Ciao Giulia, provo a risponderti anche io, sperando di esserti utile.
Amo leggere romanzi, anche molto lunghi; ne ho anche scritti due e mi sono divertita un sacco a farlo.
Ma se devo scegliere, credo che la mia "comfort zone" sia il racconto. Ho iniziato con quelli. Nei forum di scrittura, nei contest e nei concorsi. Mi sono, per così dire, specializzata. E si potrebbe pensare che scrivere un racconto, essendo corto, sia più facile rispetto a un romanzo.
Ti dirò: sì... e no.
Vero è che un romanzo necessita di molto lavoro organizzativo. C'è una mole non indifferente di dati, informazioni, avvenimenti da tenere presente. Un racconto è, ovviamente, molto più snello e gestibile dal punto di vista della trama. Ma... e qui casca l'asino. Nel romanzo hai un respiro maggiore; nel racconto invece, e qui un po' mi ricollego a quanto ti ha detto Ghost, ogni parola conta. Non ce ne possono essere di superflue.
Però il racconto non è semplicemente un "romanzo accorciato". Le tecniche sono diverse, l'impatto è diverso. Quello che amo come lettrice è che, come diceva anche Poe, il racconto può essere fruito in un'unica sessione. Lo inizi, ti ci immergi, e lo finisci. Come un unico respiro. Nel romanzo è difficile immergersi in profondità allo stesso modo: a meno di avere un giorno intero a disposizione per dedicarsi alla lettura, occorre sempre fare pause. E tra una sessione e l'altra la vita si infila con le sue mille distrazioni, tanto che, quando la lettura riprende, serve sempre un attimo per ritrovare le fila del discorso.
Ma tornando alla parte creativa, padroneggiare il racconto significa anche fare pratica, molto più che nella stesura di romanzi, con le regole d'oro della scrittura (pochi aggettivi, pochi avverbi, specie quelli che finiscono in -mente, frasi brevi e significative, capacità di trovare le mot juste, ecc).
Anni fa ho partecipato a diverse edizioni di un contest i cui racconti non dovevano superare un numero molto risicato di parole. Scrivevo, e poi dovevo rileggere e sforbiciare qua e là per poter rientrare nella lunghezza specificata. Alle volte mi è capitato di dover praticamente dimezzare il numero di parole, dalla prima bozza alla versione definitiva. E all'inizio pensavo "oh mio Dio, ma come faccio? No, ma questo non posso toglierlo, se non dico questo e quest'altro non si capirà più niente", cose così. E invece, alla fine, dopo l'ultima sforbiciata andavo a rileggere e scoprivo che la versione ridotta era cento volte migliore dell'altra. Perché tutte le parole che avevo lasciato erano davvero necessarie e il racconto risultava "giusto".
Un'altra caratteristica del racconto (in particolar modo horror, thriller o fantastico) è che, molto più del romanzo, è aperto al finale a sorpresa. Si può giocare molto con gli indizi lasciati lungo la strada e capovolgere la situazione per dare un ultimo pugno nello stomaco al lettore. Non che nei romanzi non accada, ma il racconto a mio avviso si presta molto di più (senza fare spoiler, consiglio se non lo hai letto "An Occurence at Owl Creek Bridge" di Bierce...)
Quindi, per riassumere (e tagliare... mi sa che anche in questo post dovrei fare come in quei vecchi contest!), un ottimo racconto parla dritto alla pancia, senza fronzoli e orpelli inutili, senza digressioni che potrebbero distrarre dal punto focale; un ottimo racconto sceglie le parole giuste per tenerti incollato alle pagine fino alla fine, senza interruzioni.
Spero di esserti stata utile!