La Angelelli mi ha bloccata anni fa, dopo avermi tolto l'amicizia in quanto non avevo accettato di pubblicare con loro.
È un atteggiamento triste, ma ognuno fa come crede, quindi non mi stupisce il comportamento nel gruppo. A proposito di quest'ultimo: preferii uscirne, in quanto mi pareva corretto.
Quando ero lì, comunque, avevo notato un clima dittatoriale. Ci fu una polemica su una loro copertina, ad esempio, in cui una persona aveva espresso il proprio parere. Neanche a dirlo, venne mangiata viva. Dopo aver letto gli attacchi, tirai un sospiro di sollievo nel non aver risposto alla stessa maniera della persona attaccata (anche a me non piaceva, non è la fine del mondo, no?).
Ma se in un gruppo di autori non si può parlare, se non per osannare i "capi", a che serve restare in quel contesto?
Non parliamo di editing, poi. Preferisco tacere su quanto ho letto (testi stravolti, voce dell'autore schiacciata da scelte della capo editor, errori, impaginazione in ebook "creativa").
Io capisco benissimo che un editor vuole far crescere un autore e se a me viene dato un consiglio, se è valido lo seguo, ma nel gruppo osai sottoporre uno stralcio e non vi dico le prese in giro, l'ironia pesante. Sì, usavo molti aggettivi, sì, il testo poteva essere migliorato, ma essere messi alla berlina non mi sembra il modo migliore per raggiungere un risultato soddisfacente.
Sono molto critica con quanto scrivo e so che tutto è passibile di miglioramento, sempre, ma c'è modo e modo di opporre una critica.
Lo pensavo allora e lo penso anche adesso.