Nota della redazione: l’area Pro esiste da tempo ed è l’area professionale, dove ci sono, appunto, i professionisti dell’editoria. Lì sono infatti presenti agenzie e service editoriali, non è stata battezzata in questo modo per la presenza dell’area self.
L’autorə dell’articolo ha preferito rimanere anonimə per diverse ragioni ma era presente con il suo libro (e fisicamente) durante il Salone.
Mentre le fiere del fumetto riconoscono da anni una dignità agli artisti indipendenti, il Salone ci riprova dopo il tristemente famoso “recinto dei self” e, con una veste tutta nuova, scommette ancora sugli autori che, per diversi motivi, hanno deciso di dedicarsi in prima persona a tutto il processo produttivo dei propri libri. Non solo scrittura, quindi, ma anche scelta dell’editor, dell’illustratore e ovviamente la promozione, spesso tramite i tanto bistrattati social.
La parola d’ordine è stata “qualità”: in un’area allestita come una libreria sono arrivati 170 autori, selezionati tra oltre 700 candidati, che non hanno nulla da invidiare alle produzioni con casa editrice, a dispetto di chi li bolla come vanesi scribacchini che si autopubblicano perché nessun altro li vuole.
L’allestimento previsto doveva permettere di visitare l’area proprio come se fosse una libreria, girando in cerca di qualche titolo interessante, ma per quanto bella dal punto di vista estetico, la soluzione non era ottimale in una fiera dove il pubblico tende a passeggiare lungo i corridoi.
Fortunatamente lo staff dell’area, capitanato da Sara Speciani, si è dimostrato molto ricettivo nel rispondere alle critiche degli autori su questi aspetti pratici e ha provveduto a rivedere la disposizione di banchi e scaffali.
La convivenza tra gli autori è stata permessa dal fatto che ne saranno venuti una cinquantina, nell’arco delle tre giornate in cui l’area era attiva. Se fossero stati presenti tutti e 170, come avrebbero fatto a gestire le vendite in quel quadratino da 12×12 metri (con il centro occupato dal magazzino)? Avrebbero dovuto farsi da parte e lasciare la scelta al pubblico, finendo per vendere poco e nulla come gran parte degli autori assenti?
Rendiamoci conto che l’area PRO non è un normale stand dove il commesso conosce ogni libro sul bancone e cerca di vendere tutto. Gli autori presenti, seppur collaborativi, si sono ritrovati in una specie di giungla, a lottare per emergere in mezzo ai loro vicini, a volte assiepati come inquietanti manichini dietro al banco, a volte impalati come venditori di aspirapolvere in corridoio.
E anche se c’è stata collaborazione e, in particolare, i ragazzi dei collettivi si sono sforzati di vendere un po’ di tutto, gli assenti o i presenti più timidi sono stati inevitabilmente penalizzati. Considerando il prezzo pagato per essere esposti, sarebbe stato meglio avere uno spazio più ampio con singoli banchetti, proprio come le aree self delle fiere del fumetto.
La risposta del pubblico
Il pubblico sembra comunque aver apprezzato questa nuova area: il movimento davanti ai banchi è stato costante e nei momenti pieni si è anche creata una fila davanti alle due casse dedicate. In molti si sono aggirati per la fiera alla ricerca dell’area self, solo per scoprire che era stata ribattezzata PRO (un contentino per gli autori?), e qualcuno si è meravigliato di trovare i banchi vuoti il giovedì e venerdì, dato che l’area era attiva solo dal sabato. Poco importa che le casse e il magazzino fossero aperti (se si cercava un titolo specifico bastava chiederlo ed era possibile acquistarlo): nessuno lo sapeva e i banchi vuoti hanno sicuramente scoraggiato più di una vendita.
Insomma, in attesa dei numeri ufficiali [più di mille copie vendute con un incasso di 12mila euro, ndr], la scommessa sembra vinta, ma si poteva fare decisamente di meglio e ci auguriamo che il Salone, che ha già accolto le critiche in loco e preso provvedimenti per aiutare i suoi autori, decida di ripetere l’esperienza aprendo l’area per tutto il corso della manifestazione e ampliandola, come minimo.
Il problema della distribuzione
E mentre il pubblico premia gli indipendenti, spiace constatare la diffidenza e scarsa conoscenza del fenomeno self che ancora permane in altri settori vitali dell’editoria.
Prendiamo ad esempio il distributore che, nella presentazione sul self-publishing in Italia, ha candidamente dichiarato, o meglio, confermato che non c’è spazio per gli autori indipendenti nel normale circuito di distribuzione. E dopo aver specificato che il prodotto in self deve essere di qualità e che bisogna essere proattivi nel farsi conoscere (grazie della vitale informazione, ma chi ha deciso di intraprendere questa strada seriamente già ne è consapevole), lascia quantomeno perplessi l’invito ad affidarsi a un editore o ad aprirsi una propria casa editrice solo per accedere alla distribuzione. Come se fosse una cosa da nulla. E comunque è ovvio che non sia questa la soluzione.
Viene da chiedersi perché questa persona sia stata invitata a parlare di qualcosa che palesemente non conosce, al punto da doversi far spiegare la definizione del termine “indie”. Il collega libraio che sottolinea quanto sia difficile persino per loro, a volte, recuperare i libri di case editrici anche grandi non aiuta, dato che gli autori indipendenti non vengono proprio accettati, quasi fossero di serie B, come suggerito durante una domanda. O quasi come se fossero inesistenti o irrilevanti.
Autori di serie A e autori di serie B
In che cosa, quindi, questi autopubblicati sono così diversi da non meritare neanche la semplice disponibilità a essere ordinati? Una disponibilità reale, non quella millantata ovunque, ma che poi non viene resa effettiva perché i costi per i librai diventerebbero troppo alti. Di certo la differenza non è nella cura del prodotto, dato che gli autori al Salone hanno dovuto superare una selezione che ne ha valutato persino l’impaginazione. Si potrebbe obiettare che alcuni libri in self sono a dir poco scadenti, ma ricordiamoci che le librerie possono scegliere quali autori ospitare tra i loro scaffali e che nel vasto mondo dell’editoria esistono gli editori a pagamento che, è risaputo, non fanno della qualità la loro bandiera.
A proposito, alcuni di essi erano presenti al Salone, perciò il problema non è decisamente la cura del prodotto. Forse il problema è solo nella gestione stessa della distribuzione e nel menefreghismo dei piani alti verso chi porta pochi soldi, dato che anche i piccoli e i micro editori riscontrano difficoltà enormi per arrivare in libreria.
La speranza è che questo primo passo in avanti contribuisca a far conoscere e apprezzare una realtà che all’estero già corre parallela a quella delle case editrici. Non a caso, negli Stati Uniti chi si autopubblica con Amazon ha la possibilità di essere distribuito nei circuiti di Barnes and Noble, come chiunque altro. Perché un autore che decide di scegliersi la squadra con cui lavorare e dimostra, nei fatti, di aver creato un buon prodotto, non merita di essere messo da parte solo perché non ha ricevuto il bollino di approvazione di una casa editrice.
lo sono una dei 170 autori self che quest’anno è stata selezionata per la la libreria self del Salone del libro di Torino, grazie alla determinazione e professionalità di Sara Speciani. Sono stata presente al Salone nelle tre giornate in cui la libreria era aperta e posso testimoniare che è stato un grande successo di vendita e di folla interessata ai nostri titoli, la posizione quest’anno era migliore rispetto all’anno scorso (anche in quell’occasione ero presente) e la selezione dei titoli più curata, la libreria aveva un aspetto invitante e attraente, e per noi è stata una grande esperienza di scambio professionale e crescita. Non ho alcuna critica da fare, anzi ringrazio ancora gli organizzatori per l’opportunità che ci è stata accordata. Per noi self è stata una conferma della validità delle nostre opere in un mercato italiano che resta molto diffidente rispetto all’auto pubblicazione. Il salone del libro di Torino è la prima e più importante manifestazione del settore che ci ha accolti, ad esempio
“Una Marina di libri” non ha alcuna attenzione per gli autori self.