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Cosa ne pensate (sinceramente) del Self publishing?
Mattia Alari ha risposto a Mattia Alari nella discussione Selfpublishing
E' il tuo commento ad essere assurdo. Dovresti leggere meglio cosa ho scritto, ma mi rendo conto che pare essere un problema enorme LEGGERE in un paese dove tutti SCRIVONO. -
Cosa ne pensate (sinceramente) del Self publishing?
Mattia Alari ha risposto a Mattia Alari nella discussione Selfpublishing
Abbiamo due punti di vista totalmente opposti. Per me non vi è nulla di gratificante nell'incontrare il pubblico e poi, seriamente, che pubblico vuoi che incontri un esordiente, quello dei suoi amici e parenti? L'intervista del prof/giornalista locale me la risparmio, grazie. Non fa per me. E... mi fa piacere che ci sia qualcuno più tenero di me nei confronti dei GenZ/Y ma io nelle scuole non ci metterei piede neanche con una pistola alla tempia. Il pubblico dei ragazzini è lontanissimo dal mio interesse e io dal loro. Immagino che sia palese quando "confrontarmi con il pubblico" sia per me solo fonte di stress. Già sui social è terribile ma almeno vi è una buona distanza che non puoi invece prendere dal vivo. Non sono capace di alcuna forma di cortesia formale. Consapevole di questo mio limite (e della mia neurodivergenza) ... Sto alla larga da certe situazioni. Io scrivo (o dipingo) e poi propongo ciò che faccio e finita lì. La mia persona non c'entra niente e credo che questa brutta tendenza critica a PRETENDERE la biografia dell'autore/artista, in modo da "spiegarlo" e\o etichettarlo, sia qualcosa da respingere. Se io fossi un personaggio, una persona nota, incontrare il pubblico avrebbe un senso differente e così pure parlare di quello che faccio e del mio processo creativo o anche di me. Ma da Pinko Pallo non ha alcun senso. A chi frega? Per il pubblico io sono l'equivalente del vicino di casa. A me non interessa la vita del mio vicino di casa che scrive, al massimo potrei considerare di leggere il suo libro; né andrei mai a una presentazione dove costui ne parla perché è sempre una noia. Il libro si fa scegliere da solo. Una CE deve spingere il lavoro, non il personaggio. E' il mio parere e quindi non prenderlo male. Non voglio mancare di rispetto a chiunque la pensi diversamente da me ma vorrei spiegare che non volere certe cose non vuol dire necessariamente MERITARE di essere cancellati. Io non ho ceduto al ricatto. Più volte, fino a ora. Quanto allo pseudonimo... Non ha senso, se vogliono ovunque la tua foto. A me non piace farmi vedere. Dovrebbe solo essere rispettato. -
Cosa ne pensate (sinceramente) del Self publishing?
Mattia Alari ha risposto a Mattia Alari nella discussione Selfpublishing
Scusami ma io non sopravvaluto le CE (anzi...) ma da ciò che scrivi non credo tu abbia avuto alcun tipo di esperienze con realtà di valore e che selezionano seriamente un testo. Le migliori sono in grado quindi di valutarlo (non solo in termini di "commerciabilità") e quindi sì, possono pure risponderti che non vali e non vogliono investire su di te. Una risposta che molti arroganti non vogliono digerire. La maggior parte degli ambiziosi sforna pattume. In Arte si crede "popolarmente" che presunzione e una certa dose di caratterialità possano compensare rispetto al resto ma... No. Non è così. Non può fare i miracoli neanche l'impegno. In realtà, è crudele ma la vita è tale, puoi essere certo di valere tantissimo ed essere un genio incompreso ma... Non valere niente (come autore). Statisticamente è molto più probabile. Qualcuno può dirlo davvero? Purtroppo sì. E sempre facendo riferimento alle probabilità... Quella che tu sia un brocco, piuttosto che un genio, è superiore. Quanto al fatto che QUASI TUTTE le CE ti chiedano un contributo ... Neanche questo è vero. Nel Self tu dovresti pagare chi ti fa editing e poi chi ti assicura un prodotto finale professionale, qualcosa che non si confonda con il FAI DA TE di cattivo gusto che si vede in giro e che fa davvero venire i brividi. Non cito tutte le altre spese, anche organizzative, che nel Self sono sulle tue spalle: Ufficio stampa, ricerca delle location per le presentazioni, pubblicità social e tanto altro. Un autore scelto da una casa editrice non paga niente. Non se la casa editrice è tale e non una microstamperia che pretende di costringerlo a comprare copie del suo lavoro (o che l'autore faccia "il piazzista") tutto ciò che serve a proporre e pubblicizzare il libro è sulle spalle della CE. Direi che è davvero ciò che fa la differenza. A parte quella, enorme, di essere stati SCELTI. -
Cosa ne pensate (sinceramente) del Self publishing?
Mattia Alari ha risposto a Mattia Alari nella discussione Selfpublishing
Si può "scartare" la norma solo se si padroneggia la regola in modo perfetto. Sulle virgole... Beh, sono fondamentali! Ma le citavo come problema diffuso anche tra coloro che scrivono benissimo (grandi autori) quindi qualcosa che un lettore professionale dà già per "scontato" di trovare anche in bel testo e che si può facilmente sistemare in poco tempo. Per il resto... Sono d'accordo: nessuna CE seria dovrebbe fare certe cose ma quella di cui parlavo passa pure per essere un'emergente di qualità (e ha gli autori ovunque) e l'altra che ha impiegato UN ANNO a riscrivere da capo un manoscritto ... Pure. Due bei nomi. Di micro stamperie armate di pochi mezzi e pessime intenzioni... pieno. Mi scandalizza maggiormente che siano realtà premiate, quelle che si permettono certi interventi. No, non provo alcun tipo di indecisione al proposito del mio essere rassegnato al fatto che non sarò pubblicato ma Solo fisiologica amarezza perché non sono stato "scartato" per mancanza di valore o interesse da parte delle CE ma perché non sono disposto a fare certe cose. Io poi vivo e lavoro in Scozia e non mi si può chiedere di andare in giro per l'Italia per andare a piazzare copie del mio lavoro! E' compito di una CE farlo! Devo pure ammettere che per carattere io non provo alcun interesse per le pubbliche relazioni, così come molti altri autori prima di me. Anche nel caso del mio lavoro artistico... Scarico tutto su chi deve vendere e alla larga dal pubblico. Che mi si neghi la possibilità di restare nell'ombra è deprimente. Che mi si imponga di usare il mio nome, cognome, rendere nota la mia biografia... Un atto di prepotenza che non aggiunge niente alla mia proposta e mi toglie la possibilità di non essere giudicato criticamente usando date e curriculum come misura utile a valutare il mio lavoro. E' scorretto e riduttivo. Sono ovviamente disposto sempre a sostenere ciò che faccio (ma "metterci la faccia" non è affatto garanzia di maggiore senso di responsabilità al proposito) ma gli strumenti di promozione potrebbero addirittura fare a meno dell'Autore (fisicamente) se fossero utilizzati per sostenere e proporre qualcosa di valido. E poi, siamo sinceri: il mondo cambia e restare ancora "fissati" con le presentazioni nella libreria locale con intervista del prof della scuola media del posto che legge stralci di un libro di fronte a 10 anziani annoiati... fa sorridere sarcasticamente! I firmacopie al centro commerciale non fanno per me. Le fiere "gioco al massacro" dove le persone si ammazzano per una piastrella di visibilità o per "farsi vedere da gente che conta" sono inferni nei quali non merito di mettere piede. Molta gente si sente gasata al pensiero di farsi conoscere e riconoscere ma io vorrei solo fare conoscere il mio lavoro. Io non servo. Non conto niente. Non mi interessa neanche definirmi "scrittore" ed essere riconosciuto socialmente come tale. Comunque... Viva il Lupo (per entrambi) e buona fortuna per la tua carriera di autore! (e spero potrai farmi sapere il nome del tuo editor). -
Cosa ne pensate (sinceramente) del Self publishing?
Mattia Alari ha risposto a Mattia Alari nella discussione Selfpublishing
La penso esattamente come te. Sarei interessato a conoscere il nome dell'editor che hai scelto. Io, per scelta più che altro (perché ho avuto delle proposte ma presuppongono tutte che io renda nota la mia identità personale e me ne vada in giro per l'Italia a fare presentazioni, cosa che odio anche solo come situazione) non ho pubblicato che racconti su riviste on line e cartacee e devo dire di aver avuto esperienze buone/discrete con le persone che si sono occupate dell'editing miei testi. Anche sulle riviste di settore dove ho pubblicato dei miei contributi di altra natura (scrivo d'Arte e sono un pittore) sono stati trattati molto correttamente e con estrema professionalità. Ma ho visto fare cose assurde con i lavori di persone che conosco bene (... ) e nei due corsi che ho seguito, ho anche preso atto che la tendenza di molti è vedere l'editor come "un correttore" quando invece è davvero molto altro. Soprattutto altro. Non do quindi la colpa a una categoria ma prendo atto che troppi si improvvisano quello che non sono o non sono in grado di fare. Per quel che riguarda la correttezza della Lingua ... Continuo a dire che ci sarebbe molto da discutere sulla flessibilità che dovrebbe in senso "autoriale" rispetto a ciò che è giusto aspettarsi da quella utilizzata per una comunicazione di tipo informativo (ma proprio molti neologismi, soprattutto in passato, avevano origine dal linguaggio giornalistico che quindi ha sempre cercato coloriture personali e creative, quindi figuriamoci quanto possa venire spontaneo a qualcuno che pensa di scrivere qualcos'altro). Anche piazzare le virgole (cosa molto difficile e per la quale abbiamo tutti problemi, più o meno gravi) è qualcosa di assolutamente secondario rispetto al resto. La correttezza è troppo spesso un ring sul quale un maestrino petulante si picchia con un autore che intende prendere "una buona licenza" sulla regola. Succede quasi più spesso che correggere strafalcioni epici. Ma come ho detto è il mio punto di vista. Certo... A tutto c'è un limite. E ci sono pure cose che non avevo idea che esistessero, forse perché davvero troppo ingenuo. Pensa che un mio amico ha recentemente presentato a una casa editrice una sinossi di un romanzo che credeva potesse loro interessare per argomento e genere. Costoro hanno accettato "con riserva" ossia... Lo hanno costretto a svolgerlo, passo passo, come piaceva all'editore (non all'editor!) per poi scaricarlo ("il risultato finale non è esaltante") alla fine di un processo lungo e fastidioso nel quale avevano preteso centomila cambiamenti a personaggi e trama (addirittura con l'inserimento "doveroso" di "idee" di questo editore). Sul risultato finale non do loro torto: era pessimo. La trama era deformata, i personaggi erano diventati ridicoli... Sembrava più uno stupro creativo che un testo. E si vedeva chiaramente. Sono rimasto scandalizzato da questo modo assurdo di procedere ma mi è stato detto che molte case editrici PRETENDONO qualcosa del genere, fino alla riscrittura del testo (nei casi nei quali l'idea sia buona ma lo svolgimento catastrofico). Ecco... Queste sono cose che non capisco e non accetto. Sono motivazioni e fatti che mi avrebbero spinto verso il Self, fosse davvero la possibilità di farsi leggere davvero e da un buon numero di persone (ed è questo che dubito fortemente). Ma sono pure quello che ha rifiutato contratti (e contatti) che altri avrebbero ammazzato per avere quindi... Sono forse fuori dal mondo (e probabilmente un mio romanzo non verrà mai pubblicato). -
Cosa ne pensate (sinceramente) del Self publishing?
Mattia Alari ha risposto a Mattia Alari nella discussione Selfpublishing
Anche sullo "scrivere in maniera corretta" ci sarebbe molto da discutere perché purtroppo un'altra tendenza dell'editing "comune" è quello di proporre un tipo di scrittura appiattita su uno standard di riferimento assolutamente "neutro" (e intoccabile!). Per molti di costoro lo scarto rispetto alla norma è... un errore. E non è così. Per questo un editor dovrebbe essere super flessibile e... no, non è da tutti. Rispettare lo stile del singolo autore e aiutarlo a perfezionare la forma del suo testo (ovviamente senza accettare pseudo licenze sulla lingua da parte di chi non la padroneggia bene come crede ma, nel caso di altri, tenendo ben presente che la lingua dei migliori è "stile" e si allontana dalla prescrizione scolastica) è solo uno dei numerosi compiti dell'editor. E l'ultimo dei suoi problemi. Una cosa terribile è avere a che fare con una storia che non funziona, ad esempio. O una che avrebbe potenzialità ma che "si crea problemi inutili" mentre cerca di svolgersi, magari trasformando la vicenda narrata in un nodo di cose che restano attorcigliate malamente attorno a un vizio che non si riconosce come tale e che quindi che continua ad aumentare di volume fino a rovinare la trama. Un buon editor riconosce cosa non funziona nell'incastro; se la caratterizzazione dei personaggi è coerente con le loro azioni; si accorge se certe parti (descrizioni, dialoghi) sono superflue e se altre, invece, vanno scritte. Se l'autore perde un punto di vista per strada o se cade in facili tentazioni (spiegoni) per paura di non essere capito. Un editor che si rispetti... rispetta il testo. Taglia con attenzione ma senza pietà né facendo processi all'autore per i suoi problemi a fare ciò che dovrebbe fare (succede anche questo) perché troppo legato a ciò che ha scritto. Un editor, se deve, stronca GENTILMENTE e con argomenti che possano convincere l'autore della validità del suo punto di vista e tra questi non c'è il pulpito professionale dal quale predicare la sua supposta superiorità. Un buon editor infatti può anche cambiare idea su certe cose, riconsiderare un giudizio e mediare (persino in un teso confronto, se si deve) è necessario quando si ha a che fare con una persona giustamente gelosa del suo lavoro (e intendo in senso sano, perché di megalomani presuntuosi è pieno il mondo e figuriamoci quando si parla di "arte"). Credo che scrivere una buona storia non sia da tutti. Che ci voglia più talento di quanto oggi faccia comodo riconoscere a qualcuno che ce l'ha davvero (siamo nell'epoca delle scuole e del "se ti impegni, puoi" e non è vero, è una balla) ma ce ne vuole anche per fare l'editor che è una forma di arte. Non devi solo conoscere bene la lingua, ma devi pure avere "orecchio" per le varie accordature; capacità di trascendere i tuoi gusti e un "tocco sensibile" che non puoi guadagnare sul campo né con l'esperienza. Quelle invece possono aiutarti (tanto) ad avere a che fare con le persone. Aggiungo pure che se ci vuole davvero cervello a creare un valdido incastro, ce ne vuole almeno altrettanto per capire i limiti di una costruzione narrativa prodotta da una persona che magari ragiona in modo completamente diverso da come faresti, soprattutto se scrivi pure tu e hai un tuo stile personale che si esprime in senso opposto rispetto a quello dell'autore che stai aiutando in quel momento. Refusi e grossolane correzioni sono proprio in coda a tutto il resto. Questo è però il mio punto di vista su un mestiere che non è il mio ma per il quale nutro profondo rispetto e sincera ammirazione. -
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Mattia Alari ha risposto a Mattia Alari nella discussione Selfpublishing
Ma chi ti assicura che il tuo testo sia valido, per esempio? Io non ho mai una "presunzione" del genere verso qualcosa di mio. Anzi. Il mio lavoro potrebbe persino non essere concluso come credo e io non rendermi conto di quanto potrebbe essere sbagliato pubblicarlo in un certo stato piuttosto che farlo sedimentare (come si dice sempre) magari spostando l'attenzione su un nuovo progetto o qualcosa di molto diverso. La fretta è pessima consigliera. E pur essendo un improvvisatore... Detesto correre in avanti perché si va regolarmente contro i muri. Sono un po' incusiosito dal fatto che tu ritieni di aver imparato l'editing per risparmiare. Trovo l'affermazione un po' strana ma forse intendiamo due cose diverse. L'editing non è la correzione di bozze, che puoi davvero imparare a fare (soprattutto se rileggi una cosa dopo un paio di settimane come minimo) ma qualcosa di molto più complesso e per il quale c'è assolutamente bisogno di una visione esterna e da parte di una mente differente da quella che ha prodotto il testo. Se continui a fare lo stesso errore di logica, per esempio, come farai a renderti conto che il meccanismo di un'azione non funziona? Se nessuno mette in dubbio la tenuta narrativa di una tua scelta? E parliamo dei nostri naturalissimi vizi formali... Come potresti venirne fuori (davvero) da solo? L'editing non è neanche una cosa che possa fare un lettore forte, che può darti invece un buon parere globale sul tuo lavoro (sempre però molto soggettivo e condizionato dal suo gusto personale) ma... l'editing vero e proprio è un processo lungo e spesso... Dialettico. Non credo si possa fare editing ai propri testi. Neanche Eco lo faceva. -
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Mattia Alari ha risposto a Mattia Alari nella discussione Selfpublishing
Ho infatti detto che se c'è da lamentarsi della selezione operata da CE pure note per fare selezione qualitativa (forse una volta) figuriamoci per il Self. E' pure verissimo che se hai un certo seguito il Self ti permette guadagni maggiori ma molti ci rinunciano per essere "pubblicati" da CE ufficiali e ovviamente è vanità. Ci sono pochi autori che, in Italia, puntano sul Self in quanto mezzo per proporre testi "commercialmente" meno interessanti per la massa. All'estero è diverso ma chi ha visibilità deve avere la possibilità di investire su di sé molto e farlo avanti, cosa che non tutti possono permettersi e quindi... L'unica vera selezione che spesso il Self fa è "redditocratica": se hai una cifra da spendere, puoi farti vedere. Diversamente no. Anche in Italia comunque ci sono scrittori che hanno deciso di avere una carriera ibrida, dividendo la loro attività tra Self e pubblicazione "vecchio stile", ma proprio il successo (e la "credibilità autoriale" guadagnata davanti al pubblico) trascinano i maggiori guadagni che possono provare ad avere pubblicando in self testi più sperimentali (o solo "diversi" dalla loro linea ufficiale). C'è anche un caso di una scrittrice fantasy con un certo seguito e pubblico che preferisce pubblicare in Self ma anche lì... Cosa c'è dietro? Quanto devi investire per ottenere dei risultati? Ci sono persone validissime ma davvero poco portate per le pubbliche relazioni o per certe meccaniche sociali utili a trarne immediato tornaconto in termini di visibilità facilmente spendibile. Oggi pare che ti sia perdonato il fatto di fare evidenteente schifo come persona, di essere "caratteriale" (rigorosamente in certi standard) ma non puoi non essere POP nel senso peggiore che possa assumere il termine. Non lo dico da snob, spero di non essere frainteso. Ma questo sistema screma gli autori caratterialmente ed è come selezionare gli artisti per la bellezza fisica (e ci sono anche forti sostenitori dell'assoluta utilità commerciale della cosa e quindi della necessità di farlo). Ad ogni modo... Passa il tempo e continuo ad essere del parere che il Self non è affatto per coraggiosi ma per chi non riesce a farsi pubblicare. Il che non è necessariamente prova di mancanza di valore (l'ho già detto) ma è un dato di fatto. Venderla come "alternativa figa"... Mi sembra scorretto. E di parte. -
Cosa ne pensate (sinceramente) del Self publishing?
Mattia Alari ha risposto a Mattia Alari nella discussione Selfpublishing
Quando ho aperto la discussione ero rimasto molto colpito da alcuni video di una famosa editor che aveva iniziato a lodare il Self come alternativa per "coraggiosi" spronando tutti gli autori a considerarlo (ma senza mettere da parte i professionisti della filiera, ovviamente, perché il testo "va sempre lavorato"). Trovai la cosa abbastanza patetica. Era ovvio che, così facendo, "allisciava" i suoi clienti (magari cronicamente rifiutati dalle case editrici) e si assicurava di sostenere il valore assoluto del suo lavoro, ma non come parte del processo che "dovrebbe" portare un testo ad essere "maggiormente" considerato da una CE (perché un editor dovrebbe pure rifiutarsi di lavorare su cose indegne e molti non lo fanno... ) quanto come momento "necessario" a prescindere, senza doversi aspettare altro. Io rispetto moltissimo l'editing. Ho fatto due corsi di editing (per curiosità e completezza) e mi è stato proposto di farlo professionalmente perché pare abbia un certo istinto utile a capire dove stanno i problemi nella meccanica un testo (e non sono certo i refusi, grande spauracchio dei "limatori ossessivi") ma... non fa per me. Come dice King "scrivere è umano. Editare è divino" e... Sono troppo umano. Tuttavia penso di poter parlare in merito alla questione, perché la conosco abbastanza, e onestamente... Io non credo che sottoporre un testo a editing sia necessario come viene detto. Mi spiego meglio prima di essere lapidato. Una casa editrice che si rispetti fa editare i manoscritti che accetta ai suoi professionisti, spesso richiedendo all'autore la versione precedente del testo, se esso viene dichiarato come già editato. Se una CE si accontenta di quello che ha già avuto in mano... Perde già molto in termini di professionalità e probabilmente non vuole investire molto sul suo autore. Non dimentichiamo infatti che ci sono molti editor che avviliscono i testi piuttosto che fare l'opposto e ho visto più di un originale decisamente migliore della sua versione professionalmente lavorata. Vorrei dire che si tratta di episodi ma... Purtroppo no. Sono in troppi a improvvisarsi editor. Dal mio punto di vista un testo dovrebbe essere revisionato in tutti i sensi possibili dallo scrittore e POI sottoposto a una revisione professionale che dovrebbe evitare la RISCRITTURA (e bisognerebbe aprire una discussione a parte sulla questione, perché alcune CE pretendono addirittura questo) ma il tutto dovrebbe avvenire solo all'atto di una pubblicazione di valore. Perché è un investimento e costa. Molto. Per me... il vero problema, pure ammesso dall'editor di cui parlavo prima, potrebbe essere il fatto che oggi (più che ieri) essere rifiutati non vuol dire affatto essere scarsi ed è gravissimo. Non si vuole investire sull'autore che non è personaggio e non vuole diventarlo; sulla persona "oscura"; sul testo fuori dagli schemi DAVVERO. Ma la possibilità che tu sia scarso, piuttosto che altro, è percentualmente più alta e... Vedo così tanta presunzione autoriale in pulci che non meriterebbero neanche la pubblicazione su una fanzine condominiale...! Da lettori non facciamo che lamentarci dei libri pubblicati da CE blasonate o note per una selezione qualitativa MA sul self... C'è da stendere un asfalto pietoso: il livello medio è vergognoso! E in mezzo a questa discarica della qualunque... Come VEDERE un possibile capolavoro? Basta che il suo autore non abbia tempo/voglia/soldi per fare promozione ed esso sarà inghiottito da cose talmente oscene che pure citarle è fuori discussione. E sottolineamolo per l'ennesima volta: Il self richiede soldi, tempo, talento social... Investimenti che non tutti possono fare. Oggi anche avere un carattere introverso o non essere interessati alla visibilità è... un problema. Sembra tu abbia perso alcun diritto all'Arte, se non sei disposto a fare il tronista. Personalmente credo che Self piaccia molto a chi sui testi ci lavora. Si viene pure sollevati da una certa "ansia morale" che alcuni provavano al pensiero di aver fatto pagare per la lavorazione di un testo senza alcuna speranza di pubblicazione (per vari motivi). Suggerisci il Self come "reale alternativa" e fai pace con la tua coscienza. Su una cosa non sono però d'accordo: in genere le case editrici non guardano affatto male chi ha pubblicato in self se la cosa ha avuto un certo seguito. Anzi. Il difetto degli investimenti di oggi è che devono essere "sicuri" e si osa poco. Se qualcuno riuscisse a vendere bene il suo libro in self troverebbe immediatamente la proposta di una casa editrice al suo indirizzo. Succede continuamente. A quel punto però, a meno di non fare un grande salto qualitativo (e vorrebbe dire essere seguiti da una CE grande, non certo medio/piccola) mi chiedo perché rinunciare alla propria indipendenza se non, ancora una volta, per vanità ossia per essere socialmente riconosciuti come "veri scrittori". E' quello che molti hanno fatto, anche mettendo da parte la prospettiva di una riuscita economica migliore. Ulteriore riprova che essere pubblicati da una CE non è come fare da sé. -
La bella rivista GELO ha pubblicato una mia storia e questo è un racconto al quale tengo molto.
In caso qualcuno volesse leggerlo e lasciarmi un commento, è qui.
https://www.rivistagelo.com/post/racconti-inferno-pieghevoli-
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Cosa ne pensate (sinceramente) del Self publishing?
Mattia Alari ha risposto a Mattia Alari nella discussione Selfpublishing
Francamente è molto più preoccupante la qualità del prodotto letterario piuttosto che altro. Da pittore posso solo trovare patetiche (ed esteticamente molto cafone, se non proprio tragicomiche) certe scelte di alcuni autori che "si fanno da soli le copertine". Va detto che purtroppo anche alcune case editrici hanno varie volte utilizzato immagini senza compensare gli artisti (anche modificandole senza il loro permesso) quindi... Figuriamoci cosa può succedere nel self (ma in genere ovunque si scambino e condividano immagini). Quando vedo certe cose, penso solo che è stata opera della "signora Nunzia" o del "signor Beppe" di turno (oppure di gente con pseudonimi tipo Impavida_baby4evah69) autori di qualcosa che è bene scartare a priori perché è ESATTAMENTE quello che sembra. -
Per chiunque se lo stesse chiedendo... Sono vivo, sto continuando a scrivere ma poco attivo per una serie di motivi più o meno seri.
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Con altrettanta simpatia penso che non sia il caso di sparare sulla Croce Rossa. Provengo da una famiglia di medici e alcune ricerche, come prese di posizione, sono qualificabili solo come "stronzate". Non meritano alcun rispetto, figuriamoci considerazione. Padrone di pensarla come vuoi (amen) e io di dire che quello che hai scritto su uomini e donne è davvero tragicomico. Saluti e buona "visione".
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Non credo che c'entri con quello che ho cercato di dirti... E sul serio... "Maggiore stanchezza tenendo un bambino in braccio"? Daaai! No! Non abbiamo problemi a scarrozzarci pesi e restare con cose pesanti addosso per ore ... e giusto il bambino stanca? E' una scusa. Una delle cose che è comodo che la mamma sappia "fare meglio". Molte cose suonano esattamente per stereotipi e "le donne sono maggiormente portate alla cura" è una cosa che Pillon sostiene causata dalla loro biologia ma non è vero. Chi nega le differenze fisiche determinate dal DNA? Sono però ZERO (e grossolane!) rispetto al totale della persona e gli ormoni (ad esempio) piaccia o meno, non determinano CHI siamo, come siamo e cosa possiamo fare o non fare. Non quanto si vorrebbe. E' la regola, non l'eccezione. Non sapevo poi fosse un privilegio fare la pipì in piedi. Fattelo dire: Se lavi il bagno (cosa che io faccio) comprendi perché "sedersi" (soprattutto se lo lava qualcuno per te) è da vero uomo.