi ha insegnato a godere del mio desiderio. L’ultimo Lacan affermava che il sintomo non serve assolutamente a nulla, semplicemente a godere. Ho fatto del sintomo un vezzo erotico. Lo distendo e dipano lungo un asse di eventi sempre più casuali. All’improvviso uno di loro, nell’eleganza di un bassorilievo, si dimostra.

    Trascrivere l’intensità nel momento stesso in cui accade. 
    Scrivere un libro sull’impossibilità di non poter essere nient’altro che sé stessi. Lei vuole scrivere un libro mastodontico ma non riesce. Riesce solo a fare degli abbinamenti per lei scontati. Ad esempio la mia noia è la stessa di quel film che ho visto ieri. Ma è un abbinamento banale.   
     

     

    1. Memole

      Memole

      Scrivi bene (secondo me)!

    2. JuliaG

      JuliaG

      Grazie Memole. Vedremo! Sto cercando di rientrare in carreggiata, passo dopo passo. 

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